di Raffaele Alberto Ventura (esquire.com, 25 maggio 2022)
Da pochi giorni è disponibile su Spotify il radiodramma Batman: un’autopsia, che sicuramente colpisce fin dal trailer per la qualità quasi cinematografica della realizzazione. La vita non è abbastanza lunga perché io mi metta ad ascoltarlo per intero, soprattutto quando ci sono ancora tanti bei fumetti da leggere, ma la premessa di partenza è sorprendente: qui Bruce Wayne, invece di godere nell’ozio del suo ingente patrimonio, svolge la professione di medico legale. Prova che persino gli elementi più essenziali dell’universo del cavaliere oscuro possono essere smontati e rimontati, fintanto che permane la sua indefinibile sostanza. In ottant’anni di avventure il personaggio di Batman ha vissuto innumerevoli trasformazioni, attraversando uno spettro che va dal grottesco al realistico, e tuttavia ha conservato un’identità forte che lo rende riconoscibile tra tutti.
Lo stesso vale per la città in cui, dal 1940, sono ambientate le sue avventure: Gotham City. E spesso viene il sospetto che la sostanza che permane dietro le innumerevoli trasformazioni del personaggio sia quella sua città mattissima e spaventosa. Calcata su New York, di cui Gotham era uno dei soprannomi, la città del magnate Bruce Wayne si presenta fin dall’inizio come una metafora della metropoli contemporanea. In tutte le sue incarnazioni fin dalla cosiddetta “golden age” del fumetto, Gotham City appare come una città disfunzionale, caratterizzata da vistose ineguaglianze e da un pesante degrado. La sua ultima interpretazione, particolarmente oscura e pessimista, è quella del regista Matt Reeves nel film The Batman (2022), la cui trama gira attorno a un ambizioso piano di rinnovamento della città, un Pnrr che fa gola agli speculatori.
La geografia di Gotham City
La città ha ispirato nell’ultimo decennio un numero straordinariamente alto – soprattutto per una città immaginaria – di articoli e paper scientifici, nelle più svariate discipline. Degli ingegneri ne hanno addirittura studiato accuratamente la resilienza quartiere per quartiere. Forse perché la città di Batman estremizza le caratteristiche che associamo alla metropoli novecentesca, assieme alle varie esternalità negative individuate dalla letteratura sociologica e urbanistica: ineguaglianze, corruzione e soprattutto una pervasiva criminalità.
Secondo la definizione dello sceneggiatore Dennis O’Neil, «Gotham City è Manhattan sotto la Quattordicesima strada, dopo mezzanotte, nella notte più fredda di novembre». Ma la città cambia molto nel corso degli anni, come testimoniano gli adattamenti cinematografici: se l’ultimo film è effettivamente girato a NY come già la serie tv Gotham, la città del Batman di Tim Burton era interamente ricostruita in studio a Londra a partire dai disegni dell’architetto Hugh Ferriss, mentre gli esterni dei successivi film di Christopher Nolan erano stati girati a Chicago, restituendo un’atmosfera moderna e asettica.
Malgrado qualche differenza d’interpretazione, le avventure del cavaliere oscuro attraversano una serie di luoghi caratteristici: la Wayne Tower, il Wayne Manor, la cosiddetta Crime Alley, la vecchia cattedrale, il commissariato, il municipio, il tribunale, il manicomio di Arkham, il penitenziario, il luna-park, la fabbrica di prodotti chimici, le fogne eccetera. Alla fine degli anni Novanta, gli autori del fumetto hanno disegnato una mappa dettagliata della città, che da allora è stata rispettata e puntualmente aggiornata, con le sue quattro isole collegate: Uptown, Midtown, Downtown, e la più piccola Arkham Asylum. La città inizia a essere teatro di minacce catastrofiche su larga scala, epidemie, e frequentemente si mette in scena quel che succederebbe isolandola dal resto degli Stati Uniti.
Una città che cambia
Fin dagli anni Quaranta le indagini di Batman erano servite da pretesto per una descrizione tra il documentaristico e il pittoresco dei bassifondi e della vita notturna della metropoli, proprio come nel cinema noir dell’epoca. Ma bisognerà attendere la fine degli anni Settanta perché Gotham inizi a diventare davvero protagonista. In quegli anni, alla fine della cosiddetta “silver age”, ci si allontana dalle atmosfere camp del decennio precedente alla ricerca di un maggiore realismo.
Emerge chiaramente l’idea di una città in decadenza, nelle cui strade del centro un tempo fiorenti si aggirano piccoli criminali e disperati. Gotham City appare così come uno spazio in disfacimento, simbolo del pessimismo di una società che sta uscendo dagli anni del miracolo economico, in maniera simile a come venivano messe in scena le metropoli americane in film come Il braccio violento della legge (1971), Il giustiziere della notte (1974) o I guerrieri della notte (1979). Negli anni Novanta acquista maggiore centralità il tema della criminalità organizzata di stampo mafioso, incarnata dalle famiglie rivali dei Falcone e dei Maroni, che ritroviamo nel film di Matt Reeves.
