di Pierre Haski (France Inter / internazionale.it, 17 settembre 2024)
Poche ore dopo il secondo tentativo di attentato contro Donald Trump, Elon Musk, sostenitore del candidato repubblicano e uomo più ricco del mondo, ha pubblicato sul social network X (di cui è proprietario) il seguente messaggio: “E nessuno cerca di assassinare Biden o Harris…”. Alla fine Musk ha cancellato il suo tweet, ma non prima che fosse letto da decine di milioni di persone.
Elon Musk, uno dei personaggi più in vista degli Stati Uniti e del mondo, è al contempo un imprenditore geniale (con le sue auto Tesla e i suoi razzi SpaceX) e un adolescente immaturo quando interviene su un social network. Musk, forse, è una metafora perfetta della società americana, efficiente e moderna ma allo stesso tempo di una brutalità senza limiti.
Secondo un’inchiesta del New York Times pubblicata pochi giorni fa, Musk teme di essere vittima della stessa violenza che alimenta con le sue esternazioni. Il miliardario ha creato un vero e proprio servizio segreto privato e si muove accompagnato da venti guardie del corpo armate, mentre in passato ne aveva appena due.
Negli Stati Uniti la violenza contro i personaggi più in vista ha una lunga storia, dagli assassinii dei Kennedy e Martin Luther King negli anni Sessanta agli attentati contro Ronald Reagan nel 1981 e Trump questa estate. Ma esiste anche un’aggressività verbale onnipresente, che ha continuato a crescere con la polarizzazione del dibattito pubblico e il ruolo sempre più importante dei social network, senza filtro o quasi. Dalla violenza verbale a quella fisica il passo è breve.