di Aldo Grasso («Io Donna», suppl. al «Corriere della Sera», 8 aprile 2017)
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha dichiarato che il suo film preferito è Citizen Kane (Quarto Potere, 1941), il capolavoro di Orson Welles. Ma non è questa la notizia. Ci sono molte persone illustri che amano questo film che ormai ha quasi 80 anni.Welles iniziò a scriverlo, dirigerlo e interpretarlo quando ancora non aveva compiuto i 25 anni, alimentando la leggenda (sostenuta in Europa dai «Cahiers du cinéma») di un genio spesso in contrasto con le logiche industriali e le convenzioni espressive di Hollywood. All’epoca, non pochi l’apostrofarono come “a talent too big to handle”, un talento troppo ingombrante da gestire: una personalità molto sfaccettata, che viveva il cinema come pura intuizione ed espressione della propria creatività, faticando non poco a conformarsi alle richieste del mercato e del sistema produttivo hollywoodiano. La notizia vera è questa: come fa Trump ad amare un film che racconta la storia di un drammatico fallimento umano, la storia della tragica rovina dell’arroganza americana? I casi sono due. O Trump non ha capito niente del film, oppure l’identificazione è tale che, paradossalmente, il presidente immagina già come andrà a finire… La storia di Quarto Potere è ispirata alla vita di William Randolph Hearst, ricco industriale americano e magnate della carta stampata, che fu veramente in grado, in alcuni momenti della propria esistenza, di determinare il corso delle vicende politiche del suo Paese. Cercò più volte di farsi eleggere presidente degli Usa senza mai riuscirci. A differenza di Trump. Negli anni Trenta la figura di Hearst era stata al centro di numerose polemiche, dirette ad attaccare il sistema di valori rappresentati da quest’ultimo. Gli attacchi nei confronti di William Hearst non avevano risparmiato neppure la sua vita privata e la relazione con l’attrice Marion Davies, a cui lo scrittore Aldous Huxley si era addirittura ispirato per comporre il suo racconto dal titolo Dopo molte estati, del 1939. È una storia tristissima. Charles Foster Kane, potentissimo magnate della carta stampata, muore nella solitudine della sua sterminata tenuta di Xanadu. Il giornalista Jerry Thompson riceve l’incarico di raccogliere informazioni sulla sua vita per scoprire il misterioso significato della parola pronunciata dall’uomo sul letto di morte: Rosebud. Nel corso delle sue ricerche il reporter incontra i vecchi amici di Kane, la sua ex moglie (una cantante fallita ed alcolizzata), il suo ultimo maggiordomo, i suoi dipendenti. È un ritratto spietato, la rappresentazione faustiana del potere e del tradimento, l’elegia del declino. Un film da mostrare nelle scuole per difenderci dai Trump.