di Nicola Bambini (vanityfair.it, 29 settembre 2019)
Nel 1991, a soli dieci anni, Meghan Markle organizzò una manifestazione a scuola contro la prima Guerra del Golfo e si mise in testa ad un piccolo corteo. Nello stesso periodo, dall’altra parte del mondo, Lady Diana era nel pieno delle sue battaglie sociali, tanto da guadagnarsi il titolo di «principessa del popolo». Un’icona e un esempio per milioni di persone, forse anche per quella ragazzina americana che già all’epoca scriveva lettere a Hillary Clinton per denunciare pubblicità sessiste.
Lottatrici, entrambe, sempre dalla parte dei più deboli. Sono passati quasi trent’anni, Diana se n’è andata in un tragico incidente e Meghan – per un bizzarro gioco del destino – è entrata a far parte della royal family. E sposando il secondogenito di Lady D è come se avesse abbracciato un po’ anche quella nobile eredità, che già William e Harry stavano portando avanti. Lei si è accodata, all’inizio silenziosa, poi la sua anima passionale è venuta fuori, reggendo pure ai continui attacchi.
«Capricciosa», «arrivista», «dispotica»: gliene hanno dette di tutti i colori, lei non ha fatto un plissé. «Trovo difficile affrontare le pressioni dovute al mio ruolo», confessò Diana all’inizio degli anni Ottanta, «ma sto imparando a gestirle». Una frase che potrebbe far sua anche Meghan, rientrata a lavoro a quattro mesi dal parto con un entusiasmo e una vivacità mai mostrate prima: ha parlato per quindici minuti a braccio durante la presentazione della capsule collection disegnata con l’amica Misha Nonoo. Con un paio di orecchini a farfalla e un braccialetto appartenuti in passato proprio a Lady D, l’ultimo di una lunga serie di omaggi. Tutti velati, mai eccessivi: dal celebre divano usato in occasione del battesimo di Archie al cappellino col pompon infilato al figlio durante lo sbarco in Africa. Elementi che tornano, come a simboleggiare una ciclicità che poggia su un’imprescindibile costante: l’empatia. Chiave di volta del successo planetario di Diana e ingrediente base di ogni discorso di Meghan.
«Sono qui anche come madre, moglie, donna di colore e vostra sorella», ha dichiarato la duchessa a Nyanga, uno dei distretti più pericolosi di Cape Town. Proprio lì, in Africa, il filo comune che la lega a Diana, sembra intenzionata a raccoglierne a tutti gli effetti l’eredità. Già in passato le due erano state avvicinante per la loro insofferenza ad alcune formalità di corte, ma qui si va oltre: non si tratta più di smalti rossi, vestiti riciclati o abbracci in pubblico, adesso il protocollo reale non c’entra più. Meghan, esattamente come Diana, è uscita dal Palazzo per camminare davvero in mezzo alle persone. Ascoltarle e – per quanto le è possibile – aiutare le più bisognose. La foto con il velo indossato per entrare nella moschea ha ricordato a tutti l’immagine di Lady D, nel 1996, in Pakistan: una sovrapposizione che apre ad un’audace quanto entusiasmante ipotesi. È lei la nuova «principessa del popolo»?