(ilpost.it, 6 settembre 2021)
Il 19 agosto 1812 il generale francese Charles Etienne Gudin fu colpito da una palla di cannone alla gamba sinistra, durante la campagna napoleonica in Russia. La gamba gli fu amputata ma la ferita andò in cancrena, e Gudin morì nel giro di tre giorni. Per più di due secoli il luogo dove fu seppellito rimase ignoto, finché nel 2019 la sua tomba fu rintracciata a Smolensk, vicino all’attuale confine con la Bielorussia, e si cominciò a organizzare il rimpatrio dei resti. I vertici diplomatici di entrambi i Paesi avevano previsto una cerimonia solenne, che avrebbe dovuto essere il simbolo del riavvicinamento di Russia e Francia e a cui avrebbero dovuto partecipare persino i presidenti Emmanuel Macron e Vladimir Putin.
Invece, i resti di Gudin sono stati trasportati in Francia lo scorso luglio su un aereo privato, accolti da una cerimonia sbrigativa presenziata solo da una ministra francese di secondo rango. Il New York Times ha ricostruito la storia di come il piano diplomatico di Francia e Russia si sia risolto in un sostanziale fallimento e ridimensionamento. Secondo Hélène Carrère d’Encausse, storica francese esperta di Russia, il caso del generale Gudin «rivela la complessità e la difficoltà» che ancora oggi hanno le relazioni tra i due Paesi. La tomba di Gudin fu scoperta da Pierre Malinowski, 34enne francese noto per essere stato tra le altre cose ufficiale nell’esercito e assistente di Jean-Marie Le Pen, il fondatore del partito di estrema destra Front National. Nel 2018 Malinowski aveva ricevuto un invito ufficiale alla celebrazione dell’inizio del quarto mandato di Putin, e pochi mesi dopo aveva inaugurato la Fondazione per lo sviluppo delle iniziative storiche franco-russe, a Mosca. Alla cerimonia aveva partecipato il portavoce di Putin, Dmitrij Peskov (sua figlia Yelizaveta Peskova è la vicepresidente della Fondazione). Tra i diplomatici francesi si sostiene da tempo che il governo russo utilizzi le figure dell’estrema destra francese in modo strumentale, per i propri interessi diplomatici. Ed è per questo motivo che quando, nella primavera del 2019, Malinowski avviò la ricerca dei resti di Gudin, il ministero degli Esteri francese accolse la notizia con preoccupazione, scrive il New York Times.
César Charles Etienne Gudin de La Sablonnière non era un generale qualsiasi, ma uno tra i più rispettati da Napoleone Bonaparte, che, all’epoca della morte di Gudin, era già imperatore dei francesi. Poco prima di essere ferito, Gudin stava marciando verso Smolensk, ed è lì che Malinowski trovò la sua tomba, sotto alle fondamenta di un locale notturno. All’interno c’era uno scheletro con una sola gamba, identificato grazie alla corrispondenza con il Dna di diversi discendenti del generale. Parlando con il New York Times, Malinowski ha detto che, quando capì di trovarsi davvero di fronte ai resti di Gudin, si inginocchiò bisbigliando: «Generale Charles Etienne Gudin, conte di La Sablonnière, ti riporterò a casa». Poco dopo il ritrovamento, il consigliere del presidente Macron in materie storiche, Bruno Roger-Petit, invitò Malinowski all’Eliseo – dove risiede il presidente – per discutere sul da farsi. Malinowski ha raccontato così il colloquio: «Entro nell’ufficio e [Roger-Petit] mi dice: “Mettere insieme Macron e Putin con un vecchio generale imperiale sarebbe fantastico”. È iniziato tutto così». Roger-Petit avrebbe voluto una specie di grande e solenne cerimonia funebre congiunta, possibilmente nel periodo del bicentenario di Napoleone, cioè lo scorso maggio. Questa ipotesi si era fatta molto concreta nel periodo successivo alla scoperta della tomba di Gudin: Macron quell’estate aveva invitato Putin nella sua residenza estiva, e a cena – secondo il racconto dell’ex ambasciatrice francese in Russia Sylvie Bermann – si era parlato proprio del rimpatrio dei resti del generale come un’occasione di «riavvicinamento».
Russia e Francia, dall’Ottocento in avanti, sono state nemiche prima e alleate poi; dopo la dissoluzione dell’Unione Sovietica i rapporti tra i due Paesi non sono mai stati particolarmente amichevoli, e spesso hanno seguito vie diplomatiche traverse e opache. Dopo il suo insediamento, Macron aveva mantenuto un approccio particolarmente duro, e da parte francese il rimpatrio dei resti di Gudin era visto probabilmente come un pretesto per un momento di distensione. Fino all’inizio del 2020 i piani per riportare Gudin in Francia sembravano procedere senza intoppi, con l’eccezione di potenziali ritardi dovuti alla pandemia da Coronavirus. Poi però ci fu l’avvelenamento di Aleksej Naval’nyj – il principale oppositore di Putin –, in cui, secondo le ricostruzioni più affidabili, fu implicata l’agenzia per la sicurezza interna russa. Tutta la questione del rimpatrio di Gudin diventò materia sensibile per il governo francese, e i contatti diplomatici tra i due Paesi si fecero più rari.
La richiesta ufficiale di rimpatrio da parte della Francia non arrivò più. In un messaggio che il New York Times ha potuto leggere, risalente allo scorso aprile, uno stretto consigliere di Macron consigliò a Malinowski di procedere per via privata, aggirando la diplomazia. Malinowski allora trovò un escamotage: chiedere il rimpatrio a nome di uno dei discendenti di Gudin, Alberico d’Orléans. Il 13 luglio i resti di Gudin sono stati infine imbarcati in un jet privato – appartenente a un oligarca russo vicino a Malinowski – e sono atterrati all’aeroporto di Le Bourget, vicino Parigi, senza omaggi ufficiali. Ha presenziato solamente la ministra con delega alle questioni legate alla memoria e ai combattenti veterani, Geneviève Darrieussecq, peraltro fatta arrivare all’ultimo momento. Anche se l’arrivo dei resti di Gudin è stato organizzato molto in sordina, Darrieussecq ha annunciato che il generale verrà seppellito il prossimo 2 dicembre a Les Invalides, dove c’è il mausoleo di Napoleone, nell’ambito di una cerimonia più ampia in cui verrà ricordata soprattutto la vittoria dell’esercito francese ad Austerlitz.