di Kara Swisher (The New York Times / linkiesta.it, 18 aprile 2022)
Jaron Lanier è da molto tempo nella Silicon Valley. Persino più di me. E io sono davvero vecchia. Ha fatto la sua prima apparizione negli anni Ottanta ed è stato uno dei primi pionieri della Realtà Virtuale. Ma, nel corso degli anni, è diventato uno dei maggiori critici del mondo tech e in particolare delle aziende che gestiscono i social media, e cioè degli «imperi della modificazione dei comportamenti» come a lui piace definirle. Jaron attualmente lavora per Microsoft, che ha puntato tutto sulla corsa globale per costruire il metaverso. E non è da sola. Facebook, Snap, Epic, Roblox e altri ancora stanno cercando di rivendicare un loro ruolo. Ma, anche con tutte queste aziende che stanno riversando miliardi di dollari nella corsa al metaverso, non è ancora chiaro come questo sarà in realtà né se le persone lo useranno mai.
Per questo volevo parlare con Jaron di questo e del perché la visione di Mark Zuckerberg potrebbe non prevalere. Credo di voler iniziare parlando di social media. Ovviamente, l’ultima volta che ne abbiamo discusso insieme è stata dopo l’uscita del tuo libro del 2018 che si intitolava, non so se potete crederci, Dieci ragioni per cancellare subito i tuoi account social [la cui traduzione in Italiano è stata pubblicata dal Saggiatore, N.d.R.].
Tu stesso non hai alcun account sui social media. Quindi mi piacerebbe sentire una riflessione intorno a quel tuo libro, perché era piuttosto in anticipo ed è stato predittivo di molte cose.
Jaron Lanier
È buffo, perché a me non sembra che fosse così in anticipo. E, per certi versi, le cose non sono molto cambiate da quando ho scritto quel libro, perché il mondo è ancora stretto in una morsa perversa dagli algoritmi di un piccolo numero di aziende, che operano con questo curioso business model in base al quale esse guadagnano soldi da persone che sperano di manipolare altre persone usando tecniche per modificare i comportamenti. E questa è una così bizzarra e strana e oscura svolta nella storia umana… Certo, questa cosa era stata già immaginata in certa fantascienza cupa. Ma vederla accadere nella realtà è stata la tragedia della mia carriera e di tutta la mia generazione di scienziati dell’informatica. Perfino le nostre discussioni su come provare a uscire da questa situazione tendono a essere danneggiate dalla situazione stessa in cui ci troviamo.
Kara Swisher
Perché?
Lanier
Beh, voglio dire, penso che lo schema sia questo: le persone tendono ad assumere alcune delle peggiori caratteristiche che sono connesse alla costante eccitazione di quello che possiamo chiamare “cervello rettiliano”. Diventano un po’ più irritabili, vanesie, sprezzanti, chiuse nella propria tribù, sdegnose, sgarbate. E, più di ogni altra cosa, diventano paurose. Per certi versi, proprio codarde. E quando tutto questo succede nell’ambito di cui stiamo parlando, e quindi nei social media, si sviluppa una sensazione che potremmo definire di meta-disperazione.
Swisher
Fra poco arriviamo al metaverso. Sì, ci arriveremo, Jaron, non ti preoccupare. Ma prima voglio parlare ancora per un momento dei social media. Quindi tu non sei mai stato sui social media. È così?
Lanier
Dobbiamo tornare indietro fino a un momento in cui non esisteva ancora l’espressione social media o addirittura fino a un momento in cui non esisteva il Web. Dobbiamo tornare agli anni Settanta, al periodo in cui sono stati progettati alcuni prototipi tipo Usenet di cui magari qualcuno si ricorda. Era qualcosa di simile a quello che oggi definiremmo un thread. Le prime versioni erano abbastanza grezze. C’era una divisione per argomenti. Ma non c’era niente di simile a “pollice su” o “pollice giù”. Anche lì, però, abbiamo avuto l’esperienza di un’amplificazione del cervello rettiliano, perché le persone si incazzavano di più di come avrebbero fatto in altre circostanze. Io ho deciso molto presto che non sono perfetto. E mi preoccupa usare qualcosa che tiri fuori il peggio di me. Così nella mia vita, per la stessa ragione, ho fatto anche altre scelte analoghe. Ad esempio, non bevo alcolici. Ed è una scelta insolita. La gran parte delle persone beve alcolici. Ma ho intuito che per me non sarebbe stata una buona cosa: non avrebbe tirato fuori il meglio di me, ma il peggio. Quindi semplicemente non bevo. E ho la stessa sensazione, ma ancora più forte, per quello che concerne i progetti on line guidati dagli algoritmi. Ma non avevo mai pensato che potessimo essere perversi al punto che il principale business model di alcune delle maggiori aziende del mondo potesse essere il rendere le cose peggiori. È una cosa semplicemente sconvolgente.
Swisher
La gente utilizza un sacco di diverse tecnologie. In questo caso che cosa c’è di diverso? Perché con queste tecnologie – userò l’espressione social media, ma potrei usarne molte altre, e potrebbe trattarsi di Usenet, di Facebook o di qualsiasi altra cosa – entra in gioco il cervello rettiliano? Come mai succede questo, secondo te?
