Ora Trump litiga anche con Snapchat

di Luciana Grosso (ilfoglio.it, 4 giugno 2020)

Dopo Twitter, Snapchat: si allunga la lista dei social media con cui il presidente Donald Trump sta bisticciando, con buona pace dell’aver avuto proprio nei social – e nel profluvio di fake news che le loro pagine ospitavano senza battere ciglio – un formidabile alleato nella vittoria alle elezioni del 2016. Dopo la lite (chiamiamola così) della scorsa settimana tra il presidente e il suo social preferito, Twitter, reo di aver messo il disclaimer “questo contenuto riporta informazioni non vere” sotto un suo post, ora ne è arrivata un’altra: il presidente vs Snapchat.Trump-SnapchatLa questione è così: Snapchat, app social fino a qualche tempo fa molto popolare tra gli adolescenti (ora, a onor del vero, caduta un po’ in disgrazia, rimpiazzata da Instagram e TikTok), ha fatto sapere di non aver più intenzione di promuovere nella sua sezione Discover l’account del presidente. La sezione Discover, per intenderci, è simile all’homepage di Instagram ed è quella sulla quale gli utenti possono trovare i contenuti anche di persone che non seguono direttamente ma che, secondo le intuizioni dell’algoritmo, potrebbero loro interessare. A questa homepage, questo enorme catalogo di contenuti ritenuti interessanti, da ora in poi, non avranno accesso i post del presidente. La ragione starebbe nel fatto che i post di Trump (specie nell’ultimo periodo) inciterebbero alla violenza e alla discriminazione razziale, soffiando sul fuoco del suprematismo bianco.

Il ceo dell’azienda, Evan Spiegel, ha scritto un lungo post sul blog aziendale, nel quale dice: «Non possiamo promuovere account in America che siano collegati a persone che incitano alla violenza razziale, che lo facciano dentro o fuori dalla nostra piattaforma. Siamo dalla parte di tutti coloro che sostengono la pace, l’amore e la giustizia e utilizzeremo la nostra piattaforma per promuovere il bene piuttosto che il male». Dunque l’account di Trump resta, ma la piattaforma non promuoverà in alcun modo la sua visibilità. La decisione – hanno fatto sapere da Snapchat – è stata presa dopo il rilancio, sul social, di un tweet di Trump con il quale diceva di essere pronto ad accogliere i manifestanti [per l’omicidio di George Floyd a Minneapolis – N.d.C.] con «cani feroci e armi minacciose»: «have been greeted with the most vicious dogs, and most ominous weapons, I have ever seen. That’s when people would have been really badly hurt, at least. Many Secret Service agents just waiting for action. We put the young ones on the front line, sir, they love it […]. — Donald J. Trump (@realDonaldTrump) May 30, 2020».

La decisione di Snapchat è stata presa malissimo dalle parti di Trump. Ma male male. Tanto per cominciare, il responsabile dalla sua campagna social, il barbuto e veloce Brad Parscale, artista del contropiede, ha, come spesso gli capita, alzato i toni e cercato di trarre vantaggio da quello che è nei fatti un attacco e ha accusato Snapchat di «tentare di truccare le elezioni del 2020». Anche il senatore del Texas, Ted Cruz, è sulla stessa linea e ha accusato i social di voler alterare il voto oscurando i contenuti conservatori (con buona pace del fatto che esiste una differenza tra conservatorismo e suprematismo bianco): «A questo punto, non è una sorpresa per nessuno che i Big Tech non credano nella libertà di parola e censureranno felicemente le opinioni con cui non sono d’accordo. Quella di Snapchat è censura».

A questo punto, però, è legittimo chiedersi il perché di tanto agitarsi per un’app di selfie che era in voga tra i ragazzini 4 o 5 anni fa, che per giunta ora è in fase calante e che con la politica, in teoria, non c’entra niente. La ragione sta nell’aritmetica ed è piuttosto semplice. Snapchat ha avuto il suo momento di gloria tra il 2014 e il 2017, anni in cui era un must alle scuole medie, tra gente di 13-14 anni. Ora però quei ragazzini sono cresciuti e di anni ne hanno 18, 19, 20. Il che significa che votano.

Fonte: statista.com
Fonte: statista.com

Ragazzi che non mettono piede su quelle cose da nonni che sono Twitter o Facebook, che non hanno fatto in tempo a saltare sul treno di TikTok e Instagram e che non considerano nemmeno l’idea di guardare Fox News (o la Cnn). Secondo Bloomberg «Il peso di Snapchat nelle conversazioni politiche è piccolo, ma gli elettori Millenial e della Gen-Z rappresentano il 35 per cento dell’elettorato americano e Snapchat ne raggiunge il 75 per cento ogni giorno». Donald Trump, per vincere le elezioni, ha bisogno dei loro voti. E di un canale per raggiungerli.

Spread the love