di Jacopo Bernardini (linkiesta.it, 14 aprile 2018)
Nessuno era mai riuscito a portare al cinema – da protagonista – Karl Marx. Ce l’ha fatta il regista haitiano Raoul Peck. Che non solo ha proiettato il padre del comunismo sul grande schermo, ma è riuscito a fargli fare cose mirabolanti.Nel film ammiriamo Marx che si consegna alla polizia, Marx in una lunga e insistita scena di sesso, Marx&Engels che scappano dalle forze dell’ordine, quest’ultimo che si prende a pugni con degli operai in un pub e Marx che, dopo una colossale sbronza, ha l’illuminazione: “I filosofi hanno solo interpretato il mondo. Ora si tratta di cambiarlo”. Mancano le pistole, qualche superpotere, e al suo posto ci potrebbe essere Batman. L’autore del Capitale e il suo compare Engels si districano per tutta la durata del film tra amori, alcol e sigari scadenti. Assomigliano molto di più ad artisti maledetti che ad austeri pensatori. Sia chiaro: la biografia del giovane Marx (e del suo compare Engels) è piuttosto burrascosa, e non è da mettere in dubbio che i due abbiano bevuto, fumato e amato come qualsiasi altro giovane essere umano. Qui però si è un po’ esagerato. Il film è solo l’ultimo esempio di come Marx, negli ultimi anni, ha invaso la cultura di massa. Lo ritroviamo nelle favole per bambini come I fantasmi di Karl Marx, che si conclude con il protagonista – il finto fantasma di Marx rivale del sig. Das Kapital – pronto a salpare per gli Usa dove ha appuntamento con Miss Wall Street Panic. Compare in canzoni pop come Io, te e Carlo Marx de Lo Stato sociale, e vince Sanremo con Francesco Gabbani che in Occidentali’s Karma descrive il Web come “coca dei poveri, oppio dei popoli”. L’autore del Capitale è protagonista di romanzi gialli come in Marx & Engels, investigatori. Il filo rosso del delitto, in cui i due diventano detective radical chic che vanno in giro per l’Europa. Lo ritroviamo anche al centro di una serie tv argentina di successo, Marx ha vuelto, Marx è tornato, liberamente ispirata al Manifesto del Partito comunista. A quasi 200 anni dalla nascita sembra che Marx, il cui spettro si è aggirato per decenni sul mondo, non faccia più paura a nessuno. Anche la Chiesa, del resto, l’ha sdoganato. Benedetto XVI gli ha riconosciuto di essere stato un lucido analista del mondo globalizzato. Papa Francesco è stato più volte accostato al suo pensiero. Interpellato sulla vicenda, ha definito l’ideologia marxista “sbagliata”. Ma ha aggiunto subito dopo che, nella sua vita, ha conosciuto molte buone persone marxiste. In tutto questo, però, rimane poco del suo pensiero. Il giovane Marx non fa eccezione: dalla pellicola traspare un Marx edulcorato. Determinato sì, ma tutto sommato placido. L’eredità più importante di Marx – su cui concordano filosofi e pensatori di ogni estrazione – è di aver scoperto lo stato di perenne conflittualità strutturale all’economia e all’uomo. Ma Il giovane Marx non si concede nessun ardire. Da ammiratore della distruzione creatrice della borghesia capitalista, forse Marx non sarebbe stato sorpreso della sua “poppizzazione”. D’altronde la Storia si ripete sempre due volte: prima come tragedia e poi come farsa.