Lanier
Beh, voglio dire, il problema si notava anche con tecnologie come Usenet, ma non si trattava di qualcosa che potesse minacciare la civiltà. Ciò che ha peggiorato le cose è quell’elemento a cui io sono particolarmente contrario. Sto parlando dell’utilizzo di un ciclo di retroazione attraverso cui qualcosa che uno ha fatto nel passato possa influenzare quello che gli si fa vedere nel presente allo scopo di modificare il suo comportamento nel futuro. Questa cosa si chiama modificazione dei comportamenti. Ed è studiata da scienziati che si chiamano comportamentisti. I due più famosi sono probabilmente Ivan Pavlov e B.F. Skinner. Insomma, si tratta di mettere un animale – nel caso di Skinner forse un piccione o un topo – in un circolo di retroazione e di allenarlo a fare qualcosa. E quando fa quello che si voleva che facesse lo si premia. E quando fa qualcosa che non si voleva che facesse gli si dà invece una scossa elettrica o un qualche altro tipo di punizione. Per il momento nel mondo dei social media non ci sono ancora scosse elettriche o erogatori di dolcetti, ma ci potremmo arrivare.
Swisher
Beh, lì ricevi i “mi piace” e i “non mi piace”.
Lanier
Esatto: ricevi dolore e piacere sociale. L’essere respinti, umiliati, isolati eccetera corrisponde alle scosse elettriche. Mentre gli eventuali like e quei riconoscimenti che danno la speranza di diventare in qualche modo virali – ecco, quelli sono i dolcetti di premio.
Swisher
Le persone dovrebbero quindi rinunciare ai social media? In sostanza, siamo tutti dei maledetti piccioni dentro una scatola? Voglio dire, ci sono anche degli aspetti positivi. Come l’organizzazione delle proteste in seguito all’assassinio di George Floyd. Alcune cose che riguardano la mobilitazione sono importanti.
Lanier
Credo che sarebbe insensato negare che ci siano anche degli aspetti positivi. E, fra questi, quello che preferisco è la possibilità per le persone affette da malattie rare di trovarsi e di confrontarsi fra loro. Questo prima non era possibile. Ma bisogna dire che tutte queste buone cose avrebbero potuto succedere anche senza la dominazione dell’algoritmo. Si potrebbero avere tutti gli aspetti positivi di Internet e tutte le cose buone che associamo ai social media, e che in effetti esistono, senza questo assurdo business model. Ed è per questo che trovo che siano destituite di fondamento molte delle riflessioni del tipo che, beh, dobbiamo sopportare che Facebook stia rendendo il mondo più cupo e più folle perché abbiamo bisogno di questa o di quell’altra cosa. Questo non è assolutamente vero.
Swisher
Parlaci un po’ di questo. Una delle tue tesi è che gli utenti dovrebbero in realtà pagare per cose come le ricerche su Internet e i social network. Spiegaci. Perché questa è una cosa inevitabile?
Lanier
Si tratta del modello economico alternativo che si poteva applicare a Internet e a cui io, come molti altri, ero interessato. Si chiama data dignity. E dico questo per non iniziare subito a parlare di cose-per-le-quali-devi-pagare. Che poi, peraltro, questa è una cosa che le persone hanno sempre fatto: la gente per esempio paga il New York Times, tanto per fare un esempio che dovresti conoscere.
Swisher
Sì, ne ho sentito parlare…
Lanier
Ma anche nel mondo del gaming capita spesso di pagare. Ci sono un sacco di cose per le quali la gente paga, e le va bene così. È solo che abbiamo stabilito che altre cose, come le ricerche su Internet o la condivisione di video secondo il modello di YouTube, debbano invece essere gratuite. E, naturalmente, anche i social media così come li conosciamo. Ora, la situazione è questa: il motivo per cui queste cose sono gratuite è il fatto che vengono barattate in cambio delle informazioni sulle persone che le usano. E questi dati valgono molto. I dati sono la materia prima che ha alimentato le aziende più grandi. E non c’è alcuna ragione particolare per la quale non si dovrebbe pagare per avere queste informazioni. Quindi, in altre parole, la domanda è: perché le persone non vengono pagate? È interessante notare che Facebook ha ripetutamente fatto dichiarazioni su quanto questo sarebbe inutile, come se si trattasse di una tesi che è al centro del dibattito. Il fatto che giochino d’anticipo dimostra che forse non è una tesi che è al centro del dibattito ma che è una tesi buona, efficace e, di fatto, corretta. Quindi, si stanno già posizionando per cercare di combatterla proprio perché è corretta.
Swisher
A questo riguardo ho interpellato Steve Case. Si trovava a un incontro per investitori. Lui diceva: «Noi attraverso i dati guadagniamo 10 dollari per ogni persona» eccetera. Allora io ho alzato la mano e gli ho chiesto: «E dove sono i miei 5 dollari? Capisci che cosa voglio dire?». E tutti hanno riso, ma io stavo pensando tipo…: «Ma perché ci vendiamo per così poco? Perché ci accontentiamo di ricevere in cambio soltanto la vostra roba gratis? Perché siete voi che vi prendete tutti i vantaggi, mentre noi…».
Lanier
Sì. Voglio usare una metafora. Ho grande interesse per un certo W. Edwards Deming, che molti decenni fa aveva sviluppato l’idea secondo cui le fabbriche avrebbero migliorato la qualità della loro produzione se avessero raccolto informazioni sul campo e se avessero quindi potuto contare su dati statistici. E quest’idea si è poi sviluppata in quello che si definisce quality movement. Una delle cose interessanti su Deming è che lui voleva che i dati e i riscontri raccolti sul campo non andassero soltanto ai proprietari della fabbrica e ai capo-ingegneri ma anche agli operai, perché secondo lui erano loro ad avere una visione precisa su come stavano andando davvero le cose. Ed erano loro quelli che avrebbero saputo come prendere questi dati e trasformarli in un prodotto migliore. Ora, per analogia, quello che sta succedendo oggi è che aziende come Google o come Meta stanno ottenendo gratuitamente tutti questi dati da persone che non ne capiscono né il significato né il valore e li stanno trasformando in questi algoritmi che sono perlopiù adoperati per manipolare quelle stesse persone. E questa è più o meno la stessa cosa che accadeva in fabbrica prima che Deming facesse la sua apparizione. Ma non c’è un motivo al mondo per il quale le persone che producono queste informazioni non siano coinvolte nel gioco e messe nelle condizioni di renderlo migliore.
