(nova.news, 3 luglio 2021)
Il team dell’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha lanciato una nuova piattaforma di social media, un’alternativa ai siti dei colossi tecnologici Usa, anche noti come “Big Tech”. Lo scrive il sito Politico, precisando che il debutto lascerebbe intendere che si tratti dell’alternativa a lungo promessa dall’ex presidente ai suoi sostenitori dopo essere stato bandito dalle principali piattaforme social come Twitter, Facebook e Instagram. Il sito, chiamato Gettr, spiega la sua missione come votata a “combattere la cultura dell’annullamento (cancel culture), promuovere il buon senso, difendere la libertà di parola, sfidare i monopoli dei social media e creare un vero mercato di idee”.
L’app sarà lanciata ufficialmente il 4 luglio, giorno dell’Indipendenza degli Stati Uniti. L’ex portavoce di Trump, Jason Miller, è a capo della piattaforma. L’ex portavoce della campagna elettorale di Trump, Tim Murtaugh, è coinvolto come consulente nell’app. L’ex inquilino della Casa Bianca ha cercato modi alternativi per interagire con la sua base on line dopo essere stato rimosso dalle tradizionali piattaforme social. Questa nuova impresa potrebbe anche sollevare domande sulla privacy, inclusa l’ipotesi che la piattaforma raccolga informazioni sui follower di Twitter dei suoi utenti. Lo scorso 28 giugno, un tribunale federale di Washington D.C. ha respinto due casi di Antitrust intentati contro Facebook dalle autorità federali e statali. Il giudice James Boasberg ha vanificato gli sforzi della Commissione federale per il Commercio (Ftc) e di alcuni Stati volti a limitare il dominio di Facebook sul digitale. Il gigante della Rete fondato da Mark Zuckerberg è accusato di usare il suo potere per soffocare la concorrenza, lasciando ai consumatori meno opzioni per i social media. La notizia è arrivata mentre i legislatori statunitensi hanno dato il via all’esame di un massiccio pacchetto legislativo che andrebbe a revisionare le leggi vigenti sull’Antitrust, nel tentativo di frenare lo strapotere di Google, Amazon, Apple e Facebook. L’obiettivo è quello di impedire ai giganti della tecnologia di imporre i propri prodotti on line, costringendoli a interrompere parte delle loro attività. Le misure in fase di discussione prevedono, nei casi più estremi, lo spacchettamento delle società della Silicon Valley, che stanno tentando di difendersi da quello che considerano un attacco alla loro autonomia. I legislatori scettici possono proporre emendamenti ai disegni di legge o opporsi alle misure a titolo definitivo.
La mossa riflette una crescente preoccupazione da parte dell’amministrazione del presidente Joe Biden per lo strapotere delle grandi aziende tecnologiche. Le proposte hanno ottenuto il sostegno di entrambi i partiti, unendo i democratici – preoccupati per le attività fuori controllo delle Big Tech – ai repubblicani, che temono il potere delle piattaforme di controllare i contenuti on line. I giganti del web stanno tentando di arginare i provvedimenti, che dal loro punto di vista rischiano di limitare le possibilità di innovazione e di mettere gli Stati Uniti in una posizione di svantaggio nella competizione economica con la Cina. Il 16 giugno scorso, la Casa Bianca ha confermato che Lina Khan, nota per le sue posizioni critiche nei confronti dei colossi digitali statunitensi, è stata nominata presidente della Commissione federale per il Commercio (Ftc), l’agenzia statunitense che assieme al dipartimento di Giustizia si occupa dell’Antitrust. Khan, 32enne docente di Economia all’università di Rochester, va ad assumere la guida della Ftc, in un momento in cui l’agenzia sta portando avanti un processo per Antitrust contro Facebook e mentre i legislatori cercano di rinnovare le leggi per dare all’agenzia maggiori strumenti per tenere a freno il potere di mercato dei giganti della tecnologia.
Il tema dell’influenza dei colossi digitali sulla politica e la società statunitense è emerso già prepotentemente durante l’amministrazione dell’ex presidente Donald Trump, bandito dai principali social dopo aver ripetutamente affermato che le presidenziali del 3 novembre 2020, vinte da Biden, erano state macchiate da brogli elettorali. L’ex inquilino della Casa Bianca è stato estromesso dopo la rivolta del 6 gennaio, quando un gruppo di suoi sostenitori fece irruzione al Campidoglio degli Stati Uniti per interrompere la certificazione del voto. Dopo il blocco, Trump ha parlato più volte di “attacco alla democrazia”, denunciando i colossi del web come responsabili di aver silenziato un presidente votato da milioni di cittadini statunitensi.