La Cina soffoca la comunità Lgbtq+, cancellati gli show di Jin Xing

Jin Xing Dance Theatre

di Sabrina Bellosi (agi.it, 4 gennaio 2025)

Icona transgender per decenni, volto amatissimo della televisione, testimonial di uno dei più famosi profumi al mondo, per la ballerina cinese Jin Xing sembra essere iniziata una parabola discendente. Non perché la sua vena artistica si stia esaurendo, ma per un clima sempre più soffocante in Cina per la comunità Lgbtq+.

Negli ultimi tempi, da diverse autorità locali sono arrivate disdette per spettacoli della compagnia di Jin Xing già in cartellone, riferisce la Cnn. Le cancellazioni a catena non sarebbero casuali: il timore è che la deriva autoritaria impressa dal presidente Xi Jinping stia colpendo sempre di più tutto ciò che è considerato frutto dell’influenza di valori occidentali.
Ex colonnello dell’esercito cinese, 57 anni, Jin Xing è una vera star nel suo Paese, con oltre tredici milioni di follower su Weibo, il social più in voga in Cina. A diciotto anni, quando era ancora sotto le armi, vinse un concorso di danza e una borsa di studio a New York. Fu l’inizio della sua carriera internazionale. Nel 1995 iniziò il percorso per cambiare genere. Proprio verso la fine degli anni Novanta, mentre si apriva al mondo, la Cina decise prima la depenalizzazione e poi la cancellazione dell’omosessualità dall’elenco delle malattie mentali.
Questi passi non avevano mai messo fine ai pregiudizi e alle discriminazioni nei confronti dei transessuali, ma l’aria nuova nel Paese aveva permesso a Jin Xing di costruirsi una carriera solida, diventare imprenditrice, ospite fissa di talk show, rispettata ed elogiata come una delle dieci leggende della danza cinese contemporanea. Ma quell’ammirazione di cui è circondata potrebbe non bastare a Jin per restare sulla cresta dell’onda. Al contrario, potrebbe essere proprio la ragione di un progressivo allontanamento dalle scene.
Il primo a strappare un contratto è stato il teatro dell’opera di Guangzhou, nel Sud della Cina, ufficialmente per un problema di documenti mancanti. Altre città hanno seguito l’esempio. «Le cose sembrano essere cambiate. Forse il problema potrebbe essere stato una virata troppo prematura verso un clima più liberale» ha commentato Sam Winter, professore associato all’Università di Curtin, in Australia, ed esperto di questioni transgender in Asia.
Fino a pochi anni fa, la comunità Lgbtq+ poteva organizzare il Gay Pride a Shanghai, condividere immagini sui social media. Ma il movimento è ormai sottoposto a una crescente repressione sotto la presidenza molto più conservatrice di Xi Jinping. Le parate sono state vietate, gli attivisti spesso perseguitati dalla polizia, film e programmi tv con riferimenti a tematiche legate all’omosessualità messi al bando.

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