(ilpost.it, 13 aprile 2023)
La vita di Garry Kasparov, che il 13 aprile compie 60 anni, può essere divisa in due parti: la prima è quella del campione di scacchi, forse il più grande di sempre. La seconda è quella di attivista politico, che dopo il ritiro dagli scacchi si è battuto e si batte ancora per contrastare il regime autoritario di Vladimir Putin in Russia. Le due vite, quella di campione e quella di dissidente, sono legate tra loro, ma al tempo stesso molto distinte.
Da campione del mondo di scacchi, Kasparov fu onorato dapprima dall’Unione Sovietica e poi dalla Russia, dove ottenne agio e ricchezza. Da dissidente, Kasparov è stato costretto a lasciare il Paese – oggi vive in Croazia –, e in più di un’occasione è stato arrestato e ha temuto per la sua vita.
Il campione
Garry Kasparov nacque a Baku, in quello che oggi è l’Azerbaigian, il 13 aprile 1963. Suo padre, Kim Weinstein, era ebreo, mentre sua madre, Klara Kasparova, era armena. Kasparov fu geniale fin da piccolissimo, e fu inserito nell’ampio circuito di scuole e accademie dedicate agli scacchi presenti in tutta l’Unione Sovietica. Al tempo per l’Unione Sovietica gli scacchi erano una questione di orgoglio nazionale e di competizione intellettuale e sportiva con gli Stati Uniti, e per questo i giocatori migliori erano sostenuti e sovvenzionati dallo Stato. Quando aveva 7 anni, suo padre morì improvvisamente. A 12 anni Kasparov era già un giocatore noto a livello nazionale, e su consiglio del suo maestro di scacchi, l’ex campione del mondo Mikhail Botvinnik, decise di adottare il cognome di sua madre: tra le altre cose perché avere un cognome di origine ebraica come Weinstein poteva essere un ostacolo alla sua carriera in un Paese ancora fortemente antisemita come la Russia.
Kasparov divenne campione del mondo giovanile nel 1980, nel 1981 divenne campione nazionale di tutta l’Unione Sovietica e nel 1984 disputò la sua prima finale del campionato del mondo contro Anatoly Karpov, l’allora campione, anche lui sovietico. Fu una finale storica. Il formato prevedeva che sarebbe stato decretato campione il primo che avesse vinto 6 partite senza contare le patte, ma per ben 48 partite nessuno dei due giocatori riuscì a prevalere sull’altro. La finale (con varie pause tra le partite, ovviamente) durò 6 mesi, dal settembre del 1984 al febbraio del 1985. Al termine, i due giocatori erano fisicamente esausti: dall’inizio del campionato, Kasparov aveva perso più di 10 chili. A quel punto, con una decisione inaudita e mai ripetuta in seguito, il presidente della Federazione internazionale degli scacchi Florencio Campomanes decise di interrompere la finale senza che il titolo fosse attribuito. Alla fine Karpov aveva vinto 5 partite e Kasparov 3 (di cui le ultime 2), con 40 patte.
La finale del 1984 fu però il momento in cui Kasparov divenne famoso in tutto il mondo. Mentre Karpov era un giocatore eccellente ma un maestro della difesa, che giocava con uno stile tutto sommato prevedibile, Kasparov era un giocatore ardito, che faceva attacchi decisamente spavaldi e giocava a scacchi in modo eccitante e impetuoso. Tra le altre cose, la finale fu vista come un’allegoria politica, anche per via della personalità dei due sfidanti: Karpov era visto come un burocrate fedele al regime sovietico, mentre Kasparov, più giovane, era presentato dai media come un ribelle e un innovatore. Lui stesso in più di un’occasione aveva mostrato disprezzo malcelato per la decrepita classe dirigente sovietica di quegli anni, anche se non compì mai atti di ribellione aperta e sarebbe rimasto iscritto al Partito Comunista Sovietico fino al 1990.
Nel campionato del mondo del 1985, Kasparov vinse in maniera molto più agile, e diede inizio a uno dei domini scacchistici più lunghi della storia del gioco: rimase campione fino al 2000, anche se a un certo punto lui e altri si staccarono dalla Federazione internazionale degli scacchi, creando una nuova lega. La rivalità con Karpov rimase per anni molto forte. Kasparov è oggi ritenuto uno dei migliori giocatori di scacchi mai vissuti, se non il migliore di tutti. È famoso tuttavia anche per un altro episodio, quando nel 1996 giocò una storica partita contro il supercomputer Deep Blue e divenne il primo campione del mondo in carica a essere battuto in una partita con cadenza di tempo da torneo. Per Kasparov fu uno smacco anche personale, e ancora oggi quella partita è considerata un momento fondamentale della storia dello sviluppo delle Intelligenze Artificiali.
