di Maurizio Stefanini (linkiesta.it, 12 marzo 2022)
Probabilmente non sapeva della polemica italiana sull’Anpi, che, ormai costituita quasi esclusivamente da gente nata dopo il 1945, esalta il ricordo di coloro che 79 anni fa presero le armi quando una mattina si svegliarono e trovarono l’invasor, ma manifesta per consigliare di non dare armi a chi l’invasor lo sta affrontando oggi. Comunque la 29enne Khrystyna Solovyi è come se si fosse pronunciata, quando ha deciso di fare una cover di Bella ciao che aggiorna il testo a questa guerra. «La rabbia ucraina» è la traduzione del titolo: dedicata «a tutte le forze armate, ai nostri eroi e a tutti coloro che in questo momento combattono per la propria terra».
«Una mattina presto, senza preavviso/ La terra iniziò a tremare e il sangue ci fece ribollire/ Missili che scendevano, carri armati senza fine/ Il vecchio fiume Dnepr ruggì con rabbia/ Missili che scendevano, carri armati senza fine/ Il vecchio fiume Dnepr ruggì con rabbia/ Nessuno lo pensava, nessuno se lo aspettava/ Quello che poteva essere la vera rabbia del popolo ucraino/ I nemici maledetti senza pietà li distruggiamo/ Quei nemici maledetti che la nostra terra invadono/ I nemici maledetti senza pietà li distruggiamo/ Quei nemici maledetti che la nostra terra invadono/ Le nostre difese hanno i migliori ragazzi/ Solo veri eroi combattono nell’esercito ucraino/ E i javelin e i bayraktar combattono per l’Ucraina e uccidono i russi/ E i javelin e i bayraktar combattono per l’Ucraina e uccidono i russi/ E il nostro potente popolo, la gente dell’Ucraina/ Ha già unito il mondo intero contro i russi/ E molto presto li sconfiggeremo/ Presto li distruggeremo/ E conquisteremo la nostra libertà/ E ci sarà di nuovo la pace/ Presto li distruggeremo/ E conquisteremo la nostra libertà/ E ci sarà di nuovo la pace». Diventata famosa nel 2013 dopo aver partecipato alla versione ucraina di The Voice, Khrystyna Solovyi aveva fatto nel 2015 un album di canzoni popolari ucraine arrangiate in chiave moderna e nel 2018 un album di canzoni moderne arrangiate in chiave folk.
Canzone in realtà poco cantata nella Resistenza, secondo Roberto Leydi portata il 25 aprile da reparti di partigiani che si erano aggregati agli Alleati durante lo sfondamento della Linea Gotica, Bella ciao ha avuto la sua origine immediata variamente individuata nelle Marche o tra partigiani democristiani della zona di Montefiorino, e i suoi antecedenti musicali o testuali altrettanto variamente individuati tra filastrocche infantili, la ballata Fiore di tomba e addirittura melodie yiddish. Scelta comunque come inno della Resistenza ex post soprattutto a partire dalle celebrazioni del ventennale del 1965 proprio perché aveva un testo non politicizzato ma genericamente patriottico, e quindi cantabile da tutti, Bella ciao ha avuto da allora un successo mondiale che l’ha riciclata in una quantità di salse: dalle manifestazioni anti-Berlusconi alle Primavere Arabe passando per La Casa di Carta o i Fridays for Future. Era passata anche in Ucraina al tempo del Maidan, con una versione che invitava Yanukovych alle dimissioni. «Addio! Non ritornare!/ O Vitja ciao, Vitja ciao, Vitja ciao ciao ciao./ Perché sia libera la nostra Patria/ fino alla fine noi lotteremo».
