di Silvia Bombino (vanityfair.it, 2 agosto 2024)
Con un video sul suo account Instagram, Vladimir Luxuria aveva già spiegato nei giorni scorsi che la pugile algerina Imane Khelif, definita da molti «transgender», in realtà è «nata donna», avendo solo «alti livelli di testosterone», e che «diffondere fake news transfobiche su di lei è solo un modo per alimentare l’odio». E ora ci sarebbe la conferma: per Virginium, l’ente francese che monitora le interferenze digitali straniere, è in atto – a partire dalla fake news sulla cerimonia di apertura che scambiava il banchetto queer per una parodia dell’Ultima Cena, fatto smentito subito dagli autori dello show e che poteva constatare chiunque avesse davvero seguito l’evento – una campagna di manipolazione detta «Matrioska», in funzione anti-occidentale e a guida russa.
Come ricostruisce la Repubblica, «la fake news della pugile trans si è mossa dentro una bolla globale, rumorosa e potente, che gli esperti francesi chiamano “fachosphère”, una galassia che si muove tra l’ultradestra xenofoba e i complottisti, i suprematisti e gli antisemiti. E la “fasciosfera” ha nel mirino i Giochi di Parigi 2024». Perché, secondo molti osservatori, attaccare i Giochi più inclusivi e progressisti del secolo è un obiettivo prioritario per Vladimir Putin e i suoi sodali.
Mentre in Italia si scioglieva il “caso” della pugile, la campagna elettorale di Donald Trump ha subito sfruttato l’occasione per attaccare Kamala Harris. Ma che cosa c’entra? Nulla, ma ovviamente rilanciando la falsa notizia che Khelif fosse un uomo che ingiustamente gareggiava contro una donna, ha stroncato, come riferisce il Giornale, «senza mezzi termini l’ipotesi di atleti biologicamente maschi, intersex o transgender contro donne biologiche alle Olimpiadi». Un suo portavoce ha dichiarato a Fox News Digital: «Il presidente Trump è stato inequivocabilmente chiaro nel dire che non tollererà che gli uomini gareggino negli sport femminili, una realtà folle e ingiusta che è stata lasciata emergere a causa di politici della sinistra radicale come Kamala Harris».
Si è arrivati cioè al paradosso che un predatore sessuale si erga a paladino di “donne e ragazze”. La campagna di Trump mira ad attaccare Harris, che accusa di volere riscrivere “il Titolo IX”. Di che si tratta? Della legge sui diritti civili che proibisce la discriminazione basata sul sesso e l’orientamento sessuale nelle scuole e negli istituti finanziati a livello federale, una sorta di Ddl Zan per intenderci, che per la propaganda di destra è parte dell’“ideologia woke”, di cui, guarda caso, ha parlato anche il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini. In Italia la fake news ha avuto grande impulso a destra dopo che Salvini aveva scritto su X: «Pugile trans dell’Algeria, bandito dai mondiali di boxe, può partecipare alle Olimpiadi» e «Basta con le follie dell’ideologia woke!».
Anche la premier Giorgia Meloni aveva commentato: «Non era un match ad armi pari», dopo il ritiro della pugile italiana Angela Carini. Il tutto nonostante Imane Khelif sia stata regolarmente ammessa alle Olimpiadi dal Cio, che dal 2021 ha delle linee guida sul tema. Il Cio ha rilasciato anche un comunicato in sua difesa, in cui parla di «informazioni fuorvianti su due atlete donne che gareggiano alle Olimpiadi di Parigi 2024 [ci si riferisce anche alla taiwanese Lin Yu-ting, oggi in gara – N.d.R.]».
Secondo il Cio la squalifica dai Mondiali da parte dell’Iba – a guida russa, e che il Cio non riconosce – è stata «arbitraria», avendo Khelif valori che rispettano le soglie stabilite per competere con le donne. Il presidente del Cio Thomas Bach lo ha anche ribadito alla Meloni, durante un colloquio a Parigi avuto per parlare delle Olimpiadi di Milano-Cortina del 2026. All’Ansa Bach ha raccontato di aver parlato con Meloni anche del caso Khelif-Carini e di aver ribadito non solo che la pugile algerina è donna, ma che con Meloni hanno condiviso l’idea di divulgare di più il background scientifico delle linee guida, per fare maggiore chiarezza. Quindi un cambio di registro, rispetto alle sparate dei social, dove comunque la disinformazione e la strumentalizzazione di certi episodi ormai è quotidiana.