Musk rilancia la propaganda russa: «UsAid pagava milioni alle star»

di Massimo Gaggi (corriere.it, 6 febbraio 2025)

Continua la battaglia su UsAid, l’agenzia che ha fin qui distribuito assistenza umanitaria a 120 Paesi del mondo ed è smantellata dal Doge, il Dipartimento dell’Efficienza di Elon Musk. L’imprenditore di Tesla e SpaceX l’ha definita un’organizzazione criminale piena di marxisti e ieri lui e il presidente Trump (sulla sua piattaforma Truth) hanno ripreso accuse di un uso dei fondi per finanziare centinaia di pubblicazioni (in realtà si tratterebbe degli abbonamenti a testate giornalistiche, ma Trump ha parlato di soldi usati per favorire i democratici) e viaggi in Ucraina di star del cinema per promuovere la causa della lotta contro l’invasione russa.

Musk ha ripreso un post proveniente da un sito d’informazione russo secondo il quale Ben Stiller avrebbe ricevuto 4 milioni di dollari, Angelina Jolie addirittura 20 e Sean Penn 5 per andare a Kiev o, comunque, sostenere Zelensky. Stiller ha smentito: «Bugie della propaganda russa. Mi sono finanziato da solo i miei viaggi umanitari, mai avuto un dollaro da UsAid».
L’illazione del canale Mig of Russia ripresa in America da altri account (“Patriot Lady” e poi “I meme therefore I am”), quando è stato rilanciato senza commenti da Musk (che dovrebbe sapere, avendo a portata di mano tutta la contabilità UsAid) è stata vista in poche ore 4 milioni di volte. Musk ha anche ritwittato, con un commento sarcastico («Interessante!»), un post secondo il quale anche Liz Cheney – la conservatrice che ha osato sfidare Trump per l’insurrezione del 6 gennaio 2021 e per questo è stata estromessa dal Partito Repubblicano – avrebbe collaborato in passato con UsAid.
Durissima la replica dell’ex deputata (figlia di Dick Cheney, che fu vice di George W. Bush alla Casa Bianca): «Dannatamente vero Elon, e sono orgogliosa di quanto fatto per un’agenzia che ci ha aiutato a vincere la Guerra Fredda, sconfiggere il comunismo sovietico, difendere la nostra democrazia. Siamo rimasti il baluardo della libertà. Tu probabilmente sai poco di questa parte della nostra storia perché allora non eri ancora un cittadino americano». Musk potrebbe curarsi poco dei giudizi della Cheney. Più preoccupanti, per lui, i sondaggi secondo i quali non solo il 46% degli americani non lo vuole al governo (13% i favorevoli), ma sta cambiando anche l’umore dei repubblicani: da novembre a oggi sono scesi dal 47 al 26%.
E mentre la sua task force del Doge è entrata anche nel sistema di controllo del traffico aereo, che promette d’innovare dal punto di vista delle tecnologie informatiche e da quello della gestione del personale, ricorsi dell’ultima ora nei tribunali hanno momentaneamente bloccato la scadenza di questa notte dell’offerta ai dipendenti federali di 8 mesi di stipendio se accettano di dimettersi volontariamente (con l’implicita minaccia di rischiare il licenziamento). Hanno accettato in 40mila: molti in assoluto, ma molti meno dell’obiettivo di Elon Musk che puntava a 100-200mila esodi (il 5-10% di una forza lavoro di 2 milioni).

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