Intervista a Dario Adamo, social media manager di Giuseppe Conte

di Gianmichele Laino (giornalettismo.com, 26 marzo 2021)

Giuseppe Conte, è noto, non aveva account social prima della sua esperienza da presidente del Consiglio. È successo tutto molto in fretta, da zero a cento, nelle ore in cui il suo nome fu indicato per la prima volta dagli allora alleati Lega e Movimento 5 Stelle per guidare, nel 2018, l’esecutivo giallo-verde. Quegli stessi account social sono diventati una sorta di cifra stilistica della sua presidenza. Per questo, chi si occupa di tecnologia digitale e di comunicazione politica non può non ritenere importante un colloquio con Dario Adamo, social media manager di Conte nei suoi due anni e mezzo a Palazzo Chigi. «Era maggio 2018, Conte aveva già ricevuto l’incarico per la prima volta» – ricorda ai nostri microfoni.

GiuseppeConte-DarioAdamo«Era già candidato nella squadra dei ministri, quindi, se fosse diventato titolare di un dicastero, dei profili social gli sarebbero potuti tornare utili. Ma nel momento in cui era stato indicato addirittura come presidente del Consiglio, ci siamo subito attivati per fare in modo che potesse avere al più presto dei canali di comunicazione, per prima cosa su Facebook e su Twitter, mentre Instagram è stato attivato in un secondo momento». Tutto in pochissimo tempo, dettato da un’esigenza in particolare: «In quei giorni» spiega Adamo «stavano nascendo dei profili falsi con il suo nome: bisognava dunque allestire le sue piattaforme, ma anche farle certificare immediatamente perché da fuori si riconoscesse l’ufficialità di quel canale. Per la spunta blu su Facebook (ottenuta in pochissimo tempo, N.d.R.) ho chiesto aiuto ai referenti istituzionali in Italia del social network, in una situazione di urgenza, al fine di contrassegnare con il bollino dell’autenticità le successive dichiarazioni pubblicate su quel profilo. Con Twitter, invece, il discorso è stato più complesso perché, non avendo una sede in Italia, c’è stato bisogno di più tempo per ottenere la certificazione dell’account. Tra l’altro proprio su Twitter erano proliferati i profili falsi: c’è stata qualche ora di panico perché c’erano questi account che twittavano di tutto. Ma poi abbiamo risolto comunque in tempi utili».

Giuseppe Conte è diventato il presidente del Consiglio più social della storia istituzionale del Paese. Anche più di Matteo Renzi, pioniere in questo sentiero della comunicazione politica: «Ci sono dei segnali importanti che bisogna cogliere» spiega il social media manager di Conte, «avere un determinato seguito sui social network, che poi porta un determinato consenso sui canali, ci dice inequivocabilmente che quel personaggio è apprezzato anche nel “mondo reale”. Un legame tra il consenso on line e il consenso off line esiste ed è inevitabile, perché chi abita i social network è una persona in carne e ossa. E la community social di Conte è sempre stata abbastanza al riparo da fenomeni aggressivi come quello dei bot e degli account fake: non siamo mai stati soggetti a particolari flussi di questo tipo. Una prova di quest’ultima affermazione può essere rintracciata anche nel fatto che, a seconda dei provvedimenti e delle decisioni prese soprattutto in tempo di pandemia, il sentiment dei commenti cambiava. Sin da subito, poi, Conte ha avuto un approccio legato al rapporto con le persone, alle relazioni».

Da qui, si è costruito un proprio stile. Diverso da quello del resto dei politici di professione sui social network: «La differenza importante è che quella di Conte è stata una comunicazione istituzionale e meno politica. Questo ti aiuta nell’impostazione. I suoi canali social venivano aggiornati seguendo le sue attività, le sue riunioni, le sue missioni. È diverso da una comunicazione politica di un partito, che utilizza un linguaggio più aggressivo e che si deve confrontare con tutti gli altri competitors che utilizzano un linguaggio altrettanto forte. Quando si costruisce una comunicazione sui social è importante restituire l’immagine di quella persona per la quale si costruisce, autentica tanto quanto la persona stessa».

«Con Conte abbiamo lavorato con particolare attenzione alla comunicazione, confrontandoci sempre su molteplici aspetti, fin dall’inizio, sia durante l’esecutivo giallo-verde, sia nella seconda esperienza di governo» ricorda Adamo. «Se teniamo fuori la pandemia, che ha portato un’attenzione molto forte nei suoi confronti, i numeri e le statistiche dicono che c’è sempre stata una costante attenzione su di lui. Nel primo anno di governo aveva già un milione di fan e, in realtà, c’è stata una certa continuità tra le due esperienze: non ha sofferto il cambio di maggioranza, dal punto di vista tanto dei numeri quanto del seguito. Ovviamente la fan base si è leggermente modificata, ma si è trattato di un cambiamento qualitativo e non quantitativo: nella seconda esperienza di governo ha attratto persone vicine al centro-sinistra che hanno sostituito quelle più vicine, magari, alla sfera della Lega».