Swisher
Giusto.
Lanier
E chissà che questa cosa – e cioè semplicemente il fatto che ci sia una partecipazione di molte più persone interessate – non si riveli il modo giusto di sistemare dei problemi apparentemente irrisolvibili, come ad esempio i bias negli algoritmi dell’Intelligenza Artificiale e così via. Secondo me questa cosa potrebbe avere senso e potrebbe funzionare se le persone concedessero in licenza i loro dati. Ma non come singoli individui. Dovrebbero unirsi in organizzazioni. La ragione per cui dico questo è che bisogna evitare una deriva verso battaglie di singoli che non sarebbero economicamente sostenibili. Le persone si dovrebbero riunire. Così queste entità collettive sarebbero un difensore diretto che ciascuno avrebbe on line. Voglio dire, c’è una cosa pazzesca che risale all’epoca medievale e che si chiama rapporto fiduciario. E questo significa che se c’è qualcuno che ha delle conoscenze e delle informazioni che sono molto rilevanti per te e tu paghi questa persona, allora questa persona deve giurare di mettere i tuoi interessi davanti a tutto. Lo fanno i dottori. Lo fanno gli avvocati.
Swisher
L’obbligo fiduciario. Ecco da dove viene.
Lanier
Esatto, l’obbligo fiduciario. E Internet va al di là della comprensione di chiunque. Nessuno capisce gli accordi che si accettano con un click, nessuno capisce che cosa succeda ai suoi dati. Eppure per noi queste cose sono importanti. Per la prima volta ci sarebbe un corpo intermedio nella posizione di difendere gruppi di persone attraverso un potere che coincide anche con uno strumento di finanziamento.
Swisher
E quindi come si fa? Qual è il modo in cui oggi le persone dovrebbero interagire con la tecnologia e i social media? Perché sono ovunque, e difficili da evitare. E, naturalmente, durante la pandemia sono diventati ancora più difficili da evitare. O magari uno non li vuole evitare, perché semplicemente non gli va di farlo. Io stessa, ad esempio, non uscirò da Twitter. Mi diverte. Mi fornisce un piacevole intrattenimento sotto diversi punti di vista.
Lanier
E la cosa buffa è che io in Twitter non ci entrerò mai. Con tutto che mi piace Jack Dorsey e che penso che stia davvero cercando una strada nel labirinto per migliorare le cose [nel momento in cui si è svolta questa conversazione, Dorsey era ancora il ceo di Twitter, carica che ha nel frattempo lasciato, N.d.R.]. Perché non si tratta di denigrare le altre persone, ma si tratta di fare scelte personali basate sulle proprie priorità. E una delle cose che ho scritto nel libro su Le dieci ragioni è che non dirò a nessuno che cosa debba fare. Io non dico che dovete cancellare i vostri account. Se siete davvero sicuri che, qualora cancellaste i vostri account, la vostra vita ne risulterebbe danneggiata, allora a nessuno serve che danneggiate la vostra vita. Ma devo dirvi che qui c’è qualcosa di sospetto. Perché io vendo libri. Vengo interpellato dai media. Ho una vita che probabilmente è simile a quella che potrebbe avere un qualunque influencer di successo o qualcosa del genere. Eppure non ho account sui social media. Certo, potrei essere un’eccezione. Ma, d’altra parte, devo dire che non posso essere chissà che eccezione: non sono una persona giovane in bikini. Non cerco di essere trendy. Eppure, le cose funzionano comunque. Per questo ogni tanto penso che molte persone abbiano investito in un’illusione e che stiano correndo su questa ruota per criceti a vantaggio di altri, anche se, di fatto, se scendessero da quella ruota, la loro carriera non ne risentirebbe. Non sono sicuro di quanto questo sia vero o perlomeno di quanto spesso sia vero, perché è molto difficile sottoporre a verifica una simile idea. Ma ho davvero il forte sospetto che moltissimi di noi siano intrappolati in questa ruota per criceti e che otterremmo le stesse cose anche senza stare nella ruota. Ci scommetterei.
Swisher
Ma lascia che ti chieda una cosa. Tu, all’inizio, eri partito con una grande eccitazione per le possibilità che c’erano. Io e te abbiamo parlato tante volte e molto, molto, molto a lungo di queste possibilità. Ma poi nel 2011 hai detto: «Sono deluso dal modo in cui Internet si è sviluppato negli ultimi dieci anni». Quindi, parliamo un po’ delle possibilità che all’inizio avevano suscitato le tue speranze. Perché se ora siamo al cervello rettiliano, a quei tempi, invece, avevi delle speranze. Quali erano?
Lanier
Sì, beh, insomma, probabilmente il picco del mio ottimismo si è verificato negli anni Ottanta, quando stavo presentando al mondo il concetto di Realtà Virtuale. E quello che vedevo nella Realtà Virtuale era un qualcosa che, almeno in potenza, avrebbe potuto essere meravigliosamente positivo per il mondo. E credo ancora che lo possa essere, e che forse lo sarà. Ho sempre visto la Realtà Virtuale come un modo per avere un termine di paragone e per apprezzare finalmente quanto sia splendida la realtà che abbiamo. È così facile per noi dare per scontato quello che abbiamo. Ma se hai trascorso un po’ di tempo nella Realtà Virtuale e poi vai in una vera foresta, penso che sarai capace di amare quella foresta in un modo più viscerale di quanto tu non potessi pensare. E si possono fare moltissimi esempi di questo tipo. Anche soltanto guardare qualcun altro in faccia è stupefacente dopo che sei stato per un po’ nella Realtà Virtuale.
