di Michele Caltagirone (it.blastingnews.com, 13 febbraio 2018)
«Io non ho creato il fascismo, ma l’ho tratto dall’inconscio degli italiani». Lo disse Benito Mussolini nell’ultima intervista, rilasciata al giornalista Ivanoe Fossati. Era il marzo del 1945, poco più di un mese prima di Piazzale Loreto.Dopo oltre settant’anni ci rendiamo conto che, con ogni probabilità, aveva ragione. Anzi ne siamo certi, considerato che stiamo citando la massima autorità possibile alla voce “fascismo”. Mussolini oggi è polvere, così come il “suo” fascismo. Perché la pericolosa deriva verso la destra più estrema che sta caratterizzando ai giorni nostri una parte della politica italiana nasce da un’evidente vocazione all’opportunismo e non ha alcuna base ideologica. Sfrutta la rabbia delle persone rivoltandola contro una serie di facili capri espiatori. Attinge da quell’inconscio citato da Mussolini e trova terreno fertile che potrebbe tradursi in voti il prossimo 4 marzo. La cosa peggiore è che questa destra atipica, autoritaria, pacchiana e razzista convive con una forza moderata che ne accetta l’esistenza per lo stesso fine opportunistico. Un matrimonio di convenienza, una strana coppia che potrebbe scoppiare presto. Ma la parabola politica di uno dei due “sposini” è al tramonto e all’orizzonte non s’intravede alcun successore. La destra di oggi ha il volto di Matteo Salvini. Parla di “Italia agli italiani”, ma su Youtube sono ancora presenti alcune vecchie performance, quando saltellava insieme ai compagnucci di merenda della Lega Nord ai vari raduni, tra una grigliata e l’altra, regalando cori da stadio ed epiteti poco eleganti ai cosiddetti “terroni”. Nello stesso periodo i leghisti sono stati al governo, hanno avuto deputati, senatori e ministri di quella stessa Italia che non riconoscevano. In un Paese normale tutto questo sarebbe inaccettabile, ma l’italiano medio ha la memoria molto corta e tende a non fare mai i conti con il passato. Tutto questo sarebbe inaccettabile anche per una destra autentica: il piccolo esponente della media borghesia milanese che da adolescente andava ai telequiz di Canale 5 e da giovanotto frequentava il centro sociale Leoncavallo, cresciuto con una cultura di sinistra (fu il fondatore e leader dei Comunisti Padani, N.d.R.). Insomma, riteniamo proprio che dalle parti del Verano due o tre capriole Giorgio Almirante le abbia fatte. Tra gli atteggiamenti più sconcertanti di Salvini, c’è la sua ostinazione a non prendere le distanze da atti violenti di una certa destra che si ispira confusamente a fascismo e nazismo. Non ha condannato, ad esempio, il raid dei naziskin nella sede dell’associazione pro-migranti a Como, né tantomeno l’azione terroristica di Luca Traini che ha aperto il fuoco sugli immigrati a Macerata. La risposta del leader leghista è il solito, abusato mantra: «Il vero problema dell’Italia sono gli immigrati». Non applaude gli autori di questi atti, ma la sua risposta è quasi una giustificazione che autorizza futuri giustizieri e puristi della razza a riprovarci. Eppure l’ultimo leader della destra storica, il citato Giorgio Almirante, ebbe un comportamento ben diverso verso il braccio armato della sua corrente politica: «Tra di noi ci sono dei violenti ed in tanti giovani che sono con noi c’è uno stato di ribellione contro le mie direttive», dichiarò in un’intervista negli anni Settanta dopo le stragi di Piazza della Loggia e dell’Italicus. Detto da uno dei firmatari del manifesto della razza e da un ex repubblichino suona come una campana stonata. Ma Almirante era consapevole della nuova fase storica che si era creata nel dopoguerra e di come la politica dovesse necessariamente scavare un solco di distinzione con le bande armate negli Anni di Piombo. Se Almirante