Ma la colonna sonora della Resistenza ucraina è ormai ricca. Ovviamente ne è parte Šče ne vmerla Ukrajiny, l’inno nazionale. «Non è ancora morta la gloria dell’Ucraina, né la sua libertà,/ a noi, giovani fratelli, il destino sorriderà ancora./ I nostri nemici scompariranno, come rugiada al Sole,/ e anche noi, fratelli, regneremo nel nostro Paese libero./ Daremo anima e corpo per la nostra libertà,/ e mostreremo che noi, fratelli, siamo di stirpe Cosacca». Il testo corrisponde, salvo alcune modifiche, ad un poema patriottico scritto nel 1862 dall’etnografo ucraino Pavlo Čubynskyj, che probabilmente nell’incipit cita l’attacco dell’inno polacco Mazurka di Dąbrowski: «La Polonia non morirà/ finché noi vivremo». La musica fu composta l’anno seguente dal sacerdote greco-cattolico Mychajlo Verbyc’kyj. E l’anno successivo ancora Šče ne vmerla Ukraïna fu per la prima volta eseguito in forma corale al Teatro Ucraina di Leopoli. Adottato come inno della Repubblica Popolare Ucraina nel 1917 e bandito dal regime comunista nel 1920, è ridiventato inno nazionale de facto nel 1991, e ufficialmente nel 1996. All’origine ecclesiastica dell’autore della musica si deve forse la suggestione di intonarlo in modo solenne, quasi come canto liturgico piuttosto che in stile marziale tipo La Marsigliese. Ma di recente ne è stata fatta anche una versione metal.
Nel 1885 fu composta da Oleksandr Konysky per il testo e da Mykola Lysenko per la musica Molytva za Ukrayinu: una «Preghiera per l’Ucraina» spesso eseguita nelle chiese, sia cattoliche sia ortodosse. «O Dio, grande, unico/ Salva la nostra Ucraina/ Libertà e luce spargi/ Per lei coi tuoi raggi/ Con la luce della scienza e del sapere,/ illumina noi, tuoi figli,/ In puro amore/ Facci crescere sempre più/ Ti preghiamo, o Dio unico,/ Salva la nostra Ucraina/ Tutte le tue carezze e gentilezze/ Rivolgi al nostro popolo/ Dài libertà, dài saggezza,/ Dài felicità di un buon mondo,/ Dagliele, o Dio, al popolo/ Con anche un augurio di lunga vita!». Alle vicende della lotta per l’indipendenza ucraina del 1917-19 risale Oi u luzi chervona kalyna, «Oh il viburno rosso nel prato». Scritta nel 1914 come inno di una milizia ucraina che combattè con gli austro-ungarici contro i russi, e che si trasformò nel 1917 nei Fucilieri di Sich, la prima unità regolare dell’esercito della Repubblica Popolare Ucraina: «Nel prato, là un rosso viburno si è piegato in basso,/ Per qualche ragione, la nostra gloriosa Ucraina si è preoccupata/ prenderemo quel viburno rosso e lo solleveremo,/ E noi, la nostra gloriosa Ucraina, dobbiamo, ehi – ehi, rallegrarci – e gioire!/ Non piegarti in basso, oh rosso viburno, hai un fiore bianco./ Non preoccuparti, gloriosa Ucraina, hai un popolo libero./ Avanzando, i nostri compagni volontari, in una mischia sanguinosa / Per liberare, nostro fratello, gli ucraini, dalle catene ostili/ E noi, nostro fratello – gli ucraini libereremo/ Oh nel campo, di grano primaverile, c’è un solco d’oro,/ Quindi iniziarono i fucilieri ucraini a ingaggiare il nemico, /E prenderemo quel prezioso, primo grano e lo raccoglieremo/ Quando i venti tempestosi soffiano dalle ampie steppe, /Essi glorificheranno, in tutta l’Ucraina, i fucilieri di Sich/ E prenderemo la gloria dei fucilieri conservandola».
