La vera tragedia americana non è Trump, ma il suo elettorato

di Paolo von Schirach (linkiesta.it, 7 luglio 2022)

Cassidy Hutchinson, già parte dello staff della Casa Bianca di Trump, ha testimoniato recentemente di fronte alla Commissione della Camera che indaga sul tentativo insurrezionale del 6 gennaio 2021. Sotto giuramento, Hutchinson ha affermato che prima della sommossa il presidente Donald Trump era stato informato che alcuni dimostranti erano armati. Tuttavia, dopo aver osservato che non erano armati contro di lui, Trump non fece assolutamente niente per fermarli. Questa testimonianza, sommata ad altre centinaia, una volta che gli atti della Commissione saranno trasmessi al ministero della Giustizia, forse basta per una incriminazione formale di Trump per il reato di sedizione, e magari altro. Staremo a vedere. È troppo presto per fare pronostici attendibili. Ma anche se così fosse, anche se si potesse ipotizzare che Trump vada sotto processo e che sia alla fine condannato, la vera tragedia di questa vecchia repubblica non è nel fatto che Trump ha creato la crisi della democrazia americana.

Unsplash

La realtà è che nel 2015-16 Trump, improvvisatosi candidato, trovò il modo di connettersi con una gran parte di America, in crisi e disorientata. Trump ebbe il genio di capire che questi milioni di americani delusi cercavano un paladino. E così lui si autonominò difensore dei milioni di sottoccupati, vittime della globalizzazione e della deindustrializzazione, soprattutto nel Mid-West. Milioni di americani che hanno perso buoni stipendi e benefici, che si sentono sminuiti e marginalizzati. Una volta adottato come guida indiscussa, quello che Trump afferma è sempre vero. Milioni di americani sono oggi parte di un fedele esercito di credenti. Questa grande fascia di americani non ha molto in comune con l’idea di un elettorato maturo di una democrazia moderna. Quindi, la crisi della democrazia americana non è rappresentata da Donald Trump, un improbabile presidente, eletto nel 2016 in circostanze irripetibili, con un margine di soli 77.000 voti (questa è la somma del margine che lui ricevette negli Stati che lo fecero prevalere nel collegio elettorale per varcare la soglia fatidica dei 270 voti).

La vera, profonda, e forse insanabile crisi di questa vecchia democrazia che ha resistito alla Guerra Civile e alla Grande Depressione è che a tutt’oggi più del 70 per cento di coloro che si dichiarano Repubblicani credono in Donald Trump come a una sorte di Vate, di Guida Infallibile. La base del Partito Repubblicano, il Partito di Abraham Lincoln, di Dwight Eisenhower e di Ronald Reagan, oggi è quasi inspiegabilmente diventata una massa di devoti al culto di Donald Trump. Se Trump, come fa quotidianamente, continua a dire (senza aver mai prodotto una singola prova) che lui ha vinto le elezioni presidenziali del 2020 e che Joe Biden è alla Casa Bianca solo perché c’è stato un enorme broglio elettorale, una gigantesca truffa che ha negato a Trump la sua chiara vittoria, milioni di americani gli credono, solo perché lo dice lui. Questi milioni di americani vivono in un loro universo parallelo, fatto di fantasie e teorie complottistiche, completamente scisse da ogni realtà. Qui non si tratta di gente che la pensa in un altro modo, fatto questo comunissimo in ogni democrazia. Qui si tratta di perdita di contatto con la realtà. Fatto questo gravissimo. Una democrazia non può funzionare in assenza di un accordo sui fatti essenziali che riguardano la cosa pubblica. E questa è la vera tragedia.

E c’è di più. Un altro gravissimo aspetto della tragedia americana è la connivenza di quasi tutta le leadership a livello federale e statale del Partito Repubblicano. Una piccolissima parte di Congressmen e Senatori crede veramente a questa favola della truffa elettorale ripetuta incessantemente da Trump. Tuttavia, la maggior parte, pur sapendo esattamente quale sia la verità, tace e guarda da un’altra parte, non osando contraddire questa pericolosissima bugia che inficia l’indispensabile consenso sulla integrità delle elezioni, solo per paura di inimicarsi Trump e la solida base dei votanti Repubblicani che credono in lui. Quando, dopo l’attacco al Capitol, il 6 gennaio 2021 (primo e unico nella intera storia degli Stati Uniti), ci fu il secondo processo di impeachment contro Trump, chiaramente responsabile dell’incitamento alla sommossa, solo 10 Congressmen repubblicani (su 199) votarono per la approvazione dei capi di accusa, e solo 7 Senatori repubblicani (su 53) votarono per condannare Trump. E così Trump fu assolto. In altre parole, la stragrande maggioranza della leadership repubblicana ha deciso che conviene convalidare questa favola che invalida la integrità e quindi la legittimità delle libere elezioni americane, perché altrimenti non c’è speranza di essere rieletti da una base di votanti che crede a tutto quello che dice Trump.

