La stretta della Cina alle star più amate sui social

di Lorenzo Lamperti (wired.it, 10 settembre 2021)

Colpirne tanti, per educarne ancora di più. La Cina non sta stringendo solo sulla libertà d’azione dei grandi colossi digitali, ma anche su quella delle sue celebrità. L’elenco di star del mondo di musica, cinema e televisione cadute in disgrazia è in continuo aumento. Le ragioni? Si va dalle accuse di evasione fiscale a quelle di abusi sessuali, dalla vicinanza con Alibaba, il colosso dell’e-commerce nel mirino del governo, a contenuti postati sui social media e considerati “antipatriottici”. In realtà, però, si tratta di bersagli “collaterali” di una campagna di rettificazione ben più ampia, che non solo si propone di “aggiornare” la basi dello star system cinese, adeguandole ai tempi della “prosperità comune” del presidente Xi Jinping, ma anche e soprattutto di disarticolare la costellazione dei gruppi organizzati di fan.

iQiyi via YouTube

A fine agosto la Commissione centrale per l’ispezione disciplinare ha annunciato di voler mettere ordine nella “caotica” industria dell’entertainment, colpendo le abitudini “malsane” che “instillano valori scorretti” nei giovani. La mossa ufficiale è arrivata a distanza di qualche giorno dall’arresto di Kris Wu, cantante sino-canadese accusato di stupro. Sulle pagine dedicate a lui sui social cinesi sono spuntati migliaia di messaggi in difesa della star, con tanto di un presunto piano architettato per farlo evadere. Inevitabile che il tutto rientrasse sotto l’ormai sempre più ampio ombrello della “sicurezza nazionale”. E così, come accaduto tra gli altri ai gruppi lgbt+, i fan club on line sono entrati nel mirino delle autorità. Alla base della presunta schedatura degli studenti omosessuali alla Shanghai University (che ha smentito) non c’erano tanto motivazioni di politiche omofobe, quanto di controllo di tutto ciò che potenzialmente si possa trasformare in attivismo. Stesso discorso per quanto riguarda i gruppi di fan, che, pur se non passibili di diventare portatori di istanze politico-sociali, possono comunque sostenere figure o narrazioni non compatibili con la retorica della “prosperità comune”.

Nel giro di pochi giorni sono stati cancellati più di 150mila post, oltre 4mila account e circa 1.300 gruppi, mentre sono state rimosse 39 app legate a celebrità o a competizioni tra star. Non a caso, infatti, nel “decalogo” della nuova campagna di rettificazione dell’industria dell’intrattenimento è inclusa anche la messa al bando di tutte le idol competition, programmi in cui le star si sfidano per conquistare i voti degli utenti. La piattaforma di video streaming iQiyi ha, per esempio, cancellato la terza stagione del popolarissimo talent show Youth with you. Il messaggio pare essere il seguente: sì alla fruizione, no alla partecipazione se non verso figure di riferimento “rettificate” e dunque in linea con i valori che il governo vuole trasmettere ai suoi giovani. Proibito anche raccogliere fondi in modo eccessivo a sostegno dei propri beniamini: Weibo ha bandito un fan club della celebre boy band sudcoreana Bts per attività “illegale” di fundraising. Valori nei quali, ovviamente, non c’è spazio per l’evasione fiscale. E con quest’accusa la popolare attrice Zheng Shuang è stata condannata a una multa da 46 milioni di dollari per il mancato pagamento di tasse sui suoi compensi. Nei mesi scorsi era già finita nei radar del governo dopo aver avuto due figli negli Stati Uniti tramite la maternità surrogata, pratica proibita in Cina. Ma non solo. Sarebbe meglio anche non avere paghe eccessive. Non a caso le autorità hanno parlato di “espansione irrazionale di capitali” nell’industria dell’intrattenimento, la stessa terminologia utilizzata per i colossi del settore tecnologico. Meglio allora non avere partecipazioni nelle major, soprattutto se collegate in qualche modo a figure come Jack Ma, sembra suggerire la vicenda di Zhao Wei. Ex ambasciatrice di Fendi in Cina, il suo nome è stato bannato da tutte le piattaforme in cui appaiono film e drammi televisivi nei quali ha recitato. Non esistono spiegazioni ufficiali, ma c’è chi ricorda le quote di Alibaba Pictures comprate da lei e dal marito in passato.

Diversi articoli ed editoriali dei media cinesi nelle ultime settimane descrivono la fan culture come un “culto” che può facilmente diventare un bersaglio di “forze straniere che vogliono dividere la società cinese”, come ha scritto il Global Times. Oppure è vista come uno strumento del capitale per creare “una cultura consumistica, in grado di manipolare le abitudini di spesa dei giovani e influenzare la cultura pubblica cinese”, come ha dichiarato Jiang Yu, un ricercatore affiliato al governo. Va dunque eliminata non solo l’ostentazione della ricchezza, ma anche la promozione di un’estetica “anormale e volgare”. Come quella di cui è accusato Feng Xiaoyi, il cui profilo da 600mila follower su Douyin è stato cancellato per i suoi video “troppo effeminati”. Va invece promosso il patriottismo, di cui le celebrità sono chiamate a dare prova. Il noto attore Zheng Zhehan è diventato vittima di un boicottaggio dopo che sui social è circolata una sua foto del 2018 in cui si trovava davanti al Santuario di Yasukuni a Tokyo. L’edificio shintoista è dedicato a chi è morto servendo l’Impero giapponese, comprese 1.068 persone condannate per crimini di guerra. Diversi brand hanno interrotto i contratti di collaborazione con Zheng. Lui – se gli sarà consentito – e i colleghi saranno chiamati a frequentare un corso sui principi di etica e disciplina morale. I primi effetti di questa campagna di rettificazione iniziano a rendersi visibili. L’attore di Hong Kong Nicholas Tse ha fatto domanda per rinunciare alla sua cittadinanza canadese, preoccupato che il possesso del doppio passaporto possa essere considerato non patriottico.

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