di Abby Ohlheiser – The Washington Post (ilpost.it, 28 luglio 2016)
I soldi raccolti grazie ai video in cui persone famose si rovesciavano acqua gelata in testa hanno portato a un’importante scoperta sulla SLA
Magari l’avete fatto anche voi: versarvi un secchio di acqua ghiacciata in testa per raccogliere soldi per beneficenza. O forse avete odiato il fenomeno virale in modo molto appassionato. Ma indipendentemente da quale sia stata la vostra opinione sull’“Ice Bucket Challenge”, quando nell’autunno del 2014 imperversava su internet, l’iniziativa in realtà ha funzionato, stando al principale ente benefico a cui sono stati destinati i soldi dalla campagna.Con i milioni raccolti per la ricerca sulla sclerosi laterale amiotrofica (SLA) grazie ai video virali, la ALS Association è riuscita a finanziare degli studi che hanno permesso di individuare un nuovo gene, chiamato NEK1, che contribuisce all’insorgere della malattia, ha detto lunedì l’organizzazione no-profit. Su questa scoperta è incentrato uno studio pubblicato dalla rivista scientifica Nature Genetics. Nel 2014 la Ice Bucket Challenge era impossibile da evitare e si diffondeva come una specie di catena di Sant’Antonio su Facebook. Una raccolta fondi fatta con un meme. Tra lo stuolo infinito di celebrità (anche italiane) che vi ci sono cimentate ci sono state Justin Bieber, Lebron James, Oprah Winfrey e Bill Gates, e negli Stati Uniti l’iniziativa ha ispirato addirittura un (brutto) costume di Halloween. All’epoca, alcune persone erano preoccupate dal fatto che la campagna non riuscisse nell’intento di “sensibilizzare” sul tema della SLA, in quanto la malattia sembrava passare in secondo piano rispetto allo spettacolo di un mucchio di persone che si sottoponevano volontariamente a una sofferenza momentanea. O che tutti quelli che si rovesciavano acqua ghiacciata in testa non avrebbero poi davvero donato i soldi che avevano promesso come parte dell’iniziativa. Certo, le celebrità e i nostri amici che hanno partecipato alla campagna virale forse non hanno dedicato del tempo per discutere in profondità della SLA, ed è verosimile pensare che non tutte le persone che hanno fatto un video abbiano poi donato davvero dei soldi. Ciononostante, la campagna virale ha raccolto un sacco di soldi per finanziare la ricerca. L’Ice Bucket Challenge ha raccolto oltre 115 milioni di dollari (circa 103 milioni di euro) solo per la ALS Association, destinati a finanziare la ricerca su nuove cure per la malattia. La SLA è conosciuta anche come “malattia di Lou Gehrig”, ed è una patologia neurologica progressiva che provoca l’indebolimento e l’atrofizzazione dei muscoli a causa del deterioramento delle cellule nervose del cervello e del midollo spinale. Non esiste una cura e la SLA porta sempre alla morte di chi ne è affetto, spesso in meno di dieci anni dalla diagnosi. La scoperta del nuovo gene non è l’unica importante novità il cui merito viene parzialmente attribuito all’Ice Bucket Challenge. Lo scorso agosto, un anno dopo che l’iniziativa era diventata virale, alcuni scienziati della Johns Hopkins University hanno detto che i soldi raccolti grazie alla campagna stavano avendo un grande effetto sul loro lavoro. «Senza quei soldi non avremmo potuto condurre i nostri studi così velocemente», aveva raccontato il ricercatore capo Philip Wong, un professore della Johns Hopkins, l’anno scorso al Washington Post. Stando a CNN, la ALS Association ha deciso di spendere 77 milioni di dollari dei 115 raccolti con la campagna per finanziare ricerche come quella che ha portato alla scoperta del nuovo gene. Il progetto in questione, Project MinE, aveva ricevuto solo un milione di dollari dei soldi raccolti con l’Ice Bucket Challenge. L’obiettivo di Project MinE è sequenziare il genoma di almeno 15mila persone affette da SLA. Lucie Bruijn, scienziata capo della ALS Association ha detto che i progetti basati sulla raccolta e l’analisi di grandi quantità di dati come Project MinE «sono pensati esattamente per consentire questo tipo di ricerca e produrre esattamente questo tipo di risultati». La SLA è una malattia rara, che può essere genetica o, come succede nella larga maggioranza dei casi, sporadica. La nuova ricerca è stata il risultato del più grande studio mai condotto sulle forme ereditarie (e quindi genetiche) di SLA, che costituiscono circa il 10 per cento dei casi totali. È però probabile, spiega la ALS Association, che la genetica abbia un ruolo di qualche tipo in una percentuale più alta di casi, in modo differente. Il prossimo passo sarà capire esattamente come il gene NEK1 contribuisca alla SLA, e sviluppare cure basate su queste nuove informazioni. «È stata la collaborazione tra scienziati a livello globale – resa possibile dalla Ice Bucket Challenge – a portare a questa importante scoperta», ha detto con un comunicato John Landers della University of Massachusetts, uno dei ricercatori principali dello studio. «È un ottimo esempio di come si possano ottenere successi unendo gli sforzi di così tante persone, che si impegnano tutte a trovare la causa della SLA. Questo tipo di studi collaborativi stanno diventando sempre di più la direzione verso cui va il settore». Nel frattempo, rimane una domanda: il successo dell’Ice Bucket Challenge sarà mai ricreato? Certamente è possibile, ma come ogni altra cosa diventata virale su internet, probabilmente un successo simile a quello della ALS Association non arriverà con un semplice tentativo di imitazione.