Swisher
Quindi la tua speranza era che la Realtà Virtuale avrebbe consentito alle persone di apprezzare entrambe le cose, l’analogico e il digitale.
Lanier
E poi avevo anche un’altra speranza… Anche allora ci si faceva questa domanda, e cioè che cosa sarebbe successo se l’automazione fosse diventata davvero efficiente e se la vecchia idea del lavoro non fosse più stata così necessaria. E io avevo questa idea che gradualmente l’economia e, più in generale, la civiltà si sarebbero spostate dalla necessità alla creatività. Verso una situazione in cui ci sarebbero stati sempre più artisti o comunque in cui le persone si sarebbero dedicate a un’attività artistica intesa in un senso molto estensivo. Pensavo che mano a mano sarebbero stati disponibili e utilizzabili sempre più tipi di robot e sempre più tipi di software, e che quindi le persone avrebbero creato un’economia basata sull’accrescimento dell’intelligenza, sull’accrescimento della profondità della comunicazione e, semplicemente, sull’accrescimento della bellezza. Perché no? Che cosa ci sarebbe stato di sbagliato in tutto questo? E vorrei anche spiegare come, sempre a quei tempi, l’unico modo di pensare a un futuro a lungo termine per le persone fosse immaginare un’economia basata sulla creatività o una sorta di economia statica in una bolla. L’alternativa era un’economia temporanea in cui avremmo distrutto noi stessi e ci saremmo consumati fino alla morte. Perché perfino allora avevamo già capito che ci sarebbero stati dei limiti. E dire che non conoscevamo ancora i dettagli relativi al cambiamento climatico…
Swisher
Dei limiti fisici rispetto a quello che stavamo facendo al pianeta…
Lanier
Esatto. Per qualunque scienziato o ingegnere è una cosa semplicemente ovvia. Invece non c’è alcuna ragione per la quale dovrebbero esserci limiti culturali. Non c’è ragione per la quale l’umanità non possa diventare sempre più profonda, per sempre. E quindi pensavo alla Realtà Virtuale come a un piccolo tassello della speranza in un’eterna creatività.
Swisher
Ora vorrei che parlassimo dell’idea di metaverso. Dicci che cos’è per te e poi dicci che cosa pensi di ciò che Facebook ha dichiarato nella sua recente presentazione.
Lanier
Beh, probabilmente, per molti versi, le prime implementazioni del metaverso le ho condotte io. Per esempio, ho realizzato la prima esperienza di Realtà Virtuale multi-persona con visori, che è, di fatto, ciò che l’espressione “Realtà Virtuale” significava in origine. E mentre ascoltavo le parole di Mark Zuckerberg avevo come l’impressione che qualche megalomane avesse preso la mia roba e l’avesse sottoposta a un filtro di autoesaltazione. Insomma, è stata una cosa stranissima. Al riguardo, ho sempre pensato che ognuno avrebbe voluto emergere e che ci sarebbero stati cento milioni di microimprenditori che avrebbero fatto le loro piccole cose, qui e lì. E non che ci sarebbe stato un qualche dominatore assoluto.
Swisher
Sì, abbiamo già parlato di questa tua idea e del fatto che pensavi che ci sarebbero state molte diverse aziende. Anche sul metaverso la tua visione non è dissimile: pensavi che ci sarebbero stati questi mondi virtuali, che poi sarebbero entrati nei mondi reali o si sarebbero mescolati a essi. Ma pensavi che sarebbero stati creati da molte persone diverse e che poi la gente si sarebbe mossa attraverso questi mondi. Questa era la tua visione di che cosa fosse un metaverso. Quindi di fatto ti senti come se Mark lo avesse messo in un frullatore, nel suo frullatore, e lo avesse tritato in una strana maniera. Da quel che possiamo vedere finora, il suo metaverso è come una turbo-ruota per criceti?
Lanier
Una cosa da dire al riguardo è che le dichiarazioni di Facebook, e ora di Meta, non sembrano del tutto coerenti, se ne sai davvero di questi argomenti. Ad esempio, mostrano molti scenari in cui in realtà non ci sarebbe alcun posto dove mettere i sensori o i display per abilitare quegli scenari. È una strana versione disincarnata della Realtà Virtuale visto che ogni implementazione di una Realtà Virtuale ha bisogno di sensori e di display per poter funzionare. Ma loro hanno un modo di presentare le cose che è come se si fosse in un film di fantascienza e non si dovessero davvero realizzare le cose.
Swisher
Questo è un modo carino per dire che non funziona.
Lanier
Beh, insomma, qualche sua versione potrebbe funzionare. Semplicemente, è strano che non sentano il bisogno di risolvere problemi basici di geometria e di fisica e di ingegneria che davvero non saranno eludibili. Ora, uno potrebbe dire: «E chi se ne importa? Sono solo dettagli». Ma il fatto è che questi dettagli sono quelli che determineranno come sarà l’esperienza.
Swisher
C’è poi un’altra cosa riguardo alla presentazione di Mark Zuckerberg: molte persone l’hanno percepita come se si trattasse di land grabbing, come se Facebook stesse tentando di autodichiararsi leader del metaverso, benché a questa stessa cosa ci abbiano lavorato anche altri, te compreso: Roblox ci sta lavorando e ci stanno lavorando anche Snap, Epic e Amazon. Chi è che ha un vantaggio competitivo?
