di Mario Franco («la Repubblica» di Napoli, 12 aprile 2014)
Rosa Viscardi, sociologa ed esperta dei nuovi media e di comunicazioni di massa, propone in questo libro un’interessante riflessione sui rapporti dinamici tra politica e entertainment. Uno studio sulla nascita del fenomeno e sulle capacità istrioniche del politico che sembrano mutuate dallo star system hollywoodiano. Il fenomeno s’inserisce nel complesso rapporto tra cultura popolare e politica. Un incontro tra due mondi che solitamente erano studiati come realtà separate in una sorta di schizofrenia scientifica, che è stata superata solo negli ultimi quindici anni, considerando come importante, e magari decisiva, la variabile “media” (con tutto ciò che questa comporta: dalla radio al cinema, alla televisione, ai social network) nelle dinamiche politiche e istituzionali. Tutto ha inizio nel 1938, quando il regista del documentario The Private Life of Benito Mussolini, l’americano E.W. Hullinger, definisce il duce «una star cinematografica». Il volume di Rosa Viscardi analizza il susseguirsi, sulla ribalta dei media, di molti protagonisti partecipi a vario titolo all’ambito politico, da Eva Perón a Grace Kelly, da Giovanni Paolo II a Lady Diana. L’autrice fa notare la spettacolarizzazione di atteggiamenti e messaggi politici che si esprimono attraverso i vari mezzi di comunicazione e ne segue gli sviluppi con il mutare del sistema mediale e con le trasformazioni comunicative della “società dello spettacolo”. Si chiariscono, così, le modalità di gestione della politica da parte dei media in un’estesa attività di “costruzione del consenso”. Le star e molti leader politici sono accomunati dall’avere carisma; tuttavia – si chiede la Viscardi – quali circostanze storiche, strutture simboliche, narrazioni mediatiche ci hanno indotto a confondere i politici con le celebrità? Come e perché siamo arrivati a divertirci con i primi e a farci rappresentare dalle seconde? Che differenza c’è tra Silvio Berlusconi e Arnold Schwarzenegger (trentottesimo governatore della California)? Dove il reale incontra l’immaginario? Fino alla metà del Novecento, le star e le celebrità non coincidono con il mondo politico. La commistione nasce con i pionieri Audrey Hepburn e, soprattutto, Danny Kaye, nominato primo goodwill ambassador (ambasciatore di buona volontà) dell’Unicef nel 1954. Da allora i nuovi modelli offerti dalla cultura di massa – gli attori – tendono a spodestare genitori, educatori, eroi nazionali: divengono modelli di cultura, modelli di vita. Il fenomeno si consoliderà dopo la fine della Guerra Fredda, col massiccio aumento dell’innovazione tecnologica. Ancora il paradigma della star politics patisce l’estrema eterogeneità dei metodi d’indagine; d’altra parte, i media hanno sostituito le tradizionali agenzie di socializzazione nella formazione delle visioni del mondo, nella messa in circolazione d’idee e di modelli di comportamento.