Ma gli anni Novanta sono stati anche segnati dall’influenza del primo capolavoro cinematografico dedicato all’uomo pipistrello, quel Batman di Tim Burton che imponeva il suo immaginario a metà tra il Gotico e l’Art Déco, poi attribuito nei fumetti all’opera di un architetto pazzo di fine Ottocento. A Gotham non è più marcia soltanto la geografia, ma anche la storia. Gli sceneggiatori ne svelano poco a poco gli anfratti più oscuri, fino a scoperchiare il vaso di Pandora: le colpe della stessa famiglia Wayne, con cui Bruce deve imparare a fare i conti.
La Capitale del crimine
A Gotham City convivono in maniera vistosa la ricchezza e la povertà, il privilegio e la marginalizzazione. Nelle avventure di Batman la criminalità si presenta sotto tre forme: microcriminalità, criminalità organizzata e quella che potremmo chiamare “super-devianza”. Le tre forme, che inevitabilmente si compenetrano, sono presenti fin dalle prime storie, ma in proporzioni diverse. Gotham appare come una città in cui la polizia non è in grado di far fronte all’illegalità senza appoggiarsi a un vigilante dotato di uno straordinario acume investigativo, di un arsenale di armi potenti e di un’aura di terrore coltivata meticolosamente.
La microcriminalità fa da sfondo: sono i banditi che il cavaliere oscuro affronta senza troppe difficoltà, solitamente nell’introduzione degli episodi, per presentare il personaggio e la città, ma anche l’assassino dei suoi genitori in un vicolo. La criminalità organizzata, nei suoi torbidi rapporti con la politica, la polizia e il mondo imprenditoriale, è una malattia che erode la città malgrado l’idealismo di alcuni eroi isolati come Bruce Wayne, il commissario Jim Gordon o il procuratore Harvey Dent. Tuttavia i veri nemici ricorrenti sono dei personaggi eccentrici come il Pinguino, Joker o l’Enigmista, che si presentano da principio come boss criminali, al capo di organizzazioni votate al furto o al ricatto, e poi sempre più chiaramente, a partire dagli anni Ottanta, come dei devianti, terroristi e assassini di massa.
È dal quel periodo, che coincide con la cosiddetta “dark age” dei comics americani, che emerge anche l’idea che questa devianza generalizzata sia in qualche modo causata dalla stessa presenza di Batman e dalla sua ossessiva lotta contro il crimine. La repressione violenta operata dal vigilante mascherato spinge alcuni individui fragili alla follia, alla trasformazione o alla vendetta. Ma le responsabilità di Wayne non finiscono certo qui.
Rilancio o inganno?
Nelle storie di Batman non conosciamo soltanto l’eroe e i cattivi, ma l’intera galleria delle figure istituzionali: commissario, capo della polizia, procuratore distrettuale, sindaco, politici rivali. Le trame girano spesso attorno a qualche tema sociale, una campagna elettorale, un processo, e il film di Reeves porta tutto questo all’estremo. La promessa di un “piano di rinnovamento” della città, che dovrebbe risolvere i suoi problemi, fa da sfondo a The Batman. Ma il leitmotiv che emerge è un altro: “Renewal is a lie”. Perché ogni rilancio attira gli speculatori e alimenta la corruzione. Il tema era già ricorrente nei fumetti e nella serie tv Gotham, con una trama che girava attorno alla ricostruzione di un quartiere della città, coinvolgendo le organizzazioni mafiose e la stessa famiglia Wayne.
I problemi di Gotham appaiono irrisolvibili perché strutturali. Discendono tutti dallo squilibrio evidente tra una ricchezza altamente concentrata (di cui Wayne è simbolo) e una miseria generalizzata. Fin dalla “golden age” il fumetto denunciava i determinismi sociali che portavano gli individui dalla povertà al crimine. La tragedia di Batman è quella di Edipo Re, cieco alle sue stesse colpe. Wayne ignora i segreti di famiglia e le operazioni losche alle quali deve il patrimonio con cui finanzia il suo progetto di monopolio privato della violenza.
Sono queste ingiustizie strutturali, ce lo raccontava già il Joker di Todd Phillips nel 2019, a spingere alcuni gotamiti alla follia. In tutti i film recenti, i super-criminali nascono per vendicare un torto subìto, reagiscono alla ferita inferta loro dalla città. Proprio come Batman. Gotham City non è solo una città, non è solo una metafora: è il modello più perfetto di quel processo sociale che distilla il risentimento dall’ineguaglianza, e poi la violenza dal risentimento.