Lanier
Allora, vorrei azzardare questa ipotesi: se Tim Cook [l’amministratore delegato di Apple, N.d.R.] non avesse iniziato a bloccare l’accesso di Facebook ai dati gratuiti, la creazione di quella cosa che si chiama Meta non sarebbe mai avvenuta. Io penso che Meta sia questa cosa qui: “A questo giro non abbiamo un device periferico capace di ottenere dati. Quindi dobbiamo vincere la prossima guerra dei device, in modo da poter poi ottenere quei dati. E, ah, sarebbe bello anche se avessimo degli smart speakers e degli strumenti per la domotica eccetera, ma quelle cose le ha Amazon. E allora andiamo con i visori”. Io penso che alla fine si tratti di questo: devi possedere un tuo edge device per avere il potere di rendere la tua cloud buona o cattiva. E, a quanto pare, loro vogliono renderla cattiva, e quindi hanno bisogno di avere un device che attualmente non hanno.
Swisher
Questo è divertente.
Lanier
Io… Sì, scusa, io non dovrei dire questo… Da parte mia, è un po’ fuori dalle righe… Non dovrei parlare in questo modo di un’altra azienda. Ma non c’è un’altra azienda della Silicon Valley che abbia avuto una simile processione di dirigenti che se ne sono andati spinti da profondi rimorsi. Insomma, è un caso unico. Credo che Facebook sia sottovalutata rispetto a quello che fa. Perché, in sostanza, Facebook sta gestendo le identità per Internet, e questa è una funzione che ha un grande valore. Quindi, in un regime di data dignity penso che Facebook raddoppierebbe o triplicherebbe molto rapidamente il suo valore. Quindi io non sono anti-Facebook per partito preso. E sono anche favorevole all’idea che chi ha investito nel settore tecnologico venga premiato economicamente per questo. Ma penso che Facebook abbia un business model terribile. Credo che abbia abbastanza successo perché quelli che ci investono pensino che stia andando bene. Ma io ritengo che sia ben lontana dall’andare bene come potrebbe e che si stia lasciando sfuggire l’occasione di trarre ulteriori vantaggi che sarebbero alla sua portata.
Swisher
Sì, lo pensano in molti.
Lanier
A me piace l’idea che Facebook vada bene. Voglio solo che vada bene grazie a un piano aziendale che non si basi sul danneggiare l’umanità. Insomma, mi pare una richiesta ragionevole.
Swisher
L’azienda per cui lavori, Microsoft, ha annunciato a sua volta che sta creando un metaverso. Queste sono le parole del ceo, Satya Nadella, nel video di presentazione: «Non si tratta più di guardare con una telecamera l’interno di una fabbrica: tu puoi essere in quella fabbrica. Non si tratta più di fare una videochiamata con i colleghi: tu puoi essere con loro nella stessa stanza». Ci puoi spiegare in che cosa differisce questo metaverso da quello di Facebook? Di che cosa stava parlando Nadella?
Lanier
Discutendo con te come singolo individuo, vorrei esprimere il mio pensiero con assoluta libertà, però io…
Swisher
Lavori per Microsoft.
Lanier
Sì. Penso che il fulcro dell’attività di Microsoft sia la vendita di prodotti e servizi. E che il referente centrale siano le imprese – e questo significa business. La cosa davvero bella di tutto questo è che ti mantiene onesto. Se qualcun altro ci sta mettendo i suoi soldi, è meglio che tu gli dia qualcosa che valga quei soldi. Non c’è niente di ambiguo. Non è una cosa del tipo: “Ehi, noi te lo daremo gratuitamente, ma poi ti inganneremo con quest’altra cosa”. È molto concreto. Quindi possiamo migliorare un’attività attraverso la Realtà Aumentata? Sì. In questo campo le aree in cui ho lavorato di più sono state probabilmente la simulazione chirurgica e poi le simulazioni relative ai veicoli. E hanno avuto davvero successo. Insomma, molto tempo fa, lavorando con Joe Rosen e Ann Lasco alla Stanford Med, mi sono occupato del primissimo simulatore chirurgico attraverso un visore. E questa è una cosa che è poi sbocciata. Alcuni anni fa, quando mia moglie ha avuto il cancro, il suo chirurgo ha appreso una procedura che era stata progettata nella Realtà Virtuale ed è stato formato da un ragazzo che era stato proprio uno studente di Joe Rosen, il mio compagno di quei vecchi tempi. È così che sono andate le cose. E il suo intervento è andato benissimo. È stato un successo totale e, quindi, questa procedura è diventata di uso comune. Allo stesso modo, sono ormai alcuni anni che non può capitare di salire su un’auto nuova – o su una barca, un aereo o un qualsiasi altro veicolo di recente produzione – che non sia stato progettato, almeno parzialmente, attraverso la Realtà Virtuale. Anche questa è diventata una cosa comune. Questi sono casi in cui le cose sono andate davvero molto bene. Ma, sì, io penso che, quando c’è una specifica esigenza di utilizzo, quando ci sono dei soldi in ballo e quando c’è un cliente ben definito, o sai sviluppare abbastanza il progetto da giustificare quella spesa o non lo sai sviluppare.
Swisher
Quindi: da un lato una grande chiarezza su quali siano realmente i termini della transazione, dall’altro un “non-sapevi-che-avremmo-venduto-il-tuo-rene-ma-ormai-è-andato”. Il tuo rene virtuale, intendo. Bene: quando pensi a tutto questo, all’aspetto che prenderà… ci puoi spiegare in che modo usare Internet sarà diverso da adesso? Come sarà con questi avatar, con queste proiezioni di noi stessi eccetera? Dacci qualche dettaglio su come immagini che queste cose appariranno.
