La saga mitomane di Harry e Meghan e la solitudine esibizionista dei Ferragnez

di Guia Soncini (linkiesta.it, 19 maggio 2023)

Ci sono giorni in cui proprio non riesci a decidere il tema di conversazione. Vuoi parlare di Pierfrancesco Favino? Di Tom Hanks? Di Diana Spencer? Di Meghan Markle? Delle due ragazze di Little Rock che si resero conto che gli uomini preferiscono le bionde? Comincerei da: cosa farebbe J.R. Moehringer con la vita di Chiara Ferragni? Me lo sono chiesto in quelle ventiquattr’ore in cui la vita sceneggiatrice ci ha offerto, come amuse-bouche della seconda stagione di The Ferragnez, la serie di Prime sulla vita dell’italiana più famosa di questo secolo, l’inseguimento immaginario di Harry e Meghan.

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In caso aveste fatto un fioretto e siate perciò stati quarantott’ore senza notizie: martedì sera, a New York, Meghan Markle ha preso un premio; il giorno dopo il suo portavoce ha raccontato che lei e Harry erano fuggiti per due ore da un inseguimento dei paparazzi «quasi catastrofico» che aveva fatto rischiare la vita a pedoni, poliziotti e probabilmente anche numerose pantegane. Era la storia meno verosimile del mondo già dal minuto uno: chiunque abbia passato mezza giornata a New York sa che il traffico si muove ai cinque all’ora, e che un inseguimento (di due ore!) è pensabile solo se c’è la produzione di Mission: Impossible che ti chiude le strade dimodoché tu possa usarle come pista da go kart. Ci dicevano che avevano rischiato di fare la fine di Diana, e chiunque fosse abbastanza vecchio da ricordarsene pensava «sì, ma l’inseguimento di Diana era a notte fonda, sennò pure a Parigi ci sarebbe stato troppo traffico per schiantarsi», ma nessuno voleva essere il primo a dirlo.

Poiché quasi nulla attira visualizzazioni come il vittimismo della nuora di Diana Spencer, rinomati fact-checker hanno riportato le loro dichiarazioni – su due ore d’inseguimento delle quali nell’epoca dei telefoni con telecamera non esisteva un filmato, una foto, un testimone – come fossero una notizia comprovata. Quando poi è uscito il comunicato della polizia di New York che diceva che non era successo niente, quando poi un tassista che misteriosamente aveva preso a bordo Meghan e Harry e una guardia del corpo nel mezzo dell’inseguimento immaginario ha dato un’intervista al Washington Post dicendo anche lui che veramente non c’erano stati inseguimenti, quando si è ristabilito l’ordine naturale delle cose, con la curva di tifoseria della signora Markle che la difendeva e gli altri che sghignazzavano, allora ho capito che Chiara Ferragni e il marito, apparentemente i nostri esibizionisti nazionali così come quegli altri sono gli esibizionisti d’Inghilterra, sono in realtà l’esatto contrario narrativo.

Certo, come Meghan (non come Harry) la Ferragni e il marito sono poveri che hanno fatto i soldi. Certo, come per la Ferragni e il marito, per Meghan e il marito il mestiere e la vocazione e la vita consistono nello stare al centro dell’attenzione. Certo che in tutte e due le coppie si ha l’impressione che la dominante sia la moglie. Ma le divergenze sono enormi. Intanto c’è il ruolo dei due rispetto alle famiglie: Harry ha assunto su di sé l’idea americana e instagrammatica e meghaniana di celebrità, e risulta quindi un arrampicatore sociale pur essendo l’erede d’una casa regnante: suo fratello e più o meno tutti i suoi parenti sono integrati nella famiglia del re, lui è uno scappato di casa ridotto a mezzucci pur di finire sui giornali; la Ferragni e il marito sono quelli che la casa regnante l’hanno messa su, e i familiari senza qualità vivono a rimorchio del giro di fama allestito dalla coppia protagonista.

Poi c’è la questione del denaro, che non potrebbe farle essere due coppie più diverse. I Ferragni fanno soldi. Creano indotto. Per metà delle puntate della nuova stagione di The Ferragnez, Chiara indossa una orrendissima tuta da lei prodotta, col suo orrendissimo logo, non so se in cotone o in orrendissimo acrilico ma insomma una roba che una donna con un minimo di gusto non metterebbe neanche nei giorni in cui ha tutto al lavasecco. È perché veste Dior ma non vede la differenza? Ma figuriamoci. È perché le immagini della serie le vedranno in tutto il mondo, è uno spot gratuito presso le cattivogustiste del Wisconsin che potrebbero comprarle decine di migliaia di tute, e a Chiara non importa nulla d’essere giudicata benvestita dall’élite: le importa fatturare in periferia.

I Markle (certo non posso chiamarli Windsor, poi Carlo dichiara guerra all’Italia e io non voglio certe responsabilità) sono disposti a tutto pur di farsi mantenere. La sceneggiata del finto inseguimento è l’ennesimo tentativo di farsi pagare un servizio di sicurezza privato su suolo americano dai contribuenti inglesi. La scusa per il giro assurdo che hanno fatto per andare dal premio a casa è che erano ospiti di amici e non volevano i paparazzi vedessero chi li ospitava. Da Piers Morgan (che, prevedibilmente, ha dedicato a questa puntata della saga mitomane quasi l’intera puntata del suo talk-show mercoledì sera) si chiedevano chi mai fosse questo personaggio misterioso. Ogni ipotesi è buona, giacché i Markle hanno solo amici ricchi abbastanza da mantenerli, da ospitarli, da permettere loro di fare una bella vita che non potrebbero altrimenti permettersi. Meghan e Harry non somigliano a Chiara e Federico: somigliano a Jane Russell e Marilyn Monroe che vivono dalla parte sbagliata dei binari ma sono determinate a essere rifocillate e rivestite in pelliccia (in inglese è più bello: wined and dined and ermined).

Un (altro) punto in comune, però, le due coppie ce l’hanno. I Markle cianciano sempre di tenerci alla riservatezza, mentre raccontano dettagli della loro vita e di quelle dei parenti ai biografi, a Netlifx, a Oprah. I Ferragni ci risparmiano questa lagna: in una delle dirette Instagram fatte per lanciare la serie, mentre il marito preconizzava che avremmo malignato sul suo usare il tumore per fare fatturato, la moglie alzava gli occhi al cielo dicendo «fa parte del gioco» – una botta di consapevolezza che Markle non oserebbe mai. Però a un certo punto delle puntate uscite su Prime ieri, tra le trovatine tutte mosce e noiose e di durata percepita Ben Hur degli autori (insomma: in tutta la parte che non è il cancro), lo psicologo li manda a fare un weekend da soli. Senza balie, senza assistenti, senza truccatori. E quindi loro vanno in campagna coi bambini e ci narrano questa eroica solitudine.

Molti anni fa intervistai Pierfrancesco Favino e cercai di fargli dire delle banalità sulla difficile vita dei famosi. Solo che Favino è un rarissimo caso di persona che non ha scelto di fare l’attore principalmente perché non sapeva fare conversazione, e quindi mi sbeffeggiò raccontandomi di Tom Hanks che gli aveva detto d’avere un rifugio in Grecia, un luogo in cui scappare da tutti, «dove possiamo restare soli io, mia moglie, i miei figli, e le nostre guardie del corpo». Ci ho pensato mentre gli eroici Ferragni, in campagna senza paparazzi e parrucchieri, segretarie e suoceri, au pair e allenatori, passavano ben due giorni tra di loro. Loro due, i bambini, e mezza dozzina di persone della troupe a riprendere il loro isolamento per Prime.

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