I record: il senatore Thurmond parlò 24 ore come il Mr Smith di Frank Capra al cinema
di Pierpaolo Velonà («Corriere della Sera», 26 luglio 2014)
Nei Paesi anglofoni lo chiamano filibustering: un termine che evoca velieri e scorribande piratesche. In Italia quest’«arte» antica è definita ostruzionismo ma la sostanza è la stessa: fiumi di emendamenti e orazioni infinite pur di ritardare o affossare una legge. Il fenomeno non è un’esclusiva nostrana. Anzi. Negli Usa la specialità raggiunse punte di virtuosismo nel 1957 quando il senatore democratico Strom Thurmond stabilì il record mondiale parlando per 24 ore e 18 minuti nel tentativo di stroncare il Civil Rights Act. Performance memorabile con ricca aneddotica correlata. Thurmond si preparò alla maratona sottoponendosi per giorni a bagni di vapore per disidratarsi ed evitare i richiami della natura. E citò pure la ricetta dei biscotti di sua nonna. Recentemente, ha fatto rumore l’impresa della senatrice texana Wendy Davis, che ha parlato per quasi 11 ore di fila, indossando un paio di strategiche scarpe da ginnastica. Il suo obiettivo? Boicottare la legge repubblicana che intendeva proibire l’aborto dopo la ventesima settimana. In Nuova Zelanda, nel 2000, l’opposizione arrivò a presentare emendamenti scritti in maori, con inevitabili richieste di traduzione, pur di rallentare i lavori. Il cinema Usa cita il filibustering in almeno un paio di episodi.
Nel film di Frank Capra, Mister Smith va a Washington (1939), James Stewart è un senatore che si oppone alla costruzione di una diga e sconfigge gli speculatori con un discorso di 24 ore, al termine del quale cade a terra svenuto. Nella seconda stagione di House of Cards – la serie cult sugli intrighi della politica americana – il senatore Hector Mendoza viene condotto in aula ammanettato, pur di raggiungere il quorum indispensabile. In Italia, restando alle orazioni, il record è dell’ex deputato radicale Marco Boato che nel 1981 si esibì per 18 ore e 5 minuti contro la proroga del fermo di polizia, voluta da Cossiga. «Senza leggere, senza sedermi, senza interrompere – è la sua testimonianza –. Cominciai alle otto di sera e finii alle 14.20 del giorno successivo, e avevo ancora un paio d’ore d’autonomia». Nel Parlamento italiano il primo episodio di ostruzionismo, mutuato dall’Inghilterra, risale al 1899 quando la sinistra le provò tutte pur di bloccare i provvedimenti sulla pubblica sicurezza del ministero Pelloux. I primi a ricorrere in dosi massicce al filibustering furono però i comunisti. Nel 1949 il senatore Carlo Cerruti intervenne per 8 ore e mezzo contro l’adesione alla Nato. Da lì in avanti, i sermoni monstre sarebbero stati il marchio distintivo della prima Repubblica con campioni indiscussi come Almirante e Pannella. Negli anni l’ostruzionismo nostrano si è rifugiato in pratiche fisicamente meno estenuanti. A partire dalle raffiche di emendamenti. Stratagemma utilizzato già nel 1953, quando l’opposizione ne presentò 1.600 per bloccare la legge elettorale definita «truffa». Tutto inutile: il testo passò in Senato dopo una seduta di 77 ore e 50 minuti. Il dibattito degenerò in rissa e il presidente Meuccio Ruini fu colpito da una tavoletta di legno. E se a qualcuno i 7.850 emendamenti presentati ora in Senato sul ddl riforme sembrano tanti, c’è ancora chi ricorda con terrore le 130mila modifiche alla legge di stabilità firmate dalla deputata indipendente Mara Malavenda. Un esempio che fece scuola: in Francia, nel 2006, il centrosinistra ne presentò 137.449 contro la privatizzazione di Gaz de France. Con una certa originalità, tra il ’96 e il 2001 il leghista Luigi Peruzzotti abusò invece delle richieste di numero legale inoltrandone 4mila. Lo chiamavano Ostruzionix, per le sue presunte «radici celtiche».