La diplomazia dell’hockey per risolvere i conflitti

Ansa

di Mirko Molteni (liberoquotidiano.it, 19 marzo 2025)

Nella telefonata di ieri fra i presidenti di Stati Uniti e Russia, Donald Trump e Vladimir Putin, si è riaperto uno spazio per quella “diplomazia dello sport” che talvolta ha favorito il riavvicinarsi di potenze rivali. Non c’è nulla di meglio, infatti, che affidarsi al linguaggio pacifico e universale dello sport per preparare la distensione.

E dato che Putin stesso è un appassionato praticante di hockey su ghiaccio, tanto da indossare spesso la maglia della Nazionale russa, non poteva esimersi dal proporre questo sport, popolare anche negli Usa, come ulteriore “ponte” fra Mosca e Washington. Un’idea che, fra l’altro, rimanda alla celebre “diplomazia del ping pong” che nel 1971 favorì il riavvicinamento fra la Cina di Mao Zedong e gli Stati Uniti, allora retti da Richard Nixon.

Il leader del Cremlino ha fatto balenare all’uomo della Casa Bianca un progetto di partite amichevoli fra squadre rappresentative della National Hockey League, o Nhl, che raggruppa 32 compagini di hockey su ghiaccio di Stati Uniti e Canada, e squadre della eurasiatica Kontinental Hockey League, o Khl, per dirla alla russa Kontinental’naja Chokkejnaja Liga, che è formata da 22 team non solo della Russia, ma anche di Kazakhstan, Bielorussia e Cina. Una nota del Cremlino ha specificato in serata che «il presidente americano Donald Trump sostiene l’idea di Vladimir Putin di organizzare partite di hockey in Usa e Russia tra giocatori russi e americani che competono nella Nhl e nella Khl».

C’è da aspettarsi che Putin in persona, quando si avranno simili match, tenterà di scendere in pista in prima persona, com’è nel suo stile atletico. Più volte l’abbiamo visto in azione in casco, pattini, maglia numero 11 e mazza. Per esempio, nel maggio del 2019 a Sochi segnò 8 punti in una partita contro una selezione di ex giocatori americani ospiti. E nel dicembre del 2021 a Strelna, vicino a San Pietroburgo, giocò fianco a fianco col presidente bielorusso Alexander Lukashenko e suo figlio, portando alla vittoria la loro squadra per 18-7.

Per quanto riguarda Trump, è davvero molto difficile pensare che si metta in prima persona a giocare, magari incrociando le mazze proprio con Putin. Il presidente degli Stati Uniti, a differenza dello “zar”, non è famoso per essere un cultore del proprio fisico, tuttavia ha spesso avuto a che fare col mondo dello sport in qualità d’investitore. Certo, per l’uomo della Casa Bianca, una “diplomazia dell’hockey” con la Russia sarebbe una bella consolazione dopo la sconfitta sofferta dalla Nazionale statunitense contro quella canadese lo scorso 20 febbraio, che – viste le tensioni tra Washington e Ottawa per i dazi e le mire trumpiane di annessione dell’intero Canada – hanno fatto dire al beffardo premier uscente Justin Trudeau: «Non puoi prenderti il nostro Paese, e non puoi prendere il nostro gioco».

Ma fra Russia e Usa la sfida sarebbe assai più cordiale. Per trovare atmosfere simili bisogna tornare indietro di oltre un cinquantennio, quando fu un altro sport, il “tennis da tavolo”, meglio noto come ping pong, a fare da apripista per la distensione fra Cina e Stati Uniti. Nella primavera del 1971, mentre fra Pechino e Washington le relazioni erano ancora congelate, ai campionati mondiali di ping pong in Giappone, il campione americano Glenn Cowan si fece dare un passaggio sul pullman della Nazionale cinese avendo perso l’appuntamento con l’autobus della sua squadra. Fece così amicizia con il campione cinese Zhuang Zedong, che smosse mari e monti per convincere il regime di Mao a invitare in Cina la squadra americana.

La visita avvenne il 10 aprile 1971 e i giocatori della squadra di ping pong degli Stati Uniti, insieme ai reporter al loro seguito, furono i primi cittadini americani a entrare ufficialmente in Cina dalla fondazione del regime, nel 1949, a parte pochissime eccezioni. L’evento precedette di alcuni mesi i colloqui segreti tenuti dal maestro della diplomazia americana Henry Kissinger con Zhou En Lai nel luglio del 1971. Ciò aprì le porte alla visita ufficiale che il presidente Richard Nixon e sua moglie Thelma “Pat” compirono in Cina dal 21 al 28 febbraio 1972. Così l’asse cino-americano fece da contrappeso al comune avversario, l’allora Unione Sovietica, spingendo Mosca a sedersi ai primi importanti tavoli per il controllo degli armamenti.

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