Lanier
La cosa buffa è che io non voglio che sembri una cosa bella se si avvia a essere applicata in un modo orribile per distruggere l’umanità. Ho passato molti anni a…
Swisher
Non vuoi dare loro la mappa della Morte Nera se stanno per usarla per distruggere dei pianeti, giusto?
Lanier
Sì. Ho passato molti anni a evocare visioni su quanto la Realtà Virtuale sarebbe stata una cosa meravigliosa. Ma, davvero, voglio continuare a tornare sullo stesso punto: per quanto possa essere una cosa fantastica, il momento migliore è quando ti togli il visore e puoi vedere il mondo con i tuoi sensi rinnovati. Questa è una cosa che non invecchia. Questa è una cosa che non scompare.
Swisher
Ma quale sarà l’aspetto di queste rappresentazioni, quella di Microsoft e quella di Facebook, che non sono dissimili?
Lanier
Allora, quando stavamo progettando i primi mondi virtuali multi-persona destinati a essere messi in commercio e i primi visori e tutte queste cose, avevo degli amici, come Neal Stephenson e Bill Gibson, che stavano pubblicando i primi romanzi cyberpunk, giusto? E poi i romanzi cyberpunk hanno avuto un enorme impatto sul cinema. E alla fine questa visione cinematografica è diventata un luogo comune grazie a film come Matrix o Inception, per fare degli esempi ancora molto conosciuti. E si innescò questo strano circuito per cui chi si occupava di tecnologia aveva influenzato i romanzieri che avevano poi influenzato i film che avevano poi influenzato la comunicazione da parte delle aziende. E così si è fatto tutto il giro ed è emerso un certo tipo di linguaggio visuale che puoi sempre osservare nella comunicazione da parte delle aziende di questo settore.
Swisher
E così questa è la ragione per cui la Realtà Virtuale appare come appare.
Lanier
Sì, io poi personalmente penso che apparirà molto meglio di così, ma vabbè.
Swisher
Bene, occupiamoci ora di un altro aspetto. L’imprenditore Shaan Puri ha fatto un thread su Twitter riguardo al metaverso in cui ha esposto l’idea secondo cui il metaverso non sia necessariamente un “luogo” virtuale, ma che sia in realtà “tempo”. Ha scritto, cito testualmente: «La nostra attenzione era al 99 per cento dedicata al nostro ambiente fisico. La televisione ha ridotto questa quota all’85 per cento, i computer al 70 per cento, gli smartphone al 50 per cento. Presto, qualche azienda produrrà degli occhiali smart che staranno tutto il giorno davanti ai nostri occhi. Questo porterà la quota di attenzione che dedichiamo a uno schermo dal 50 al 90 per cento, se non di più. E questo è il momento, nel corso del tempo, in cui inizia il metaverso, perché in quel momento la nostra vita virtuale diventerà più importante della nostra vita reale». Che cosa ne pensi di questo?
Lanier
Sì, ok, lo trovo sconvolgente perché quando cerchi di capire la realtà così com’è e inizi ad apprezzarne le sottigliezze… Non so, basta suonare un vero flauto di bambù invece di un qualunque strumento digitale. O prendiamo anche solo una persona reale: semplicemente lo stare insieme con una persona reale, il guardare la sua faccia, il toccarla… Penso che ci sia un orizzonte aperto e infinito, in ogni tempo, per apprezzare di più il mondo fisico, benché anche il mondo digitale possa crescere e diventare sempre più creativo. Ultimamente ho riflettuto sul fatto che qualunque strumento digitale con cui puoi scrivere un testo sta iniziando a predire quello che scriverai. Quindi stiamo permettendo al linguaggio del passato di avere il controllo sul linguaggio del futuro più di quanto non lo avessimo mai fatto in precedenza. Allo stesso tempo, il mondo digitale siamo noi che ribolliamo nei nostri stessi succhi, perché gli algoritmi sono basati su dati del passato e limitano il futuro al passato.
Swisher
Sì. Io resisto sempre. Ma la resistenza è inutile.
Lanier
Già. Ma anch’io lo faccio, eh. Odio questa roba. Ma il fatto è che se vuoi tracciare un disegno ineccepibile del mondo, in cui non c’è alcun mistero e tutto ha perfettamente senso, scoprirai che non puoi farlo. Sarà sempre visibile qualche cucitura, qualche saldatura, qualche problema di osservazione del tipo: “Perché siamo qui e non lì? Che cos’è che ci ha collocati proprio in questo punto?”. E ogni volta se ne esce con una sensazione di esperienza mistica. Non puoi evitare davvero che ci sia qualcosa di un po’ metafisico nell’esperienza stessa. E, quindi, il fatto è che ogni mondo digitale – e non importa quanto sia complesso né quanto sia meraviglioso – avrà un valore maggiore quanto più contrasterà la percettibilità di quel mistero.
Swisher
Quello che ci stai dicendo è che si vedono le cuciture.
Lanier
È lì che trovi il futuro. E lì che trovi un infinito aperto.
Swisher
C’è questa stupenda citazione che viene da Arcadia di Tom Stoppard e che ho sempre amato: «Quando avremo risolto tutti i misteri e perso ogni significato, saremo da soli su una riva vuota».
Lanier
Oh, sì, certo!
Swisher
Secondo te, il nostro esistere in un mondo virtuale che cosa può provocare, ad esempio, nella nostra percezione di noi stessi? Ti cito. Tu hai scritto sulla Realtà Virtuale: «Chi è quello che è sospeso nel nulla facendo esperienza di queste cose che succedono? Sei tu, ma non sei esattamente tu. Che cosa è rimasto di te quando puoi virtualmente cambiare tutto del tuo corpo e del tuo mondo?». Ci parli di questo e di che cosa la Realtà Virtuale, anche se poi ne puoi uscire, provoca alla percezione di sé?