Nella lotta armata contro i polacchi nell’Ucraina Occidentale nacque La marcia dei nazionalisti ucraini, nota anche come Siamo nati in una grande ora, dal primo verso. Scritta da Oles Babiy su musica di Omelian Nyzhankivskyi nel 1929, fu adottata nel 1932 come inno dall’Organizzazione dei nazionalisti ucraini e dall’Esercito insurrezionale ucraino da essa organizzato. «Siamo nati in una grande ora, /Dai fuochi della guerra, e dalle fiamme degli spari,/ Siamo stati nutriti dal dolore per la perdita dell’Ucraina,/ Siamo stati nutriti dalla rabbia e dall’odio verso i nostri nemici». Riferimento alla fine della Repubblica Popolare Ucraina, spartita tra Urss e Polonia. «E qui camminiamo nella battaglia della vita/ Solido, durevole, infrangibile, come il granito,/ Perché il pianto non ha ancora dato libertà a nessuno,/ Ma chi è un combattente, conquista il mondo./ Non vogliamo né gloria, né compenso./ Il pagamento per noi – è il lusso di combattere!/ È più dolce per noi morire in battaglia,/ Che vivere in schiavitù, come schiavi muti./ Basta con rovine e disaccordi per noi,/ Un fratello non oserà andare in guerra contro un fratello!/ Sotto la bandiera blu-gialla della libertà/ Uniremo tutte le nostre grandi persone./ Una nazione unita per tutti noi è quell’unica verità/ Questo è il nostro orgoglioso appello a tutte le persone:/ Sii fedele alla tua patria fino alla morte,/ Per noi l’Ucraina è prima di tutto!/ La gloria dei combattenti caduti ci conduce in battaglia,/ E l’ordine più alto che adempiremo:/ Per una nazione ucraina unita/ Liberi e forti, dai San ai Kavkaz». Che sarebbe un po’ l’equivalente ucraino dell’italiano «dall’Alpi alla Sicilia». Nel 2017 è stata adottato con un testo modificato come inno dei combattenti del Donbass.
Oggi adottata come inno ufficiale delle Forze Armate Ucraine, la Marcia dei Cosacchi deriva da una melodia popolare attestata almeno dal 1926, ma diventata famosa dopo una esecuzione in teatro del 1969 da parte di Yevhen Adamstevych con la bandura, strumento tradizionale che è una via di mezzo tra un liuto e una cetra. L’entusiasmo acquisì presto un sottinteso nazionalista, per cui le autorità sovietiche la vietarono. Divenne per questo parte della colonna sonora della mobilitazione indipendentista, e poi un must nel repertorio delle bande militari ucraine. L’inno indipendentista della mobilitazione del 1991 fu però soprattutto Za Ukrainu, «Per l’Ucraina». Testo di Mykola Voronyi: poeta, attivista civile, politico, fondatore della Rada del 1917, fondatore del Teatro Nazionale Ucraino, giustiziato dalla Nkvd nel 1938. Musica di Yaroslav Yaroslavenko: compositore e direttore d’orchestra ucraino di Leopoli. «Per l’Ucraina/ Con feroce tenacia/ Muoviamoci, o fratelli,/ Tutto avanti./ Il momento giusto/ Ci chiama/ Ora, andiamo subito/ Compiamo la sacra volontà!/ Per la nostra Ucraina,/ Per il suo destino,/ Per onore e volontà,/ Per la gente!/ I vergognosi legami/ Tutti abbiamo strappato/ anche bene abbiamo rovinato,/ Il trono dello zarista/ Da sotto i gioghi/ E fuori dalle carceri/ Dov’era l’oppressione/ Entriamo in un mondo libero! / Oh, Ucraina,/ Oh, Madre nativa!/ A te noi lealmente/ Qui giuro./ Di sangue del cuore/ E il suo amore/ Tutto per te/ Ci stiamo impegnando nella lotta!/ Allora carica, o fratelli!/ Il nostro stendardo sventola,/ E il Sole splende/ negli occhi!/ Stampa collettiva,/ Sguardo dell’arma/ il cuore è pieno di ghirlande/ E con esso il canto della libertà». Fu sul punto di essere adottato come inno nazionale, ma poi si preferì il più antico Šče ne vmerla Ukrajiny. Resta comunque molto popolare tra i combattenti.
Pezzo hip hop, Razom nas bahato è la canzone che fu l’inno della Rivoluzione Arancione del 2004, e che poi rappresentò l’Ucraina all’Eurofestival del 2005, epurata dai riferimenti più politici e con parte del testo in Inglese. «Assieme siamo molti», il titolo e il relativo ritmo citano la celebre El pueblo unido: inno di Unidad Popular cilena composto dai Quilapayún e diventato famoso in Italia nell’interpretazione degli Inti Illimani. All’Eurofestival arrivò anche l’eco del Maidan e dell’invasione della Crimea nel 2016 con 1944, canzone sulla deportazione dei Tatari di Crimea cantata dalla tatara Jamala. Vinse. Col testo in Inglese e in Tataro di Crimea, nella melodia sono presenti sia il tipico strumento a fiato armeno duduk sia lo stile mugham tipico della tradizione musicale azera, mentre il ritornello proviene dalla canzone popolare tatara Ey güzel Qırım, «Oh bella Crimea». Jamala disse di essersi ispirata alla storia della bisnonna Nazylchan, sfuggita all’età di 25 anni dalla deportazione con i suoi quattro figli, una dei quali morta durante il viaggio. «Mentre mi stavo preparando per la performance, ho ascoltato i brani della colonna sonora di Schindler’s List e ho sperato che la mia canzone potesse avere lo stesso potere», spiegò. «Quando arrivano gli stranieri/ Arrivano a casa tua/ Uccidono tutti/ E dicono/ Non siamo colpevoli/ Non colpevoli».