Il dissidente
Kasparov perse il titolo di campione del mondo nel 2000, e anche se per alcuni anni continuò a giocare a scacchi a livello professionistico i suoi interessi cominciarono gradualmente a cambiare. In quegli anni, il presidente Vladimir Putin stava rafforzando il suo potere all’interno della Russia, e stava già mostrando tutti gli elementi di quello che sarebbe diventato il suo regime autoritario. Kasparov, che in Russia era un personaggio pubblico di primo livello, noto e ammirato in tutto il mondo, cominciò a convincersi che fosse necessario agire per contrastarne l’autoritarismo crescente.
Kasparov si ritirò ufficialmente dagli scacchi professionistici nel 2005, e poco dopo annunciò la fondazione del Fronte Civile Unito, un partito d’opposizione che aveva come obiettivo quello di «preservare la democrazia elettorale in Russia». Verso il 2007 cominciò a organizzare e dirigere grandi manifestazioni contro Putin, note come le “Marce di dissidenti”, che puntualmente venivano represse dalla polizia. Un paio di volte fu arrestato, e rilasciato poco dopo. Nel 2008 si candidò alle elezioni presidenziali, ma la sua campagna elettorale fu sistematicamente boicottata dalle autorità russe, fino a portarla al fallimento.
Masha Gessen, giornalista e intellettuale, seguì per un periodo la campagna elettorale di Kasparov e ha raccontato nel suo libro Putin. L’uomo senza volto come in ogni singola città o paese in cui andasse per tenere un comizio le autorità locali cercassero di ostacolarlo. I saloni prenotati per i discorsi venivano chiusi poco prima dell’arrivo di Kasparov per qualche non meglio precisato guasto, oppure si scopriva all’ultimo che davanti al portone era stato organizzato un concerto molto rumoroso, che rendeva impossibile tenere il comizio. In alcuni casi la polizia intervenne per disperdere i suoi sostenitori. In altri Kasparov e i suoi collaboratori furono aggrediti, probabilmente da persone pagate dal regime. Dopo alcuni mesi molto duri, Kasparov rinunciò alla sua candidatura e si ritirò. Le elezioni furono vinte da Dmitri Medvedev, uno stretto alleato scelto personalmente da Putin, che non poteva ricandidarsi perché aveva già fatto due mandati consecutivi da presidente.
Alla fine dei quattro anni di governo di Medvedev, Putin si candidò per tornare nuovamente alla presidenza, e il malcontento della popolazione russa a quel punto divenne incontenibile. Alla fine del 2011 e per buona parte del 2012 in tutta la Russia si tennero enormi proteste contro il regime: furono eccezionalmente partecipate, specie a Mosca e nelle altre grandi città, e dimostrarono che soprattutto la classe media cittadina era ormai stanca di Putin. A Mosca e San Pietroburgo il fiocco bianco simbolo dei manifestanti divenne in quei mesi praticamente una moda, ed era portato da tutti in strada e sui luoghi di lavoro (Putin lo paragonò a un preservativo). Kasparov divenne uno dei leader di quelle manifestazioni, che andarono avanti ininterrotte per mesi. Assieme a lui, ottenne sempre maggiore rilevanza tutta una nuova classe di leader dell’opposizione, tra cui spiccavano Boris Nemtsov, che era stato vice primo ministro ai tempi del presidente Boris Eltsin, e il blogger anticorruzione Alexei Navalny.
La risposta di Putin tuttavia fu durissima. Le proteste furono represse con la violenza e centinaia di persone furono processate con accuse molto gravi. I leader dell’opposizione di allora subirono una persecuzione eccezionale. Alexei Navalny fu incarcerato con accuse false e cominciò in quegli anni una lunga vicenda di dissidenza, che lo portò a rischiare più volte la vita. Oggi è incarcerato in Russia con accuse gravissime e politicamente motivate, e si teme per le sue condizioni di salute. Boris Nemtsov sarebbe rimasto ancora per anni in Russia a fare opposizione, in parte protetto dalla sua passata carriera istituzionale, ma fu ucciso nel 2015 a Mosca, a due passi dal palazzo del Cremlino, in quello che si ritiene fu un omicidio politico, anche se le circostanze della sua morte non sono mai state chiarite.
Kasparov nel 2012 fu arrestato e picchiato dalla polizia mentre partecipava a una manifestazione in favore del gruppo punk di opposizione Pussy Riot. L’anno successivo fuggì dalla Russia. Negli ultimi 10 anni ha continuato a fare opposizione dall’esilio, ma in Russia la sua figura ha progressivamente perso popolarità. Rimane tuttavia uno degli intellettuali russi di maggior rilievo nel mondo, la cui opinione è molto seguita soprattutto in Occidente. Non ha mai del tutto abbandonato il mondo degli scacchi e partecipa sporadicamente a vari tornei. È stato anche maestro di vari e noti campioni, come Hikaru Nakamura. L’anno scorso, poco dopo l’invasione russa dell’Ucraina, ha scritto su Twitter: «L’unico modo per porre fine a tutto questo è la caduta del regime di Putin tramite il collasso dell’economia russa e la sconfitta in Ucraina. Ogni altra opzione significa rimandare alla prossima crisi».