Il governo Conte in 14 indimenticabili post

di Francesco Oggiano (wired.it, 10 agosto 2019)

Il post-Conte – ora che la crisi di governo è una realtà conclamata – non può che iniziare da lì: dai post dei suoi vice e dei suoi ministri. Ora che il governo più Twitter-dipendente di sempre si appresta a ricominciare una nuova campagna elettorale (qualora avesse mai terminato quella precedente), è forse il caso di ricordarlo attraverso i suoi interventi politici (in senso lato) su Facebook, Twitter e Instagram.

Ph. Miguel Medina / Afp / Getty Images
Ph. Miguel Medina / Afp / Getty Images

Ne abbiamo raccolti 14, quanti sono stati i mesi dell’esecutivo, dal più brutto a quello ancora più brutto.

1) Le ultime parole (dell’anno) famose

L’anno di governo 2019 (che per Conte sarebbe dovuto essere “bellissimo”, com’è noto) inizia con il caloroso augurio di Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista e suo figlio Andrea: “Sarà l’anno in cui vi regaleremo una bella legge che taglia gli stipendi a tutti i parlamentari”, dice il vicepremier. Le ultime parole famose.

2) La “zingaraccia”

Una delle ultime perle linguistiche del ministro dell’Interno, almeno in ordine di tempo, è riferita a una donna di Milano che gli aveva augurato una pallottola in testa. Niente di nuovo: già appena un mese prima Matteo Salvini aveva invocato la sterilizzazione forzata per una donna accusata di furto: “Andrà in carcere per trent’anni, messa in condizione di non avere più figli, e i suoi poveri bimbi dati in adozione a famiglie perbene”.

3) I giornalisti secondo Dibba

Il 10 novembre 2018, poche ore dopo l’assoluzione di Virginia Raggi nel processo per la nomina di Renato Marra, Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista pubblicano i post forse più duri mai scritti dai grillini in questi 14 mesi di governo. Il primo definisce i giornalisti “infimi sciacalli, corrotti intellettualmente e moralmente”. Il secondo li chiama più semplicemente “puttane”, “pennivendoli” e “vili”; poco dopo aver pubblicato i suoi reportage sul Fatto Quotidiano e poco prima di approdare alla casa editrice Fazi come editor per la saggistica (non si capisce a che titolo).

4) Prima le canzoni italiane

A febbraio 2019 il Festival di Sanremo lo vince Mahmood, cantante italiano di origini egiziane. Al momento dell’annuncio il vicepremier leghista ha problemi di ossigenazione, e lo fa sapere al mondo. Lui avrebbe scelto Ultimo (che, qualcuno glielo dica, viene da quella Roma che lui chiamava “ladrona”…). Contemporaneamente la sua Elisa Isoardi commenta il verdetto con opposto sentimento: “La vittoria di Mahmood è la dimostrazione che l’incontro di culture differenti genera bellezza”. Risultato: serata no per Matteo.

5) Il duetto con Al Bano

A proposito di musica, rimane nella storia il duetto di Salvini con Al Bano. Sono Nel sole e Felicità le storiche opere eseguite dal cantante (molto attivo in Russia) e dal ministro (idem).

6) Manlio Di Stefano, una Storia relativa

“Non abbiamo scheletri nell’armadio, non abbiamo una tradizione coloniale, non abbiamo sganciato bombe su nessuno”. Firmato, l’esponente del Movimento 5 Stelle ritenuto più esperto in politica estera.

7) Una libreria e un cartello per dire grazie

Dopo le elezioni europee del 26 maggio, Salvini prende un cartello e posa davanti alla sua libreria per ringraziare gli italiani che l’hanno portato a essere il leader del primo partito in Italia. I più feticisti – tra cui noi di Wired – si buttano alla ricerca dei dettagli sullo sfondo. Tra gli altri, la foto di Putin, il cappellino di Trump, un gadget del Milan, un Tapiro d’oro, un libro di Lilly Gruber e l’ampolla con l’acqua del dio Po, sempre sia lodato.