Batʹko nash — Bandera, Ukrayina — maty! è una canzone del 2019, ma è dedicata a un combattente del già citato Esercito Insurrezionale Ucraino gravemente ferito e a sua madre in lutto: «Nostro padre è Bandera, l’Ucraina è nostra madre!». Leader della già citata Organizzazione degli Ucraini Nazionalisti, combattente in tempi diversi contro i polacchi, i tedeschi e i sovietici, infine assassinato nel 1959 da un agente sovietico mentre era esule in Germania, Stepan Andrijovič Bandera è un personaggio altamente contestato per avere nel 1941 abbozzato una collaborazione con gli occupanti nazisti. In effetti ruppe poi con loro quasi subito, e finì da loro internato. Il suo movimento si rese comunque responsabile di pogrom anti-ebraici, per cui la recente riabilitazione di Bandera in Ucraina nel clima di mobilitazione nazionalista è stato utilizzato da Putin come prova del “nazismo” del governo di Kiyv. La canzone fu lanciata come coro ecclesiastico diretto da Padre Anatoly Zinkevich, e poi è diventata un inno studentesco.
We’re not gonna take it è un singolo del gruppo musicale statunitense Twisted Sister, il primo estratto dal loro album Stay Hungry nel 1984. «Oh, non lo accetteremo/ No, non lo accetteremo/ Non lo accetteremo… più!/ Abbiamo il diritto di scegliere e/ In nessun modo lo perderemo/ Questa è la nostra vita, questa è la nostra canzone/ Combatteremo i governi che sono giusti/ Non scegliere il nostro destino perché/ Tu non ci conosci, tu non ci appartieni/ Oh, non lo accetteremo/ No, non lo accetteremo/ Non lo accetteremo… più!». La Resistenza ucraina all’invasione ha deciso di utilizzare anche questo testo e il gruppo ha approvato. Slava Ukraini!, «Gloria all’Ucraina», è stata composta ora per sostenere la Resistenza da Marcus Paus, compositore ufficiale dell’esercito norvegese. Resa nota il 27 febbraio, è stata registrata due giorni dopo dal violista lituano-norvegese Povilas Syrrist-Gelgota della Filarmonica di Oslo ed è stato trasmesso poco dopo dall’emittente governativa norvegese.
Recentissima è anche Bayraktar, dedicata al drone turco che sta facendo strage di carri armati russi. «Gli invasori sono venuti da noi in Ucraina/ L’uniforme nuova, catena militare/ Ma il loro inventario si è in parte sciolto/ Bayraktar Bayraktar/ I carri armati russi si nascosero tra i cespugli/ A sorseggiare il fottuto shchi con le loro scarpe da rafia/ Ma il grasso della zuppa si è surriscaldato in parte/ Bayraktar Bayraktar/ Le pecore sono arrivate da Est/ Per “ristabilire un grande Stato”/ Ma migliori pastori di greggi di pecore ci sono/ Bayraktar Bayraktar/ Intervengono le loro argomentazioni, hardware diverso/ Intervengono potenti hardware e razzi/ Abbiamo un commento a tutto quanto sopra/ Bayraktar Bayraktar/ Volevano invaderci con la forza/ E ci siamo offesi con questi orchi/ I banditi russi vengono trasformati in fantasmi da/ Bayraktar Bayraktar/ La polizia russa sta avviando i casi/ Contro l’assassino dei buzzurri nessuna traccia/ E chi incolpano da lontano?/ Bayraktar Bayraktar/ Il Cremlino fa propaganda/ La gente crede alle parole allo stesso modo/ Ora il loro zar conosce una nuova stella/ Bayraktar Bayraktar».