(linkiesta.it, 10 maggio 2024)
Hurricane è la canzone dell’uragano del 7 ottobre, la data maledetta del terrore di Hamas contro Israele. Eden Golan l’ha cantata all’Eurovision Song Contest di Malmö, dopo svariate polemiche iniziate più di un mese fa che hanno portato gli autori ad accettare la modifica del titolo originale (October Rain) e del testo. Variazione perentoriamente richiesta dalla European Broadcasting Union (Ebu) per aver infranto le regole sulla neutralità politica.
L’esibizione, com’era prevedibile, è comunque stata intervallata da diversi fischi dalla platea della Malmö Arena. Flebile coda alle proteste di strada in questi giorni nella città svedese sullo Stretto di Øresund. A poche ore dalla semifinale dell’Eurovision Song Contest, infatti, in migliaia erano scesi in piazza per esprimere dissenso verso la partecipazione di Israele al festival canoro.
Circa 10mila persone, secondo la polizia, il cui portavoce Robert Loeffel ha rassicurato tutti: «Tutto tranquillo, nessun problema finora». E in mezzo ai contestatori c’era anche Greta Thunberg, con tanto di kefiah al collo: «Sono qui per protestare contro la presenza di Israele all’Eurovision», ha dichiarato al quotidiano svedese Expressen mentre era diretta al concerto alternativo organizzato nel centro della città. «È scandaloso che a Israele sia permesso di partecipare» ha continuato l’attivista, «non possiamo rimanere in silenzio durante un genocidio».
Una ballata divisiva? La Svt [Sveriges Television, compagnia pubblica televisiva di Stato svedese – N.d.C.] ha raccontato che la Golan è stata contestata anche durante le prove da una parte del pubblico, ma l’artista si è dichiarata contenta di essere a Malmö: «Sono qua e sto facendo quel che amo di più. Sono concentrata sulla musica e sull’energia positiva, ci sono tante persone che mi supportano». Compreso il premier israeliano Benyamin Netanyhau: «Eden, stai gareggiando, con molto orgoglio, non solo all’Eurovision, ma contro una brutta ondata di antisemitismo. Stai rappresentando onorevolmente lo Stato di Israele. Sappi che quando ti fischieranno, noi tutti saremo con te».
I manifestanti filo-palestinesi non sembra si siano accaniti contro la giovane cantante, ma hanno accusato l’Ebu di applicare due pesi e due misure visto che, nel 2022, squalificò la Russia perché la sua inclusione avrebbe portato «discredito alla competizione». L’organizzazione si è difesa dichiarando che l’Eurovision è «un evento musicale non politico e non una competizione tra governi». Anche le bandiere palestinesi e gli striscioni su Gaza erano stati vietati all’interno della Malmö Arena, ma alla semifinale di martedì è scoppiato il caso di un artista che indossava una kefiah al polso. Si tratta di Eric Saade, il cui padre è palestinese, e secondo l’Ebu quel gesto ha compromesso «la natura apolitica dell’evento».
«L’Ebu sembra considerare piuttosto controversa la mia etnia», ha scritto Saade in un copy su Instagram. Gli ha risposto Ebba Adielsson, executive producer dell’evento: «Eric Saade è ben consapevole delle regole che si applicano quando si sale sul palco dell’Eurovision Song Contest. Pensiamo che sia triste che usi la sua partecipazione in questo modo». La kefiah, un copricapo tradizionale della cultura araba e mediorientale, attualmente è un simbolo o un capo spesso usato nelle proteste contro la guerra a Gaza.
A chiudere la rassegna degli artisti engagé di Malmö è arrivata infine Bambie Thug, cantautrice irlandese che ha fatto del trucco artistico una sua caratteristica. Secondo l’Irish Times, alla rappresentante dell’Irlanda è stato chiesto di rimuovere dal viso e dalle gambe quel trucco, con il quale aveva scritto in lingua celtica medievale le frasi «Cessate il fuoco» e «Palestina libera».