di Claudio Visani (huffingtonpost.it, 12 maggio 2018)
L’agenzia Ansa ci informa che l’attore Ivano Marescotti, romagnolo doc, storico militante di sinistra, candidato alle europee del 2014 con “L’altra Europa per Tsipras”, alla vigilia dell’ormai certa intesa di governo tra M5S e Lega ritira il proprio voto ai Cinquestelle. Il voto ai grillini l’aveva annunciato a gennaio dalla sua pagina Facebook, con l’intento – disse – di «rovesciare il tavolo».Rispondendo sempre su Facebook a un amico che oggi gli chiede: «Ma un bagno d’umiltà? Invece di parlare di quei cadaveri del Pd, prendere atto dell’idiozia per un comunista di votare degli anticomunisti che poi finiscono a fare il governo con la fascisteria varia?», Marescotti risponde secco: «Nessun problema. Prendo atto. Lo prendessero tutti». Aggiunge di essere sempre stato contrario all’alleanza con la Lega, «che è un partito fascistoide, la peggior destra», e che «se il M5S fa un governo con la Lega e Berlusconi lascia correre, vuol dire che l’ex Cavaliere ha chiesto garanzie e che il Movimento gliele ha date. E allora io che avevo votato M5S ritiro il voto. Vuol dire che vanno a destra, come il Pd». Naturalmente il voto non si può ritirare: una volta che è dato è dato. La retromarcia di Marescotti, così come a suo tempo il provocatorio “endorsement” per i Cinquestelle, tuttavia, si guadagna sui social una miriade di commenti feroci, spesso accompagnati da insulti, ai quali non mi associo. Conosco Ivano da molto tempo, da quando faceva l’assessore del Pci a Bagnacavallo e io lavoravo alla redazione di Ravenna de l’Unità; venne a presentare e leggere brani del mio primo libro Arriverà quel giorno… sulle lettere dei soldati dal fronte e dai campi di prigionia, al Teatro Rasi di Ravenna nel lontano 2000; lo seguo nelle sue tante e belle interpretazioni cinematografiche e teatrali (come non ricordare, tra le altre, quella del politico democristiano che trattava poltrone come al mercato nel Portaborse di Daniele Luchetti e con Nanni Moretti: «Due vicepresidenze valgono come una presidenza, l’assessorato x vale come due assessorati y»; oppure la messa in scena dei bellissimi testi dello scomparso poeta dialettale di Santarcangelo di Romagna, Raffaello Baldini); ci siamo anche ritrovati in alcune occasioni, invitati a iniziative in difesa della Costituzione di cui è un grande esperto ed estimatore; così come è, da sempre, un uomo di sinistra, uno spirito di sinistra autenticamente libero. Per questo apprezzo, oggi, la sua onestà intellettuale quando dice «prendo atto, ritiro il mio voto» (anche se non si può). Come tanti uomini e spiriti liberi di sinistra, oggi orfani della sinistra che non c’è, penso che Ivano abbia visto nel Pd liberista di Renzi e nell’insipienza dal sapore un po’ nostalgico della sinistra radicale il naufragio di un ideale, di una intera classe dirigente, del sogno di tantissimi militanti ed elettori. Così, come tanti altri delusi di sinistra (non io, per chiarezza), invece che nell’astensione si è buttato sui Cinquestelle: sperando che “rovesciassero il tavolo”, confidando probabilmente sul fatto che nella loro trasversalità politica e programmatica essi parlassero anche (e spesso a ragione) ai più deboli ed emarginati, ai precari, ai nostri giovani, alle tante vittime della globalizzazione; sperando quindi che potesse prevalere la componente di sinistra del Movimento. Questo, almeno, credo io. Così non è stato, il tavolo si è sì rovesciato ma dalla parte sbagliata, e non perché la componente di sinistra nei Cinquestelle non esista, ma perché il M5S è un Movimento post ideologico, che non ha ancora maturato una classe dirigente e una democrazia interna, ed è eterodiretto da un’azienda che ha scelto come capo politico quello più di destra: quel Dima-Ios così ben rappresentato da Crozza che s’intende a meraviglia con Salvini, il capo “rosario, vangelo e manganello” della Lega, e che con lui sta per varare il governo più populista e di destra dell’Europa Occidentale, tra le perplessità e la preoccupazione di quasi tutte le Cancellerie. Questo tra le “Ola!” del Pd, che invece di sfidare i Cinquestelle sui contenuti di sinistra di un programma di governo, sulla visione europea e – semmai – sull’idea di un mondo nuovo, non vedeva l’ora che questo governo M5S-Lega nascesse, per gustarselo seduti in poltrona, sulla riva del fiume, “con i popcorn” in mano. Anche per questo la retromarcia di Ivano non può essere interpretata come un assist al Pd; semmai come la delusione di un incazzato che richiama la sinistra a ricordarsi di essere sinistra, quella sinistra che non c’è nel mondo nuovo.