di Nadia Boffa (huffingtonpost.it, 6 luglio 2021)
Una diva comunista che cantava la libertà sessuale. È stata dipinta così Raffaella Carrà dal quotidiano catalano El Periódico in un articolo del settembre del 2020. Secondo il giornale la Carrà è stata in grado di «celebrare una sessualità libera, festosa e traboccante», quando ancora questo tipo di femminilità faceva paura. Quando ancora nessuno ne parlava. El Periódico sottolinea anche come la Carrà sia stata in grado di polverizzare ogni tipo di cliché quando, in un’intervista alla rivista spagnola Interviù, nel 1977, affermava di aver sempre votato per il Partito Comunista Italiano. La Carrà aveva raggiunto una grande celebrità in Spagna e in America Latina.
Testimonianza di questo è ad esempio il musical Explota explota, tradotto in Italiano con “Ballo Ballo”, del regista uruguaiano Nacho Álvarez, dedicato proprio alla Carrà. Consacrato a quella che, secondo il regista, si può definire «la Cher del Sud Europa, un’artista ante litteram e forse poco compresa, ma che era una pop star prima di Madonna». Il musical, basato sulle canzoni della Carrà, racconta la storia di Maria (Ingrid García-Jonsson), una ragazza piena di vita e voglia di libertà, con la grande passione del ballo, che si scontra con la mentalità della Spagna franchista e reazionaria. Insomma, un ruolo che si adatta perfettamente alla personalità e alla vita della Carrà. Il regista 33enne spiega di aver scoperto Raffaella da adolescente, nella nativa Montevideo, guardando la Rai sulla televisione via cavo. La Carrà a quei tempi stava acquisendo molto successo nei Paesi di lingua spagnola. «Chi era quella donna più bionda, più anziana e più spavalda di quanto indicassero i canoni, circondata da un gruppo di giovani ballerine?» si era chiesto Álvarez. Anni dopo, cresciuto, i suoi genitori gli avevano parlato del fenomeno Raffaella e lui aveva cominciato a comprare tutti i vinili con le sue canzoni.
El Periódico ricorda anche come la Carrà sia stata la prima a mostrare l’ombelico in televisione, e come abbia scandalizzato il Papa ballando il Tuca Tuca, dove cantava, secondo il giornale, di «un desiderio irrefrenabile». La sua prima apparizione in Spagna avvenne proprio dopo lo scandalo del Tuca Tuca, nel programma Ladies and Gentlemen! di Valerio Lazarov. Visto il successo ottenuto, i direttori della Televisión Española le affidarono, nel marzo del 1976, uno speciale in quattro puntate: La hora de Raffaella Carrà. «Non mi conosceva nessuno. Parlavo poco la lingua. Ma avevo i miei ballerini, vestiti bellissimi e un modo di fare spettacolo tutto nuovo per loro» ha raccontato la Carrà. «Però sono stata fortunata, il mio programma veniva dopo partite di calcio ad alto richiamo, roba tipo Real Madrid-Barça, ecco il perché del grande successo». All’epoca la Carrà aveva solo 32 anni, ma aveva già vissuto numerose e intense esperienze di vita. Diverse da quelle di tutte le altre donne dello spettacolo. Da piccola voleva fare la coreografa, ma a 9 anni, nel 1952, era apparsa nel suo primo film, Tormento del passato. Poi aveva frequentato il Centro Sperimentale di Cinematografia, e recitato in alcuni film, tra cui I compagni, di Mario Monicelli, con Marcello Mastroianni. Il giornale catalano sottolinea come Raffaella non sia mai stata attratta da Hollywood: «Si è invece ben presto sbarazzata di Frank Sinatra e della voglia di far parte di quella selvaggia confraternita di “alcol e cocaina”».
Raffaella, secondo El Periódico, era diversa da tutte le altre dive. «Mentre le sue colleghe del settore continuavano a innalzare la testa al tormento dell’amore, lei cantava lo stesso della masturbazione femminile» scrive il giornale catalano. E cantava anche dell’amore che può finire, ma delle altre gioie che seguono sicuramente a una delusione. Come ribadisce El Periodico, Raffaella non ha mai fatto nulla per compiacere. Negli anni del suo maggior successo, quando ancora non si parlava di femminismo, aveva fornito una visione ben definita della donna, sottolineando come la sua maggior realizzazione fosse proprio nel lavoro e non lasciando che si discutesse della sua mancata maternità. Aveva anche affermato che non le importava di invecchiare e che votava per il Partito Comunista come antidoto alla Democrazia Cristiana.
All’inizio degli anni Ottanta, quando era ancora impensabile che una donna che guadagnava meno di un uomo potesse suscitare qualche accenno di polemica, Raffaella Carrà non aveva esitato a rivendicare la propria opinione ai tempi di Pronto, Raffaella? Quando aveva saputo che c’erano conduttori che si facevano pagare più di lei mentre il suo programma l’aveva portata a raggiungere 10 milioni di telespettatori, aveva chiesto la sua parte. E gliel’avevano data, pur di non farla approdare nella televisione privata di Berlusconi. «La ragazza viveva stabilmente in uno stato di fermento politico di sinistra, mentre dirigeva interi reparti vestita di paillettes rosse», scriveva la sceneggiatrice Almudena Montero in un ormai famoso thread su Twitter. El Periódico concludeva l’excursus sulla vita e la carriera della Carrà citando la sua ultima trasmissione televisiva, il programma di interviste A raccontare comincia tu. Eppure, nel 2016, la Carrà aveva minacciato di andare in pensione. Ma non si era mai fermata. Ed è immortale. «È come un mito vivente» concludeva Nacho Álvarez.