La notte in cui sparì Glenn Miller

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di Marco Patricelli (agi.it, 14 dicembre 2024)

Non c’era il chiaro di Luna e neppure l’eco di una serenata quando, il 15 dicembre 1944, l’aereo con a bordo Glenn Miller si perdeva nel buio della notte sulla Manica e il mare inghiottiva il musicista che aveva inventato lo swing e composto Moonlight Serenade. Dalla storia passava alla leggenda, dalle luci del successo al buio sulla sua fine che assunse da subito i toni del giallo. Il monoplano di costruzione canadese Noorduyn Norseman UC-46 era decollato da Londra in direzione Parigi, ma non vi arrivò mai.

Il velivolo monomotore, semplicemente, sparì. La notizia venne diramata la vigilia di Natale, quando le autorità militari americane ufficializzarono che il maggiore dell’aeronautica Alton Glenn Miller risultava disperso dal 15 dicembre. Il giorno dopo avrebbe dovuto tenere un concerto nella Ville Lumière per le truppe alleate che sei mesi prima erano sbarcate in Normandia e avevano liberato la Capitale francese, e la notizia non poteva più essere tenuta nascosta. Aveva appena 40 anni e una fama mondiale.

Ricco e famoso, allo scoppio della guerra con la sua musica guadagnava l’iperbolica cifra di 15-20mila dollari a settimana, ogni concerto veniva trasmesso in diretta dalla radio e i suoi dischi andavano a ruba: la registrazione di Chattanooga Choo Choo in poche settimane, nel 1942, aveva sforato l’iperbolica cifra di un milione di copie vendute valendo al suo autore il primo Disco d’Oro della storia. Eppure Miller aveva rinunciato a tutto questo per potersi arruolare. La Marina lo aveva scartato perché troppo in là con l’età (38 anni, nel 1942), e allora lui aveva aggirato l’ostacolo proponendo a un generale la creazione di una banda dell’esercito in chiave contemporanea: gli diedero i gradi di capitano dell’Army Specialist Corps e quindi dell’Army Air Force, per regalare ai soldati che ballavano sull’onda delle sue canzoni qualche ora di spensieratezza, lontano dall’angoscia dei combattimenti contro i tedeschi.

Aveva preso il suo incarico con la consueta serietà, tanto nell’estate del 1944 in Inghilterra aveva tenuto centinaia di concerti e per questo l’avevano promosso maggiore. In repertorio aveva brani, oggi classicissimi, come In the Mood, American Patrol, Tuxedo Junction. Nel triennio 1939-42 con la sua innovativa orchestra di fiati aveva dominato tutte le possibili classifiche di vendita di dischi. Suonava dal vivo dirigendo l’Army Air Forces Training Command Orchestra e incideva i V-Disc in vinile, oggi ricercatissimi dai collezionisti, prodotti dal War Department, in cui la musica non di rado era preceduta da un discorso patriottico: la stessa filosofia alla base dei sette documentari Why We Fight, con la supervisione di Frank Capra, per motivare l’opinione pubblica sulla necessità della guerra contro l’Asse.

La scomparsa di Glenn Miller in circostanze misteriose, il mancato ritrovamento del relitto dell’aereo e dei suoi resti, hanno innescato una ridda di ipotesi, alcune delle quali davvero fantasiose, per superare quella del semplice incidente. Secondo alcune teorie Miller sarebbe stato latore di una proposta di pace separata da far pervenire al Maresciallo Gerd von Rundstedt, alla quale si sarebbe opposto il potente controspionaggio nazista SD (Sicherheitsdienst), che avrebbe catturato e torturato il musicista fino a provocarne la morte. A contrastare l’Operazione Eclipse (questo il nome in codice della presunta missione segreta) era stato incaricato il maggiore delle SS Otto Skorzeny, che inseguiva la possibilità di arrivare tramite lui a uccidere il generale Dwight Eisenhower.

Prima che Miller spirasse, piegato dalle sevizie, il suo corpo sarebbe stato lasciato davanti a un bordello di Pigalle. Proprio dove, secondo altri, avrebbe invece perso la vita in conseguenza a una banale rissa scoppiata tra gli avventori della casa d’appuntamenti. In ambedue i casi, l’imbarazzo delle autorità sarebbe stato palese, tanto da ritardare per giorni l’annuncio della morte e poter simulare la romantica caduta di un aereo che non sarebbe mai decollato da Londra.

Nel 2000 la vendita all’asta del vecchio Lancaster NF973 della Raf su Internet, tra le prime di Sotheby’s con queste modalità, portò al rinvenimento del giornale di bordo su cui il tecnico di volo Deryck Thurman aveva annotato che un piccolo aereo, che non doveva affatto trovarsi sotto il quadrimotore e forse aveva variato la rotta, era stato investito dal lancio di bombe in una zona interdetta al traffico perché lì gli aerei si liberavano del carico quando le missioni non andavano a buon fine. Il Norseman sarebbe stato abbattuto o da una bomba o dallo spostamento d’aria provocato dal massiccio bombardamento in mare.

Glenn Miller, dunque, sarebbe morto per colpa del fuoco amico. Questa storia risale comunque al 1953, quando era stato da poco girato il film biografico in cui il musicista era impersonato da James Stewart [The Glenn Miller Story – La storia di Glenn Miller, di Anthony Mann, 1954, N.d.C.], ma non era stata presa serio, poiché si ritenne che la rivelazione fosse o un escamotage per destare curiosità attorno al film o l’iniziativa di qualche reduce che volesse farsi facilmente pubblicità. Questa versione, nel 2001, sarà consacrata in un documentario in cui l’ex navigatore Fred Shaw ricostruisce e ribadisce l’accaduto con una dichiarazione consegnata in precedenza a una registrazione amatoriale.

Acclarata come falsa, invece, la diceria che Miller si fosse concesso un’avventura mercenaria nella peccaminosa e tentatrice Parigi, morendo addirittura tra le braccia di una prostituta. La tournée a Parigi era stata concordata il 12 dicembre con un carissimo amico del musicista, l’attore inglese David Niven – anch’egli impegnato in uniforme nello sforzo di sconfiggere Hitler attraverso il mondo dello spettacolo –, il quale aveva programmato i concerti della band. Il primo era per il 16, ma Miller aveva anticipato la partenza, nonostante le condizioni meteorologiche fossero avverse, per poter partecipare a un ricevimento con Niven.

Resta un mistero perché si fosse imbarcato su un piccolo monomotore pilotato dal tenente Norman Francis Baessell, nonostante la sua notoria diffidenza per gli aerei piccoli, invece che su un più affidabile e sicuro bimotore da trasporto. Il 16 dicembre, al pubblico che lo aspettava per applaudirlo, fu annunciata semplicemente la sua assenza: senza altra motivazione, fino alla vigilia di Natale. Le reticenze e i ritardi con cui le autorità militari trattarono il caso innescarono da subito il giallo sulla morte di Glenn Miller, nella notte tempestosa senza Moonlight Serenade.

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