Lanier
Ogni volta in cui penso a qualcosa che verrà, mi dico che sarà una cosa assolutamente buona e che le persone troveranno in questa cosa una piacevole positività spirituale. Ma poi qualcun altro guarderà la stessa cosa e dirà che, oh no!, quello è il modo in cui finiremo di manipolarci a vicenda. Quindi ora io non vorrei apparire troppo naïf ma quello che trovo interessante nel trasformarmi in un avatar è che un avatar può essere molto più estremo di quanto non si possa pensare. Gli avatar che si vedono nelle comunicazioni da parte delle aziende sono simili a te, sono realistici. Ma tu puoi trasformarti in altre creature fantastiche. E viene fuori che il tuo cervello è già predisposto per controllare arti extra. Quindi puoi assumere tutte queste diverse forme corporee. Cose davvero fantastiche. Di fatto, abbiamo imparato molte cose che riguardano la neurologia e l’evoluzione grazie alla semplice osservazione delle possibilità che gli avatar offrono. Le cose stanno così: se cambi il tuo avatar, cambi il mondo. E puoi scherzare intorno al senso del passare del tempo. Ma, dal momento che puoi cambiare tutte queste cose e tuttavia c’è qualcosa che invece rimane sempre lì e che non cambia, penso che, almeno per quanto ne so, questa sia l’unica tecnologia che sia mai stata sviluppata che ti faccia percepire come la tua coscienza sia una cosa reale.
Swisher
Ho da poco intervistato al riguardo Jeanette Winterson, che scrive di questi argomenti. In sostanza, lei pensa che un giorno potremmo lasciarci del tutto alle spalle i nostri corpi fisici e che le nostre coscienze potrebbero continuare a esistere nello spazio digitale. Sei d’accordo con questa visione?
Lanier
Allora, questo è uno degli argomenti con cui ho dovuto fare di più i conti nella mia vita, perché le persone continuano a tirarlo fuori. La risposta breve è: no, non sono d’accordo. Perché per certi versi quest’idea suggerisce che nel nostro mondo manchi qualcosa. E io non mi sono messo a concepire simili idee pensando alla Realtà Virtuale prima di averla provata, perché io ho provato la Realtà Virtuale prima di pensare alla Realtà Virtuale. E per me è sempre stato completamente ovvio che la vera utilità della Realtà Virtuale fosse il farci notare quanto sia magica la nostra realtà convenzionale. Penso che la sua caratteristica davvero speciale sia questa. E poi questo concetto del voler abbandonare il corpo per entrare in un regno digitale è una specie di metamorfosi delle idee cattoliche. Ma di quelle davvero più antiche. Perché alla fine l’idea è che tu entrerai in questo paradiso, ma per entrarci dovrai avere dei pensieri giusti perché se invece penserai delle cose sbagliate allora una qualche superintelligenza artificiale del futuro troverà il modo di colpirti e buttarti fuori eccetera. Da questa visione viene fuori tutta questa strana teologia.
Swisher
In ogni caso è interessante che le persone più ricche del mondo o vogliono andarsene dal pianeta o vogliono rifugiarsi in un mondo virtuale. Una delle cose che hai detto è che il metaverso distruggerà l’umanità. Parlaci del suo lato oscuro. Probabilmente pensi questo in conseguenza di quello che è successo con Usenet e di quello che è successo con i social media. Qual è l’aspetto che ti preoccupa e che cosa bisogna fare per evitare che succeda quello di cui sei preoccupato?
Lanier
Qual è il lato oscuro del metaverso? È molto semplice. Nella nostra economia, la ricompensa deriva dall’esercitare un sempre maggiore controllo sulle possibilità di manipolare i comportamenti delle persone. E questo ci rende tutti sempre più vanesi, paranoici, irritabili, xenofobi, stupidi e paurosi. Perdiamo la capacità di parlare gli uni con gli altri. Perdiamo la capacità di percepire con precisione la realtà. In sostanza, perdiamo la capacità di essere intelligenti. E poi moriamo, perché gli esseri umani hanno corpi fragili e l’unica cosa che ci fa tirare avanti è l’intelligenza, sennò finiremmo divorati. Quindi verremo divorati e sarà tutto finito. E ora sto considerando molto seriamente questa eventualità. Giusto per essere chiari: qualunque cosa stupida che puoi vedere su Internet esisteva già prima di Internet. Ci sono sempre state teorie cospirative. Tutte queste cose sono sempre esistite. Il punto è quale grado e quale rilevanza esse raggiungano. La vera questione è fino a che punto potremo sopravvivere davanti alla sempre crescente amplificazione di queste nostre stupidaggini. È come per la crisi climatica. Possiamo sopravvivere a un incremento dell’1 per cento della stupidità? Non lo so. E a un incremento dell’1,5 per cento? Il problema è questo. Gli studi sulla contagiosità sociale delle paranoie e sugli altri contraccolpi negativi di quello che accade on line mostrano un leggero aumento della stupidità nell’ambiente. Ma pare che questa si accumuli, come gli interessi rispetto a una somma investita. Ed è un fenomeno molto largo e universale.
Swisher
E quindi che regole avrà il metaverso? C’è qualcosa che lo possa governare?
Lanier
Penso che nella gran parte delle faccende umane si finisca per avere una qualche regola, più che altro per le situazioni estreme, una qualche gestione delle ricompense e una qualche cultura di linee guida etiche eccetera eccetera. I modi in cui gli esseri umani fanno funzionare e rendono sostenibili la società e la civiltà agiscono su molti piani diversi. Tuttavia, io credo che le ricompense debbano essere almeno vagamente allineate con la sopravvivenza umana perché la società non impazzisca.
