di Stefano Dalla Casa (wired.it, 1° settembre 2018)
Questa settimana la rivista di gossip Novella 2000 ha pubblicato un vero scoop: esisterebbe una figlia segreta di Lady Diana. Sarebbe la conseguenza di un esperimento voluto nientemeno che dalla regina Elisabetta per verificare la fertilità di Diana Spencer prima delle nozze.
Due ovuli fecondati artificialmente col seme di Carlo avrebbero dovuto essere distrutti ma il ginecologo avrebbe deciso di impiantare gli embrioni in un’altra donna, sua moglie. Da quella maternità surrogata sarebbe nata Sarah, che ora vivrebbe in Kentucky. La faccenda, si dice, è stata insabbiata dalla Corona. La rivelazione della rivista italiana arriva, guarda caso, giusto in tempo per l’anniversario della morte di Diana Spencer. Peccato che la stessa storia fantascientifica circoli dal 2015, grazie al tabloid The Globe. Il tutto, come notò il Daily Beast, sembra la trama del romanzo The Disappearance of Olivia (2011) e fuori dai tabloid non esiste uno straccio di prova a sostegno. Persino il famigerato Daily Mail era scettico, e si spinse a dire che la foto di Sarah usata dal Globe era Lady Diana photoshoppata. La storia della figlia perduta di Diana Spencer inevitabilmente riporta alla ribalta le teorie del complotto sulla morte della principessa. Ma cosa affermano di preciso, e come sono nate?
L’incidente
La notte del 31 agosto 1997 Diana e il suo compagno, Dodi Fayed, si stavano spostando in auto dall’Hotel Ritz di Parigi verso un appartamento di Fayed. Guidava Henri Paul, un impiegato di fiducia della sicurezza dell’albergo di proprietà del magnate Mohamed Al-Fayed, padre di Dodi. A bordo anche Trevor Rees-Jones, una guardia del corpo di Dodi. Il gruppo si allontanò dall’albergo dopo aver depistato la maggior parte dei paparazzi con un’auto civetta, ma alcuni riuscirono comunque a mettersi all’inseguimento della vettura. Imboccando il tunnel che corre sotto il Pont de l’Alma, Henry Paul perse il controllo del veicolo e si schiantò contro uno dei pilastri. I primi ad arrivare sul posto furono i fotografi che seguivano l’auto a bordo di motociclette. All’arrivo dei soccorsi Fayed e l’autista erano morti, Diana fu trasportata all’ospedale dove morì poche ore dopo. L’unico sopravvissuto, con gravi lesioni, fu la guardia del corpo Trevor Rees-Jones. Tolta la cornice della coppia del jet-set in fuga dalla notorietà, quello che è accaduto ventuno anni fa non è particolarmente controverso dal punto di vista investigativo. Il ruolo dei paparazzi è stato più volte stigmatizzato dalle forze dell’ordine, dall’opinione pubblica e anche da alcuni famigliari delle vittime, ma sembra improbabile che abbia influito significativamente sugli eventi. Sì, quella sera i fotografi come sempre erano a caccia di trofei da vendere alle riviste di gossip che ancora marciano su Lady D e continuarono a scattare una volta arrivati sulla scena. Non ci sono però prove che abbiano causato la perdita di controllo del veicolo. È certo invece che l’autista Henri Paul aveva bevuto molto. In quel periodo stava anche assumendo alcuni farmaci in dosi terapeutiche, come l’antidepressivo Prozac. Pur essendone sconsigliata l’assunzione assieme all’alcol, secondo gli esperti sentiti dagli inquirenti sono proprio gli alcolici in eccesso (un tasso più di tre volte superiore a quello ammesso dalla legge francese) ad aver compromesso le capacità di Paul, che comunque guidava un’auto a cui non era abituato.
Il complotto
Quando si parla di teorie del complotto, invece, la cornice è tutto. È davvero tanto incredibile che una delle relitte monarchie occidentali abbia cercato di impedire con l’assassinio una relazione così scomoda? L’indomani dell’incidente, molti avranno cominciato a pensare che la versione ufficiale era sospetta ma sembra sia stata la stampa araba a parlare per prima di complotto. Il movente era politico: Diana stava per sposare il figlio di un potentissimo magnate egiziano e di religione musulmana, e questo non era accettabile. Si diceva addirittura che la principessa si fosse già convertita all’Islam (la conversione segreta del vip è un cliché delle leggende metropolitane legate a questa religione). Il caso esplose sui media occidentali a partire dal 1998, quando fu proprio Mohamed Al-Fayed a dichiarare pubblicamente a The Mirror la sua convinzione che Dodi e Diana fossero stati assassinati. Questa non è la sola forma che ha assunto il complotto, per esempio c’è anche chi crede che Diana abbia finto la propria morte (come Elvis Presley), ma è senz’altro quella prevalente e che è stata presa più seriamente dalle autorità. Quando nel settembre 1999 le autorità francesi terminarono le indagini affermando che era stato un incidente, Al-Fayed infatti non accettò la questa conclusione. Negli anni successivi lanciò un’indagine privata e dichiarò che era stato l’Mi6, il servizio segreto britannico, ad agire per volontà della Corona, puntando il dito su molti aspetti a suo parere non chiariti dalle indagini francesi.
Operazione Paget
Le accuse di Al-Fayed erano molto gravi per il Regno Unito, quindi nel 2004 il coroner della regina affidò un’inchiesta alla polizia metropolitana di Londra. Avrebbero dovuto indagare su ognuna delle affermazioni di Fayed e accertare se corrispondevano alla verità. Come riassume Brian Dunning nel suo libro Conspiracy Declassified (2018) quasi tutte le incongruenze nelle indagini denunciate da Al-Fayed, e che avrebbero dovuto supportare la tesi del complotto, avevano spiegazioni ordinarie e in molti casi già chiarite dall’indagine francese. Per esempio, il magnate aveva denunciato la tempestiva imbalsamazione di Diana dopo la morte, il che avrebbe impedito di accertare la gravidanza che Diana e Dodi gli avevano rivelato. Il vero motivo dell’imbalsamazione è che la salma stava per essere visitata dal presidente Chirac assieme a Carlo e alle sorelle della defunta. In altri casi non tutto è stato chiarito fino in fondo. La famosa auto vista da alcuni testimoni, forse una Fiat Uno bianca, e che secondo le indagini forensi avrebbe toccato la fiancata della Mercedes che trasportava Diana, non è stata mai trovata nonostante le ricerche capillari. Non ha però fondamento l’accusa di Al-Fayed che aveva identificato il proprietario nel fotografo James Andanson, suicidatosi nel 2000 (per Al-Fayed era un agente segreto, poi tolto di mezzo). Anche se possedeva una Uno bianca, gli inquirenti hanno escluso che fosse coinvolto nell’incidente e i presunti legami coi servizi segreti. In ogni caso sembra difficile che uno James Bond eserciti la sua licenza di uccidere con una Fiat Uno. In questo modo sono state analizzate e indagate in tutto 175 affermazioni del magnate sulla morte dei tre. Il rapporto dettagliato di quell’indagine, chiamata Operazione Paget, è stato diffuso in Rete nel 2006, confermando che si trattò di un incidente. La favola del complotto però rimarrà, come il mito di Lady Diana.