di Flavio Vanetti (corriere.it, 12 novembre 2020)
La definizione è chiara e diretta: «Le implacabili». Sono le donne che nello sport lasciano il segno, svoltano, fanno tendenza: Sports Illustrated, il famoso magazine sportivo americano, s’è preso la briga di metterle in fila. Sono 50, la posizione di qualcuna sembra o troppo penalizzata o troppo generosa. Ma tant’è, queste graduatorie sono fatte per discutere e per essere, in fondo, un gioco. Piuttosto, un limite di fondo a questa iniziativa c’è: sono considerate donne – dirigenti, atlete, allenatrici – dell’universo sportivo statunitense. Sarebbe interessante estenderla al mondo intero. Ecco, comunque, le prime 10.Billie Jean King
È stata l’icona del cambiamento nello sport femminile e all’età di 76 anni alla grande ex tennista e attivista sociale è ancora riconosciuto un ruolo centrale. Piace il suo impegno per l’uguaglianza e si sottolinea che Billie Jean, la prima atleta donna a ricevere la Presidential Medal of Freedom, è ancora un’icona e fonte di ispirazione per future generazioni. È anche la prima donna alla quale è stata intitolata una struttura sportiva (la “Usta Billie Jean King National Tennis Center”, a New York), mentre il tennis internazionale ha rinominato “Billie Jean King Cup” la sua annuale competizione a squadre.
Naomi Osaka
Allo Us Open 2020, dove ha conquistato il suo terzo major, la tennista è diventata un’icona della campagna a sostegno di Black Lives Matter. Nei sette match del torneo, la Osaka ha usato sette maschere differenti per mettere in luce i volti e nomi di chi era stato brutalmente ucciso dalla polizia. Ma Naomi, 22 anni e un talento purissimo (la rimonta in finale sulla Azarenka è stata un capolavoro), ha colpito soprattutto per la capacità di parlare alla gente. «E sono stati proprio quelli che mi dicevano di tenere lontana la politica dallo sport a darmi la giusta motivazione». Ecco l’ace vincente.
Maya Moore
Nel 2019 ha deciso d’interrompere la sua brillante carriera di cestista per battersi, come avvocato, a favore della riforma della giustizia. In particolare si sta dedicando a far liberare Jonathan Irons, il cui caso ha preso a cuore e che, nel 2020, è diventato suo marito. Dopo 4 titoli Wnba e altrettanti da Mvp, Maya da due stagioni intere è in “periodo sabbatico” rispetto al basket: ma c’è una causa ben più importante da seguire.
Michele Roberts
Al numero 4 c’è Michele Roberts. Nell’agosto del 2014 è diventata la prima donna leader di un sindacato di un grande sport professionistico, il basket Nba. Da quando ha accettato l’incarico, la Roberts, nativa del South Bronx, ha ottenuto evidenti miglioramenti nelle condizioni salariali e nella sempre complicata gestione dei calendari. A marzo, Michele aveva annunciato l’intenzione di lasciare. Ma l’avvento della pandemia da Covid-19 e la necessità di dare una mano in un momento così difficile l’hanno persuasa a rimanere nel ruolo. Se la famosa “bolla” di Orlando, in cui la Nba ha completato con successo la stagione, è stata un’operazione riuscitissima, il merito è anche suo. Ed è anche grazie a lei che è stata data visibilità al messaggio di Black Lives Matter.
Simone Biles
Non poteva mancare la 23enne fuoriclasse della ginnastica artistica, che da sola somma 30 medaglie tra Giochi olimpici e mondiali. A Tokyo 2020 Simone era attesa per ritoccare il suo impressionante palmarès. Ma Tokyo 2020 è diventata Tokyo 2021 (anche se la dizione dei Giochi è immutata) e così Simon deve aggiungere la pazienza al suo repertorio. In attesa di rivederla mattatrice, ha avuto tempo di raccontare come ha superato gli abusi sessuali di Larry Nassar e che cosa sta facendo per rendere il suo sport sempre più importante.
Terri Jackson
Dopo essersi occupata dell’ufficio legale e della governance della Ncaa, Terri Jackson nel 2016 è diventata la prima donna al vertice del sindacato delle giocatrici della Wnba. Ha portato a casa un nuovo contratto collettivo che nei prossimi 8 anni assicurerà alle giocatrici un incremento salariale del 53%, oltre a una serie di benefit in caso di sospensione dell’attività per maternità. Durante questa pandemia e la stagione Wnba ha supportato le azioni delle cestiste contro l’ingiustizia razziale.
Jennifer Cohen, Sandy Barbour, Heather Lyke, Carla Williams, Candice Storey Lee
Questa è una posizione condivisa perché sono indicate le 5 donne che sono “athletic director” in altrettante, prestigiose Università americane: la Cohen a Washington, la Barbour a Penn State, la Lyke a Pittsburgh, la Williams a Virginia e la Lee a Vanderbilt. Queste posizioni vedono sempre più coinvolte le donne: le “athletic directors” nel 2009 erano il 19%, mentre oggi sono il 24% rispetto all’intera popolazione dirigenziale. Lo sport universitario a livello manageriale, insomma, è sempre più declinato al femminile.
Nneka Ogwumike
Anche con la Ogwumike siamo nel basket professionistico femminile. È la presidentessa delle giocatrici Wnba e assieme a Terri Jackson ha raggiunto l’eccellente accordo collettivo di 8 anni. Ed è stata una delle registe della “Wubble”, la bolla in versione femminile (Women Bubble) della Wnba: così anche le cestiste hanno potuto completare la loro stagione, dando a loro volta evidenza alle questioni sociali.
Megan Rapinoe
Autrice del gol decisivo contro l’Olanda nella finale del Mondiale 2019 a Parigi, Megan Rapinoe fu onorata col titolo di sportiva dell’anno da parte di Sports Illustrated: era appena la quarta donna a ottenere il riconoscimento in 66 anni. Le sue qualità di calciatrice, ma soprattutto il suo impegno sociale e di genere (è dichiaratamente omosessuale), garantiscono a Megan un posto nella top ten: l’impegno su certi fronti viene particolarmente apprezzato negli Stati Uniti.
Lisa Joseph Metelus
La top ten è chiusa da questa manager che nel 2011 è entrata a far parte della sezione sportiva della Creative Artists Agency. Ha il ruolo di veicolare messaggi e azioni di vario tipo dei clienti, in particolare cestisti. Lisa deve, quindi, occuparsi di discorsi e di azioni filantropiche per conto di nomi di spicco; tra i personaggi che segue: Zion Williamson (prima scelta assoluta Nba nel 2019), Dwyane Wade (ex stella dei Miami Heat), Jaren Jackson Jr, Collin Sexton, Tyler Johnson. Nello scorso giugno, a conferma di una crescita decisa, è entrata nel board dell’agenzia. Il suo impegno, peraltro, è rivolto anche a creare opportunità di carriera per le donne nello sport.