Questo comportamento codardo e meschino da parte di politici stagionati rivela totale mancanza di morale e di ogni genuina fedeltà alla Costituzione che tutti questi rappresentanti eletti hanno solennemente giurato di difendere «da ogni nemico, esterno ed interno». Questa totale immoralità è parte della vera tragedia americana. Nel lontano agosto del 1974 il senatore Hugh Scott, Minority Leader dei Repubblicani al Senato, e il senatore Barry Goldwater, leader dei conservatori e già candidato perdente alle presidenziali del 1964, si recarono alla Casa Bianca per comunicare al presidente Richard Nixon che la maggior parte dei Senatori Repubblicani lo avrebbero condannato se il processo di impeachment causato dalle rivelazioni dello scandalo Watergate fosse andato avanti. Fu questo verdetto espresso in privato dai leader del suo partito che convinse Nixon a dare subito le dimissioni, perché altrimenti lui sarebbe stato condannato dal Senato, con il concorso della maggioranza dei Senatori Repubblicani. E oggi? Dove sono gli eredi di Scott e Goldwater nel partito Repubblicano?

La Commissione della Camera dei Rappresentanti, che da mesi indaga sull’attacco al Capitol avvenuto il 6 gennaio 2021 e sul comportamento del presidente Donald Trump a partire dalle elezioni del novembre 2020, ha accumulato un’enorme quantità di testimonianze raccapriccianti, tutte fornite sotto giuramento da esponenti Repubblicani. Tra questi spicca William Barr, l’allora ministro della Giustizia, che disse a Trump che questa storia delle elezioni truccate era una buffonata. Molti dei testimoni apparsi di fronte alla Commissione hanno fatto parte dello staff della Casa Bianca di Trump. Molti altri, anche loro tutti Repubblicani, erano e sono responsabili della supervisione delle elezioni a livello di alcuni Stati. Sotto giuramento, questi ultimi hanno testimoniato che Trump fece enormi pressioni su di loro, cercando di convincerli a invalidare le elezioni o, nel caso della Georgia, a “trovare” più di 11.000 voti per lui, in modo da ribaltare il risultato del voto dello Stato. Dopo il loro rifiuto a cooperare, questi stessi responsabili sono stati subissati da telefonate e messaggi minatori che promettevano atti violenti contro di loro e le loro famiglie. Sotto giuramento, questi testimoni, tutti con impeccabili credenziali di Repubblicani conservatori, hanno presentato un quadro molto preoccupante, per molti versi agghiacciante.

Per la prima volta nella sua storia bicentenaria, la repubblica americana è stata oggetto di quello che non si può definire altro che un tentato colpo di stato ordito da Donald Trump, il primo presidente nella storia degli Stati Uniti che si è rifiutato di accettare il verdetto dell’elettorato, inventando la storia delle “Elezioni Rubate”. Non si tratta di un colpo di stato vecchia maniera con l’esercito e le truppe speciali agli ordini dei golpisti che prendono il controllo del governo, mentre il neo-dittatore dichiara la legge marziale. Si tratta di un tentativo strisciante, ma tuttavia egualmente sovversivo. Per mesi, Trump ha fatto di tutto, subito dopo le elezioni e per mesi dopo il voto, per convincere vari responsabili della conduzione delle elezioni a livello dei singoli Stati a invalidare i risultati ufficiali con la scusa che non erano attendibili a causa di brogli e varie irregolarità (tutte inventate) che, a suo dire, alla fine hanno ribaltato il risultato che vedeva Trump sicuro vincente.

Questi numerosi tentativi da parte di Trump sono falliti solo grazie alla integrità di una manciata di persone che non si sono fatte irretire dalle richieste pressanti di un uomo che all’epoca era ancora il presidente degli Stati Uniti. Alla fine Trump fece enorme pressione sul vicepresidente Mike Pence, cercando di convincerlo a non certificate i risultati del voto nel corso di una cerimonia ufficiale a Capitol Hill il 6 gennaio 2021. Pence si rifiutò. E se invece Pence avesse acconsentito alla decertificazione dei voti? E se invece di persone morali a livello delle autorità elettorali dei singoli Stati ci fossero stati altri individui più malleabili che avessero acconsentito a questo imbroglio, che sarebbe accaduto? John Adams, uno dei più illustri padri fondatori degli Stati Uniti, scrisse due secoli fa che la forma di governo repubblicana presuppone cittadini morali. In assenza di moralità, la Costituzione e le leggi non bastano a sostenere la repubblica, e sarebbero state travolte, così come una rete di pescatori viene distrutta da una balena. La metaforica balena è arrivata. Moltissimi americani sono onesti patrioti che hanno chiaramente posto la difesa della Costituzione al di sopra di ogni altra considerazione di vantaggio personale, o di partito. Ma una larga fascia del Paese non si riconosce più in questa America. E questa è la tragedia.

Spread the love