di Andrea Costanzo (linkiesta.it, 27 febbraio 2021)
La carriera di Artemij Panarin è cambiata nel momento in cui ha iniziato a giocare con i New York Rangers. Non solo per il contratto da ottanta milioni di dollari in sette anni firmato nel 2019, ma anche per l’esposizione mediatica garantita da una delle franchigie più importanti della National Hockey League (Nhl) americana. Da quando gioca a New York le sue dichiarazioni hanno assunto un peso diverso, anche perché l’ala dei Rangers non si è limitata a commentare le proprie prestazioni sul ghiaccio ma ha iniziato anche a riflettere su quelle di Vladimir Putin al Cremlino. E il suo giudizio non è positivo. In un’intervista rilasciata qualche mese fa ad un quotidiano russo Panarin ha accusato Putin di non aver fatto abbastanza per migliorare le condizioni economiche della maggioranza dei suoi connazionali, di pensare solo all’élite moscovita e di aver avvelenato il dibattito democratico del Paese dipingendo chi critica il Cremlino come un pericoloso sovversivo nelle mani dei servizi segreti occidentali.
Nelle scorse settimane, durante il processo ad Aleksej Naval’nyj, Panarin ha scelto di schierarsi ancor più apertamente contro il governo postando sul suo profilo Instagram un’immagine del leader dell’opposizione. Una decisione coraggiosa, che ora però rischia di pagare a caro prezzo. Pochi giorni fa infatti, Andrei Nazarov, uno dei suoi primi allenatori in Russia ai tempi della Kontinental Hockey League, lo ha accusato di aver picchiato una donna in Lettonia, di essere stato fermato dalla polizia e di aver pagato 40mila euro per chiudere senza troppo rumore la vicenda. I fatti risalirebbero al 2011 e fino ad oggi nessuno ne aveva mai parlato. Nonostante le smentite di Panarin e un durissimo comunicato stampa dei Rangers – che di fatto accusano il governo russo di aver inventato la storia per punire il ribelle – il giocatore ha deciso di mettersi fuori rosa fino a quando la vicenda non verrà chiarita.
Nei vent’anni di reggenza putiniana nessun atleta russo di alto livello aveva mai osato schierarsi così apertamente contro il regime. Che il primo a farlo sia stato proprio un giocatore di hockey (lo sport preferito del presidente) rende la posizione di Panarin ancora più sorprendente e per certi versi delicata. Innanzitutto perché nessuno dei quaranta giocatori russi che militano in Nhl ha mai osato criticare in pubblico lo zar. Il ghiaccio americano è una roccaforte putiniana, che ha in Aleksandr Ovečkin il suo punto di riferimento. Oltre ad essere uno dei più grandi giocatori di tutti i tempi, capace di alzare da capitano la prima Stanley Cup della storia dei Washington Capitals, “the Great Eight” è da sempre un convinto sostenitore di Putin. Prima delle elezioni del 2018, Ovečkin ha addirittura inaugurato il #PutinTeam, un movimento (a cui ha aderito anche la star dei Pittsburgh Penguins, Evgeni Malkin) creato appositamente per sostenerne la rielezione attraverso il sostegno mediatico dello star system russo. Secondo un’inchiesta del Washington Post l’iniziativa non è nata spontaneamente ma è stata orchestrata dal Cremlino con il via libera di Ovečkin, che con Putin vanta una relazione speciale, coltivata fin dal suo esordio alla Dinamo Mosca, la squadra del ministero dell’Interno e, fino a qualche tempo fa, del Kgb.
Panarin non condivide l’entusiasmo pro-Putin di Ovečkin e, a differenza di molti altri sportivi russi che preferiscono rimanere in silenzio, non ha mai nascosto la propria antipatia nei confronti del presidente. Una posizione che però inizia a essere scomoda. Il trattamento cui è stato sottoposto negli ultimi giorni è quello solitamente riservato a oppositori politici, giornalisti e imprenditori che non accettano di abbassare la testa e che, per questo motivo, vengono travolti dalla propaganda di regime. La novità, in questo caso, non è tanto che la macchina del fango colpisca fuori dai confini russi, ma che a farne le spese sia uno degli atleti più rappresentativi di una delle leghe sportive più importanti al mondo. L’Nhl, che nei mesi scorsi è riuscita a schivare le polemiche razziali che hanno investito Nba e Nfl, è ora alle prese con un caso internazionale di cui avrebbe volentieri fatto a meno. Una complicazione enorme anche per Panarin che – oltre a doversi fermare nel bel mezzo della regular season – dovrà imparare a convivere con le intimidazioni del regime di Putin, al cui confronto persino la pressione del Madison Square Garden sembra svanire.