La giunta militare del Myanmar non riesce a vendere la casa di Aung San Suu Kyi

Ph. Saul Loeb / Ap

(ilpost.it, 15 agosto 2024)

Da mesi la giunta militare che governa il Myanmar non riesce a vendere la villa di famiglia dell’ex leader Aung San Suu Kyi, che, nel febbraio di tre anni fa, in seguito a un colpo di Stato, fu arrestata insieme a molti altri politici a lei vicini, con accuse ritenute politicamente motivate. L’ultima asta pubblica è stata organizzata giovedì, ed è stata sostanzialmente inutile, dato che all’annuncio del banditore nessun acquirente ha presentato un’offerta: era già successo a marzo.

I tentativi di vendita non sono andati a buon fine, soprattutto per due motivi: da un lato perché il prezzo di partenza dell’asta è abbastanza proibitivo (circa 136 milioni di euro), dall’altro perché la casa è considerata un simbolo della lotta per l’affermazione della democrazia in Myanmar, ed è quindi ritenuta intoccabile dai sostenitori di Suu Kyi. La casa era stata messa all’asta lo scorso gennaio, dopo che una sentenza della Corte Suprema del Myanmar aveva chiuso una lunga disputa legale tra Suu Kyi e suo fratello maggiore, Aung San Oo, l’unico altro erede ancora in vita del leader indipendentista birmano Aung San.

Aung San Oo vive negli Stati Uniti dagli anni Settanta, ed è una figura piuttosto controversa: è considerato un sostenitore della giunta militare del Myanmar e uno dei responsabili della prigionia di sua sorella Suu Kyi. Nel 2016 un tribunale birmano stabilì che il terreno su cui si trova la casa dovesse essere equamente diviso tra i fratelli, ma Aung San Oo presentò diversi ricorsi contro quella decisione, chiedendo di vendere la casa all’asta per poi dividere il ricavato a metà con Suu Kyi. A inizio anno la Corte Suprema del Myanmar ha accolto la sua richiesta, stabilendo la vendita della casa tramite un’asta pubblica. I sostenitori di Suu Kyi ritengono che le rivendicazioni di Aung San Oo siano state a lungo appoggiate dalla giunta militare, che considera la vendita della casa un modo per indebolirne l’immagine pubblica.

La casa si trova a Yangon, capoluogo dell’omonima regione e città più grande del Myanmar, ed è conosciuta comunemente come 54 University Avenue (in Birmano ၅၄၊ တက္ကသိုလ်ရိပ်သာလမ်း), dal numero civico in cui è ubicata. Viene visitata quotidianamente da molti turisti, attratti in parte dal paesaggio suggestivo (si trova di fronte al lago Inya, il più grande della regione) e in parte dalla sua storia e dal suo significato politico: Suu Kyi visse in quella casa per 21 anni, dal 1989, quando rientrò dal Regno Unito per fondare la Lega Nazionale per la Democrazia, e fino al 2010, quando fu liberata dopo un lungo periodo trascorso agli arresti domiciliari.

In quel periodo i giornalisti passavano spesso davanti all’edificio, filmando di nascosto attraverso i finestrini delle loro auto per evitare di farsi notare dagli ufficiali dei servizi segreti che circolavano in borghese attorno all’abitazione. Nei brevi periodi di libertà vigilata che venivano concessi a Suu Kyi, grandi folle si radunavano fuori dal cancello principale per ascoltare i suoi discorsi, ispirati in parte alle teorie nonviolente di Gandhi, in India, e in parte al movimento per i diritti civili di Martin Luther King, negli Stati Uniti.

Poi, quando nel 2010 fu finalmente liberata, Suu Kyi utilizzò la casa come luogo in cui incontrare colleghi politici e leader mondiali. Negli anni, insomma, attorno alla 54 University Avenue si è creata una specie di mitologia, rafforzata anche dal successo di The Lady – L’amore per la libertà, il film del 2011 diretto dal regista francese Luc Besson, dedicato proprio alla vita di Suu Kyi, in cui erano stati ricreati con grande precisione gli ambienti interni ed esterni della casa.

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