di Jaime D’Alessandro (repubblica.it, 25 settembre 2019)
È solo un esempio, non prendetelo per buono. Anche perché si capisce che c’è qualcosa che non va. Ma dà un’idea di cosa si possa fare con il deepfake, l’uso di intelligenza artificiale che manipola un video applicando sul volto del protagonista la faccia di qualcun altro in tempo reale. A Striscia la notizia, ad esempio, c’era un Matteo Renzi che straparlava fra battute al vetriolo e commenti sui suoi avversari politici.
Ultima vittima di una lunga serie collezionata da una tecnologia che da tre anni circa sta facendo passi da gigante. A giugno si era visto un Mark Zuckerberg, a capo di Facebook, che dichiarava apertamente di voler controllare il futuro giacché controlla i dati di oltre due miliardi di persone. Il video apparso su Instagram era ovviamente una manipolazione, opera di due artisti del digitale, Bill Posters e Daniel Howe, in collaborazione con Canny AI, una compagnia israeliana di software. Anche in quel caso a guardarlo attentamente si intuiva un certo grado di artefazione. Bisogna però farci attenzione, altrimenti si rischia di prenderlo per buono. E allora, finché il contesto è quello di Striscia la notizia, il pericolo non esiste, ma se fosse invece un altro le cose potrebbero andare diversamente.
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Le Università di Stanford e di Erlangen, assieme al Max Planck Institute già nel 2016 avevano dimostrato le potenzialità di questa tecnologia in un video chiamato Face2Face. Un ricercatore ripreso da una telecamera veniva trasformato in diretta in George Bush, un altro in Vladimir Putin, un altro ancora in Donald Trump e Barack Obama. Bastano una webcam e un software che elabora immagini e voce.
Non c’è un antidoto. Soprattutto, per smascherare simili artefazioni quando non vengono dichiarate serve tempo mentre la loro viralità online può essere istantanea e devastante. L’unica arma di difesa è uno scetticismo profondo e il sospetto permanente verso tutto e tutti. Il che ha un effetto ancor più profondo e pericoloso delle manipolazioni stesse.
Google e Facebook stanno cercando di correre ai ripari compilando database enormi con oltre tremila deepfake per tentare di identificarli automaticamente, senza che sia necessario l’intervento umano. Ma siamo alle prime contromisure e devono ancora dimostrare la propria efficacia.