era consapevole del momento storico, possiamo dire altrettanto di Matteo Salvini. La rabbia corre veloce sui social network, che hanno dato un’illusoria libertà di pubblica espressione all’uomo della strada. Salvini è un politico estremamente “social” che soddisfa il bisogno di una parte del Paese di trovare i colpevoli tangibili ad un’evidente mediocrità esistenziale dettata da motivazioni diverse: personali, sociali, economiche. Naviga a gonfie vele nelle bufere mediatiche e sa spacciarsi come colui che “dice realmente come stanno le cose”. Strizza l’occhio ai neofascisti, ma la sua politica è più simile a quella della destra statunitense xenofoba o, se vogliamo citare esempi europei, si avvicina parecchio al Front National di Marine Le Pen, anche per una buona dose di euroscetticismo ed una islamofobia dichiarata. Chiunque la pensi in maniera diversa diventa oggetto di plateali minacce, in questo contesto ha un senso la sua alleanza con Giorgia Meloni. Non riusciamo invece a trovare un punto di contatto con Forza Italia, che oggi, stando ai sondaggi, è ancora la forza di maggioranza relativa della coalizione di centrodestra. La distanza con la Lega è però ridotta a pochi punti percentuale. Riteniamo che il Carroccio possa costituire il traino di un gruppo politico che aspira a governare il Paese e, conti alla mano, è l’unico che in questo momento ne ha la reale possibilità. La Lega può crescere ancora in termini di voti, al contrario di Forza Italia. Il partito creato ad hoc da Silvio Berlusconi tramonterà con lui, la sua carriera politica è ormai agli sgoccioli per evidenti motivi di età, senza dimenticare il peso della spada di Damocle della Corte Europea che non si è ancora espressa sulla sua candidabilità. Dietro Berlusconi c’è il vuoto assoluto, quello di un pessimo comitato d’affari che si è spacciato per un partito politico, ma poggia esclusivamente sulla persona del Cavaliere. Se per Berlusconi le prossime Elezioni Politiche sono l’ultima spiaggia, per Salvini sono solo una tappa del cammino. Alla luce di questa analisi, riteniamo davvero improbabile in Italia una resurrezione del fascismo, ma temiamo che questa destra sia addirittura più pericolosa. Il partito di Mussolini avrà anche attinto dalle coscienze degli italiani dell’epoca, ma poggiava su una base ideologica reale. Il secolo delle ideologie è finito, destra o sinistra sono oggi soltanto dei modi di intendere e non di vivere. La destra salviniana è frutto di un vento che aizza i peggiori istinti della gente, facendo leva su paura e diffidenza e risvegliando un nazionalismo distorto che si era assopito da anni. Alla fine l’italiano medio è sempre stato poco attaccato all’idea di “orgoglio nazionale”, salvo per eventi calcistici. Ma oggi passa il messaggio che l’identità cattolica, tradizionale e, addirittura, razziale degli italiani sia in pericolo. La risposta che arriva dagli avversari politici è debole: la sinistra è malconcia, quella dura e pura non esiste più, quella moderata si è autorottamata per troppa presunzione. Una parte degli italiani “indignati” sostiene il Movimento 5 Stelle, ma parecchi ex simpatizzanti ora non vedono di buon occhio lo spostamento verso posizioni meno intransigenti da parte del leader e candidato premier Luigi Di Maio. Ragion per cui Salvini è il vero ago della bilancia delle prossime Elezioni, ma la sua assoluta mancanza di prudenza verso determinati estremismi può trasformarsi in un pericoloso boomerang: ha creato una corrente populista che non ha lo spessore della destra storica, ma ne ripercorre le peggiori idee politiche e la cui rappresentanza in Parlamento rischia di crescere. Una destra che un giorno non avrà più bisogno del piccolo borghese ex comunista padano a far da portavoce.