8) Il tweet che ci fece rischiare una guerra

Va più o meno così: alla vigilia delle elezioni europee, i leader del maggiore partito italiano volano in un altro Paese europeo (la Francia) a incontrare i leader dell’ala più estremista della più estremista forza pseudopolitica candidata alle elezioni europee in quel Paese, i gilet gialli. Quella che reputa “inevitabile una guerra civile” e sostiene un colpo di stato militare; quella che è ripudiata persino da un’altra parte dei gilet gialli, l’ala moderata, pronta a defilarsi da questa foto.

Luigi Di Maio via Twitter
Luigi Di Maio via Twitter

La Francia richiama l’ambasciatore in patria per consultazioni. Italia e Francia vivono la più grave crisi diplomatica dai tempi della Seconda guerra mondiale. Di Maio invece posta: “Il vento del cambiamento ha valicato le Alpi”. E viene piuttosto bene in foto.

9) Bonafede che si fa Scorsese

Scatti di fotocamera reflex, foto in bianco e nero di Cesare Battisti, musica da filmino prematrimoniale con lo strumentale di Comment te dire. Titolo: “Una giornata che difficilmente dimenticheremo”. Analisi: il video con cui il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede celebra l’arresto di Cesare Battisti ed esibisce il corpo dell’arrestato, senza pietas né pudore, rappresenta al meglio il rimpatrio del latitante ai tempi del populismo. Un misto tra Martin Scorsese e il Boss delle Cerimonie.

10) Il ministro e il mitra

È la Santa Pasqua del 2019. E lo spin doctor del ministro dell’Interno, oggetto di una mozione di sfiducia del Pd per il caso del sottosegretario indagato Armando Siri, ci fa gli auguri così.

Luca Morisi via Facebook
Luca Morisi via Facebook

11) La libidine di Di Maio

Tra i pensatori di riferimento del nuovo governo anche Calogero Alessandro Augusto Calà, meglio noto come Jerry. L’attore, che recentemente ha accusato il cinema italiano di non farlo lavorare perché simpatizzante dei 5 Stelle anziché della Sinistra, è stato pubblicamente ringraziato dal ministro dello Sviluppo Economico. Pronta la risposta di un utente: “Io ascolterei pure il parere di Umberto Smaila”.

12) Toninelli, ministro concentrato

In questi 14 mesi l’uomo, la leggenda a capo del ministero delle Infrastrutture ci ha regalato parecchie chicche. Talmente tante da ispirare uno dei titoli più belli della storia della satira internettiana di Lercio (“Ingv introduce la Scala Toninelli per misurare l’intensità delle figure di merda”). Tra tutte, quella che racchiude in sé tutti gli elementi dello storytelling toninelliano (e dei decreti “scritti col cuore”) rimane questa qua. Una foto e un post che in poche righe contiene frasi come: “Abbiamo dato il massimo”, il tavolo “procede bene”, “non molleremo di un millimetro”, “persone oneste”, “futuro migliore per i nostri figli”. E poi “la massima concentrazione”, quella dei campioni.

13) Salvini che mangia cose

Per 14 mesi lo abbiamo visto ingurgitare porchette, leccare gelati alla nocciola e spalmarsi Nutella sul pancarrè, acquisendo notevoli consensi tra la popolazione. Tra le foto più foodporn postate dal responsabile della sicurezza italiana, però, abbiamo scelto questa: “Dalla Fiera di San Fermo a Nerviano”.

Matteo Salvini via Instagram
Matteo Salvini via Instagram

14) Il mandato zero, numero uno

Il post più memorabile di questo governo resta, a insindacabile giudizio dell’umanità, quello del 21 luglio 2019 a cura di Luigi Di Maio. Circa cinquant’anni dopo lo sbarco sulla Luna di Neil Armstrong, il vicepremier italiano e leader del partito che ha rivoluzionato la politica in Italia, pronuncia esattamente quanto segue: “Che cos’è il mandato zero? È un mandato, il primo, che non si conta nella regola dei due mandati. Un mandato che non vale. Vale zero”. Persino Beppe Grillo lo prenderà adeguatamente per il culo.

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