di Flavia Perina (linkiesta.it, 25 maggio 2020)
La nuova serie tv di riferimento per chi ama la politica è Mrs America, che le scuole di formazione per aspiranti capataz, parlamentari, ministri, spuntate come funghi dopo la morte dei partiti, dovrebbero proiettare in apertura dei corsi, obbligatoriamente. Mrs America insegna due cose cruciali e largamente dimenticate nell’era dei populismi.
La prima: la politica è un’arte di lungo periodo, non un’occasione usa-e-getta o un treno su cui saltare affidandosi alla benevolenza del macchinista. La seconda: in politica non esistono ultime spiagge, si può perdere una battaglia, o anche molte battaglie, ma persino sulla sconfitta si possono costruire un successo e una nuova prospettiva.
La trama, in due righe: Mrs America racconta lo scontro politico, anzi la guerra culturale, avvenuta negli anni Settanta, nell’arco di tempo tra le presidenze di Richard Nixon e Ronald Reagan, a proposito dell’Era, l’Emendamento sugli Eguali Diritti che doveva rafforzare la Costituzione americana sul tema delle pari opportunità. Giornali e riviste italiane ne hanno già parlato molto, titolando sulla bravura della protagonista Cate Blanchett (che si è scelta il ruolo della capa delle casalinghe conservatrici) o sulla “guerra tra donne” che la serie mette in scena. Ovviamente è sfuggito il nocciolo politico, perché di politica ormai quasi a nessuno interessa più molto. E il nocciolo, l’epicentro della storia, è l’incredibile fantasia e capacità di mediazione, l’alta padronanza del conflitto, l’uso professionale dei media e persino dell’abbigliamento, espresso dalla varietà dei gruppi attivistici divisi sui due fronti Pro-Era e No-Era.
Cate Blanchett, che interpreta Phyllis Schlafly, paladina della famiglia americana tradizionale, deve governare come un domatore di circo ex reginette di bellezza, fanatiche amiche del Ku Klux Klan, referenti repubblicani maschi più scemi e ignoranti di lei ma più potenti. Ha sei figli, un marito avvocato invidioso dei suoi successi, pattina su ghiaccio sottile: eppure riesce a farlo, risultando al tempo stesso impegnatissima e del tutto remissiva davanti al pater familiae. Si candida più volte, perde, ricomincia. Il femminismo è un’ondata apparentemente imbattibile, se ne frega, mobilita comunque “le sue donne”, un po’ per ambizione personale e un po’ per dare testimonianza dell’esistenza di un’altra America, dove le donne amano i grembiuli e temono che la parità cancelli i privilegi del sesso debole (primo tra tutti quello di essere mantenute a vita).
Sul fronte opposto c’è la più glamour delle femministe, Gloria Steinem, e pure lei ha intorno una galassia movimentista incasinata e litigiosa. Le lesbiche. Le nere. Le professioniste della politica che lavorano alle primarie democratiche e agli accordi per le presidenziali. Le icone del femminismo delle origini, e soprattutto Betty Friedan, interpretata da Tracey Ullman, l’autrice del quintessenziale La mistica della femminilità – «quella che ha aperto la strada a noi tutte», come ripetono ogni cinque minuti nella serie –, che tuttavia è troppo dura, troppo scostante, troppo padronale e tempestosa, tantoché a un certo punto non le parla più nessuno. Pure da questo lato della barricata si perde moltissimo. I capi partito tradiscono gli impegni. I governatori cambiano barricata. Le candidate vengono scartate. E tuttavia si va avanti, si trovano occasioni per riconciliare le fazioni, si continuano a stampare riviste, si inventano nuovi eventi per attirare i riflettori.
La serie è uno choc culturale per la politica dilettantistica dei giorni nostri, quella degli influencer e dei movimenti che durano il tempo di una campagna elettorale, delle espulsioni facili e della “fedeltà alla linea”. Mrs America ci racconta come le rivoluzioni vere – e il movimento per i diritti delle donne sicuramente appartiene alla categoria – siano un percorso faticoso, talvolta tortuoso, dove le uniche due cose inutili sono quelle che oggi vanno per la maggiore: la fedeltà opportunistica ai capi e il massimalismo ideologico. Altro che storia “di uno scontro politico tra donne”. È una lezione di politica impartita al mondo maschile dalle donne, tutte, persino quelle del clan Blanchett, che ostentano la loro casalinghitudine per esercitare libertà e potere senza rotture di scatole dai loro stupidissimi coniugi.