Swisher
Certo. Quindi ci dovrebbe essere una Global Metaverse Authority? Potrei guidarla io questa G.M.A.!
Lanier
Hahahaha. No, non credo che ci sarà. Magari in un ipotetico futuro molto lontano. Ma non credo che siamo pronti per una cosa del genere, né che saremmo in grado di farla funzionare. A me piacciono alcune delle caratteristiche dell’esperimento americano. E una di quelle che mi piacciono di più è l’idea del checks and balances, e cioè dell’avere molteplici istituzioni ognuna delle quali esercita il controllo sulle altre. Noi, dal punto di vista formale, diciamo che questi tre poteri sono quello giudiziario, quello esecutivo e quello legislativo. Ma, da un punto di vista informale, possiamo dire che anche il sistema capitalistico e il governo si tengono d’occhio reciprocamente: sono due diversi sistemi che si relazionano l’uno con l’altro in modo maldestro. Eppure, uno dei due sistemi trova il modo, o almeno lo si spera, di ridurre gli eccessi dell’altro e viceversa. E penso che ci siano anche altri ambiti in cui le cose funzionano allo stesso modo. Ultimamente è diventato popolare questo concetto dell’intersezionalità. Mi piace questa idea secondo cui le identità delle persone abbiano una moltitudine di punti di contatto e sovrapposizione, cosicché la società non può rompersi lungo una linea netta come invece fanno gli algoritmi.
Swisher
Certo, è importante dire – come peraltro hai già fatto tu stesso – che lavori anche per Microsoft. Ma sei stato anche critico nei confronti delle aziende tecnologiche e del modo in cui si comportano. Pensi che sia importante poterlo fare? Per esempio, Frances Haugen ha dovuto lasciare Facebook. Pensi che sarebbe importante che queste aziende consentissero di discutere in pubblico di queste cose? Sarebbe una scelta più sana?
Lanier
Sì, certo, sarebbe una cosa sana. Le aziende tecnologiche sono molto grandi e molto potenti. E penso che poter avere un po’ di discussione interna sarebbe una buona cosa, una cosa necessaria. Sta iniziando a capitare un pochino di più. Penso che sia una vergogna che le persone percepiscano l’obbligo di andarsene se vogliono parlare. Spero che questa cosa capiterà sempre meno spesso.
Swisher
Ho un’ultima domanda. Tu nel 2020, in una intervista a GQ, hai detto, cito testualmente, che il tuo progetto onnicomprensivo è «far sì che il futuro non vada a farsi fottere». Uno: che cosa intendevi dire? Due: abbiamo lasciato che il futuro andasse a farsi fottere?
Lanier
Quello che intendo dire è che nel piccolo mondo di chi si occupa di tecnologia c’è la tendenza a sposare immediatamente l’idea secondo la quale siamo più intelligenti di chiunque altro vivrà mai in futuro. E che, naturalmente, siamo più intelligenti di chiunque sia vivo ora. E che quindi progetteremo una soluzione. E che sistemeremo questa cosa del clima. E che sistemeremo questa cosa del razzismo. E che sistemeremo questa follia della manipolazione dei comportamenti. E che sistemeremo tutto. E che saremo gli ingegneri che progettano il futuro. E che sarà senz’altro così. Ma io penso che questo approccio sia di per sé sbagliato e che sia condannato all’insuccesso. Perché poi ci saranno quelle persone che in futuro riceveranno tutte queste cose. “Ehi, ecco la soluzione che abbiamo escogitato per voi!”. Ma a queste persone, probabilmente, questa soluzione non piacerà, per una ragione o per un’altra o anche soltanto per orgoglio. La cosa a cui io sono contrario e che critico è questa idea di grande sicurezza in sé stessi in qualità di ingegneri che costruiscono il futuro. Ci sono cose che sono molto concrete e chiaramente definite, come la riduzione delle emissioni di anidride carbonica e altri obiettivi di questo tipo, e in quel caso va benissimo così. Quello è necessario farlo, è ovvio. Ma, in un’ottica più ampia… credo che più che altro sia necessario rimuovere gli incentivi che spingono a un peggioramento delle cose, e cercare di costruire un futuro in cui le persone possano lavorare più facilmente e avere fiducia negli altri. Sono dell’idea che, se non ci fosse il modello manipolatorio che guida aziende come Meta, le persone continuerebbero a essere più cretine on line che nella vita reale, ma comunque un po’ meno cretine di quanto non lo siano ora. E che non vedremmo questa disfunzione globale e il degrado di tutte le democrazie, che sta avvenendo ovunque e nello stesso momento.
Swisher
Ok, Jaron. Sempre che noi ora non ci troviamo all’interno di una simulazione. Ad esempio, in una simulazione nel metaverso di una futura versione di Mark Zuckerberg. E che quindi tutto questo sia soltanto una simulazione in cui un gruppo di ragazzini sta giocando con noi e in cui noi non siamo davvero qui.
Lanier
Sì. Lo so. Questa è un’idea che emerge abbastanza spesso. E allora io potrei chiederti che cosa ci sarebbe di diverso. E se la risposta è che niente sarebbe diverso, allora la mia non sarebbe neanche una domanda. L’unica cosa che potrebbe essere davvero diversa è che se questa fosse una simulazione, allora dovrebbe esserci qualche possibilità di uscirne o la possibilità di essere Dio o di incontrare Dio o qualcosa del genere. Ed ecco che salta fuori un’altra volta un tipo di religiosità medievale. Ma io penso che le persone che cercano di essere Dio finiscano sempre male.
Swisher
Noi non siamo Dei.
Lanier
Né dovremmo desiderare di esserlo.
Swisher
Né dovremmo desiderare di esserlo.