di Lorenzo De Vizzi Arati (wired.it, 27 marzo 2023)
In tempi sorprendentemente vicini è esistita una tv di Stato capace di informare il proprio pubblico riguardo politica e attualità senza dover ricorrere in maniera esclusiva al filtro dei talk show, ai toni solenni degli interventi di esperti, politici e analisti spesso accompagnati da polemiche riprese all’istante dai social. Ci si riusciva grazie a qualcosa di più scanzonato e al contempo più pericoloso per il potere: la satira.
Genere oggi praticamente scomparso dalle reti generaliste italiane, abituate a un dibattito politico sempre più addomesticato, ancora agli inizi di questo millennio poteva contare su un esponente di razza: L’ottavo nano, ultimo programma satirico trasmesso in prima serata sulle reti Rai e conclusosi esattamente ventidue anni fa, il 27 marzo 2001. Condotto da Serena Dandini e ideato da quest’ultima insieme a Corrado Guzzanti, L’ottavo nano fu trasmesso in dieci puntate su Rai 2 tra gennaio e marzo del 2001. Il cast, in buona parte consolidato fin dai tempi de La tv delle ragazze, poteva contare su molti dei comici italiani di maggiore spicco degli ultimi trent’anni: oltre allo stesso Guzzanti, le sue sorelle Sabina e Caterina, Giobbe Covatta, Neri Marcorè, Marina Massironi, Ficarra e Picone. Nell’arco di due ore si spaziava dalla comicità surreale alla parodia di programmi televisivi e lungometraggi, arrivando alla satira politica. Ed è proprio quest’ultima che ci permette di leggere l’Italia di allora e capire come sia cambiato il modo di parlare di politica in televisione.
A fare la parte del leone è proprio Corrado Guzzanti, che tra i mille volti indossati nel corso delle dieci puntate include quelli di Umberto Bossi e Francesco Rutelli, entrambi all’apice della propria carriera politica nel 2001. In particolare vestendo i panni di Rutelli vengono mosse critiche particolarmente aspre al centrosinistra allora al governo, schieramento di cui il politico romano faceva parte nelle fila della Margherita, sottolineando come nei cinque anni precedenti fosse stato fatto il possibile per non ostacolare una probabile rielezione di Silvio Berlusconi, agevolandola e lasciando intatte molte decisioni prese durante il suo primo governo. Una rielezione che puntualmente avvenne due mesi dopo la fine del programma, in occasione delle Politiche del 2001.
Sabina Guzzanti veste senza dubbio i panni più ingombranti, quelli di Silvio Berlusconi. Rivisitando i cartelloni elettorali del periodo, nelle ultime due puntate de L’ottavo nano gli slogan cavalcati da Forza Italia vengono rivisti con ironia tagliente e dissacrante. Offrendoci anche, dettaglio non secondario e più immediato a uno spettatore odierno, uno degli esempi più convincenti di drag king mai apparsi sulla televisione italiana. Come accaduto a molti altri personaggi, sarebbe stato riproposto a distanza di tempo in occasioni speciali: l’ultimo avvistamento del Berlusconi-Guzzanti risale allo scorso anno su Propaganda Live, programma che non a caso rappresenta l’evoluzione naturale del programma satirico dell’altro ieri.
L’ottavo nano si dimostra un prontuario di inizio millennio anche nelle piccole cose, come nei Politikamon, un improbabile crossover tra i Pokémon e la politica italiana, proprio quando la saga dei mostriciattoli aveva raggiunto l’apice della popolarità anche in Italia. Gli ospiti musicali contribuiscono ulteriormente a inquadrare il momento storico: da Alex Britti a Carmen Consoli, da Marina Rei a Max Gazzè, il sottofondo musicale de L’ottavo nano è un’istantanea della musica leggera dei primi anni Duemila.
A farci capire quanto siano cambiati i tempi ci pensano anche i motivi per cui la tv di Stato suscita polemiche: se oggi è il bacio tra Rosa Chemical e Fedez a far gridare allo scandalo, vent’anni fa esponenti di primissimo piano della vita politica italiana come Umberto Bossi e Gianfranco Fini non si facevano problemi a dichiarare che avrebbero fatto piazza pulita in Rai, proprio mentre i Guzzanti e il resto del cast de L’ottavo nano scimmiottavano quelle stesse figure. Non è un caso che Corrado Guzzanti abbia concluso nel 2002, l’anno del noto “editto bulgaro”, la propria carriera di conduttore satirico con Il caso Scafroglia, ripiegando sul cinema e su comparsate di peso in televisione (la più celebre senza dubbio quella del surreale Mariano in Boris): il clima era cambiato.
Suonano quindi profetiche le parole di Giulio Andreotti, che, in un’inchiesta del 1976 sulla satira condotta dal giornalista Luciano Michetti Ricci, si definisce a favore del genere, con l’unica rimostranza rivolta a “strumentalizzazioni eccessive”. Il sotteso, poco dopo che lo stesso Andreotti aveva riconosciuto nella Democrazia Cristiana il bersaglio principale dell’ironia dell’epoca, è chiaro: la satira va bene finché non diventa un’arma delle opposizioni. Allusioni che più di trent’anni dopo Silvio Berlusconi avrebbe esplicitato, definendosi “aggredito” proprio dalla Dandini e dal suo Parla con me. Già all’epoca la satira era relegata nelle seconde serate delle emittenti di Stato da quasi un decennio: evidentemente non era abbastanza, e la decade successiva lo avrebbe dimostrato, virando sempre più su talk show e informazione.
A distanza di ventidue anni L’ottavo nano rimane una testimonianza cruciale non solo per capire cosa accadeva in Italia all’inizio degli anni Duemila, ma anche per comprendere cosa abbia causato la fine della satira politica sugli schermi televisivi del nostro Paese. La critica spesso rivolta all’antiberlusconismo militante ha creato un paradosso: la satira in Italia si è spenta perché chi la faceva (spesso di sinistra) non ha saputo leggere un’attualità priva di Berlusconi, o è stato Berlusconi a liquidare un modo di criticare la classe politica italiana mai realmente gradito da quest’ultima? L’unica certezza è che fare satira in televisione oggi è molto più difficile di vent’anni fa. Quasi quanto lo è capire i versi del grande poeta Brunello Robertetti.