In Cina i meme sono un caso di Stato

sixthtone.com

di Lorenzo Lamperti (wired.it, 26 gennaio 2025)

I meme possono diventare un affare di Stato se toccano argomenti sensibili per le classi dirigenti al governo. È accaduto in Cina. Ma andiamo con ordine, e proviamo a ricostruire cosa è successo. Novembre 2013. Dopo decenni passati quasi nel dimenticatoio, la città di Qufu si prepara a un evento inusuale: la visita di un presidente della Repubblica Popolare. Siamo nello Shandong, provincia nord-orientale della Cina.

Qufu non è un luogo qualunque, ma quello in cui è nato nel VI secolo avanti Cristo il celeberrimo filosofo Confucio. Ma nella nuova Cina creata a partire dalla rivoluzione di Mao Zedong non c’è spazio per l’antichità e le vecchie tradizioni: il pensiero deve essere rinnovato nel segno della rivoluzione in stato permanente messa in atto dal Partito Comunista. Nonostante ciò, in quel novembre 2013 arriva Xi Jinping. Segretario generale del Partito da un anno, presidente della Repubblica solo da qualche mese, di lui non si sa ancora molto.
Ma quel giorno, il 26 novembre per l’esattezza, Xi svela un passaggio fondamentale della sua idea di Cina. Accade proprio nel corso di quel viaggio a Qufu, in cui visita l’Istituto di ricerca sul Confucianesimo e la Kong Family Mansion, la storica residenza dei discendenti diretti di Confucio. «La nazione cinese ha una lunga storia e un profondo patrimonio culturale», dice Xi. «Dovremmo applicare il materialismo storico allo studio del pensiero confuciano, preservarne le parti migliori e minimizzare le parti irrilevanti in modo che il Confucianesimo possa svolgere un ruolo positivo nella nuova era».
Si tratta di un momento e di una frase fondamentali, primo pilastro di quello che il sinologo francese Jean-Pierre Cabestan definisce «melting pot ideologico», una sorta di unione olistica tra i valori della Cina nuova e di quella antica. In termini di ideologia, oggi il Partito vuole ancora essere percepito come marxista-leninista: con Xi, però, promuove anche i valori cinesi tradizionali. Una svolta importante anche a livello narrativo, facendo sfumare le istanze rivoluzionarie e innestando un legame tra Partito Comunista e storia cinese, facendone dunque il predestinato depositario.
Non si può dimenticare questo contesto per comprendere le ragioni di una recente dichiarazione dell’Amministrazione nazionale della radio e della televisione di Pechino, in cui si invitano le autorità provinciali e le piattaforme Internet a reprimere i contenuti generati dall’Intelligenza Artificiale che «modificano in modo malvagio» la cultura tradizionale cinese. «Questi video, creati solo per inseguire il traffico, dissacrano palesemente la proprietà intellettuale classica senza ritegno, minano i valori culturali tradizionali, contraddicono l’essenza centrale delle opere originali e possono costituire una violazione del copyright», si legge nella nota. Il riferimento è a una vera e propria ondata di clip e video che riprendono celebri opere della letteratura o personaggi della storia cinese per effettuare delle parodie.
Come sottolineato dal magazine Sixth Tone, le piattaforme social cinesi sono state inondate di video che reimmaginano scene famose dei classici locali, dal Re Scimmia che sfreccia nel suo Viaggio in Occidente su una motocicletta, all’antico stratega Zhuge Liang che sgranocchia un durian durante una feroce battaglia. Tra gli esempi più citati, quello di una serie di meme e clip ispirate al famigerato La storia dei tre regni che mostra Iron Man giustiziato dopo una battaglia e il fondatore di Alibaba Jack Ma incoronato imperatore. Alcune piattaforme possono persino simulare le voci originali dei personaggi, sincronizzare i movimenti labiali e fornire voci fuori campo in base alle istruzioni dell’utente.
Questi meme e video, come spesso accade in Cina, hanno subito conquistato un’enorme popolarità, ricevendo migliaia di condivisioni. Ma le autorità non ne sono felici e li hanno definiti una “profanazione” del patrimonio culturale del Paese. In vista c’è dunque una stretta, basata anche su predisposizioni legali. Lo scorso settembre, infatti, la Cina ha proposto nuove norme che prevedono che tutti i contenuti generati dall’Intelligenza Artificiale debbano essere chiaramente etichettati con filigrane e metadati incorporati, nel tentativo di arginare l’aumento delle frodi.
Le piattaforme social sono state lasciate libere di applicare questa politica, e la maggior richiedono ai creator di spuntare manualmente una casella per confermare che un contenuto è generato dall’Intelligenza Artificiale prima di pubblicarlo. Ora le autorità chiedono alle piattaforme di diventare più proattive nel rilevare i contenuti generati dall’Intelligenza Artificiale, senza aspettare la conferma dei creator e aggiungendo dunque in prima persona le etichette di avvertenza. Douyin, Kuaishou e Bilibili hanno già rimosso alcune clip virali generate dall’Intelligenza Artificiale.
La stretta segue due necessità. La prima: la tutela della storia e della cultura cinese. Già dal suo primo mandato, Xi insiste tantissimo sull’elemento della tradizione. «La civiltà cinese è l’unica ininterrotta al mondo», ha detto il segretario generale del Partito Comunista durante un simposio culturale del 2023. «Sarebbe impossibile capire la Cina antica, o quella moderna, per non parlare di quella futura, se non si comprende la continuità della sua lunga storia». E ancora: «Tale continuità dimostra che il popolo cinese deve seguire la propria strada». Un sintetico manifesto della concezione di Xi, che pochi mesi dopo quella visita a Qufu, diventa il primo leader a intervenire durante un forum internazionale su Confucio: «La cultura è l’anima della nazione», dice in quella sede.
Le frequenti citazioni di classici o l’insistenza sulla civiltà millenaria non servono solo a solleticare un nazionalismo che nell’ultimo decennio ha conquistato sempre più spazio, ma anche a proporre un modello e una visione di mondo alternativa a quella di un Occidente che «sta attuando contro di noi un contenimento, un accerchiamento e una soppressione a tutto campo, ponendo sfide di una gravità senza precedenti allo sviluppo del nostro Paese». Per Xi, la Cina è più della Repubblica Popolare.
La seconda necessità è quella, più tecnica, della regolamentazione dell’Intelligenza Artificiale. Durante il forum sulla Via della Seta del 2023, la potente Amministrazione cinese per il cyberspazio ha lanciato la proposta di una governance per l’Intelligenza Artificiale, con la creazione di un nuovo organo nel quadro delle Nazioni Unite. Una proposta per ora più di principio che di sostanza, ma che rispecchia bene l’ambizione cinese di ergersi a capofila del cosiddetto “Sud globale” anche sul fronte della gestione dell’AI. Meglio farlo con i piedi ben piantati nella storia. E con qualche meme in meno.

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