Poi è arrivata l’emergenza Coronavirus, e quella di Conte è diventata una delle voci più influenti sui social network in Italia. La sua strategia ha incontrato spesso delle critiche da parte degli avversari, ma Adamo spiega perché l’esposizione sulle varie piattaforme è stata ritenuta fondamentale da parte dell’inquilino di Palazzo Chigi: «Durante la pandemia sono state prese decisioni fondamentali. Conte, nell’ottica di trasparenza, riteneva fosse necessario metterci la faccia per spiegare ai cittadini come sarebbero cambiate le loro vite» dice. «Da qui, le conferenze stampa e la scelta di trasmetterle anche attraverso i suoi canali social. Alcuni hanno avanzato critiche sulla personalizzazione della gestione della pandemia. Ma trasmettere le conferenze stampa sulla sua pagina, in aggiunta alle dirette sugli account istituzionali di Palazzo Chigi e a quelle sui media tradizionali, era necessario per raggiungere il numero più ampio possibile di cittadini italiani. Poiché la pagina di Conte aveva già 1,5 milioni di followers (e quella di Palazzo Chigi soltanto 200mila), abbiamo deciso di utilizzarla anche per le dirette Facebook durante la pandemia. Arrivavano decine di migliaia di commenti che il nostro team poteva soltanto monitorare, sfruttando – quello sì – il sacrosanto filtro anti-volgarità che ogni pagina Facebook ha a disposizione». Una pressione altissima, che sicuramente ha esposto il fianco a errori. Anche Adamo lo riconosce: «Ci sono state delle occasioni in cui forse abbiamo dovuto affrettarci nella comunicazione, con il rischio che il presidente potesse arrivare stanco o poco lucido», spiega. «Ma erano giornate davvero convulse. Magari avremmo potuto aspettare un po’ e nel frattempo optare per un altro tipo di comunicazione, sfruttando altri canali. Però è vero anche che avevamo la necessità di dare notizie tempestivamente. E noi rivendichiamo tutte le scelte di comunicazione che sono state fatte».

Scelte che, a volte, dovevano prendere in considerazione anche fenomeni inattesi. Vi abbiamo parlato spesso delle pagine e dei gruppi denominati Le bimbe di Conte. Non si è trattato di un’azione pianificata, dal punto di vista della comunicazione, ma di un movimento spontaneo, che il social media manager dell’ex presidente del Consiglio spiega così: «Le bimbe di Conte ci hanno colto di sorpresa: non è stato un solo gruppo su un solo social, ma una vera e propria “categoria” di persone, cross-mediale. Questo fenomeno sta continuando ancora in maniera anche attiva. È persino nato un merchandising: un fenomeno che si è sviluppato in maniera naturale, in modo imprevedibile. Quando è nato il fenomeno non ho avuto modo di comunicarlo immediatamente al presidente del Consiglio, anche perché eravamo in una fase d’emergenza. Ma poi ricordo che una volta, in aereo, ne abbiamo parlato e gliel’ho spiegato anche dal punto di vista tecnico. Era divertito e piacevolmente colpito. Lo era anche quando sono arrivate delle rose rosse a Palazzo Chigi da parte proprio di un gruppo di “bimbe”».

In generale è stata la partecipazione l’elemento che più ha caratterizzato l’esperienza di Conte sui social network, testimoniata anche dal successo dell’ultimo post da presidente del Consiglio: «Il post d’addio di Conte ha raggiunto 15 milioni di persone, ha ottenuto 1,3 milioni di like e oltre 350mila commenti» sono le cifre in possesso di Adamo. «Qualche giorno prima del giuramento del nuovo governo, avevo proposto di realizzare un post di commiato. Abbiamo ragionato su un testo insieme, come da prassi per tutti gli altri post realizzati in passato, e abbiamo scelto, tra le foto di quella giornata, l’immagine di lui che saluta il palazzo e le persone che ci lavorano, mentre si vede l’esterno di Chigi, simbolo della vita che continua anche dopo l’esperienza politica. Il testo è stato un bilancio della sua attività, è stato un voler accettare le critiche che gli erano state mosse e un aprire lo sguardo verso il futuro, con l’intenzione di continuare a fare politica in diverse forme, come qualsiasi cittadino può fare». E adesso che c’è un’altra persona a Palazzo Chigi, che fine faranno gli account social di Giuseppe Conte? «Gli account social di Conte continuano a essere utilizzati» chiude Adamo. «In queste settimane abbiamo lavorato ad altri post che continuano ad avere numeri rilevanti. Quei canali continueranno a esistere e a essere alimentati. Serviranno a informare sulle sue nuove attività da personaggio pubblico e da politico che prepara la rifondazione e il rilancio del Movimento 5 Stelle».

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