di Maria Laura Rodotà (linkiesta.it, 20 novembre 2020)
Se il Russiagate era stato soprannominato “Stupid Watergate” (da John Oliver di Last Week Tonight, sempre sia lodato), il tentativo di colpo di mano di Donald Trump ieri pare configurabile come un golpe covidiota. Per via del Covid e non solo. O come un clown coup, sono molti a chiamarlo così. Di certo, servirebbero i fratelli Coen a raccontarlo. Meglio, i fratelli Marx. Magari dal punto di vista dei funzionari repubblicani dell’ufficio elettorale del Michigan, che prima si sono rifiutati di certificare i risultati della Wayne County, quella di Detroit, afroamericana e democratica. Poi li hanno certificati. Ora vorrebbero cancellare la certificazione ma è complicato. Intanto Trump li ha invitati oggi alla Casa Bianca.
Trump ha poi chiesto ai suoi assistenza tecnica per il golpetto, e i nomi dei repubblicani locali da chiamare. Gli esperti dicono che «non c’è scenario in cui una legislatura statale repubblicana possa sovvertire il risultato di un voto ottenuto legalmente». Se le chance di ribaltare il risultato sono microscopiche, le possibilità di distorcere definitivamente la realtà e creare guai infiniti negli anni a venire sono gigantesche. Come le ansie attuali di molti. Ieri sera Sarah Cooper, la comica che fa il lip-sync con la voce di Trump, ha twittato: «Non ho buone sensazioni su quello che succederà il 14 dicembre (quando i grandi elettori dovrebbero votare Joe Biden, N.d.R.). Per favore usate i commenti per convincermi che andrà tutto bene». Ian Brenner, scienziato politico e consulente-star, le ha risposto: «Non può ribaltare il risultato. I senatori repubblicani lo sanno». E lo sa, secondo tutti, Trump. Ieri Dana Bash della Cnn raccontava che, in privato, dice di aver perso.
Joni e Tucker abiurano
I conduttori-feticcio dell’epoca trumpiana si stanno innervosendo. Ieri sera Tucker Carlson di Fox News – di lui si parla come candidato nel 2024 – se l’è presa con un’avvocata di Trump, Sidney Powell, una interessata a QAnon. Ha detto che le avrebbe dato «l’intera ora» del suo programma, ma che lei ha rifiutato di portare prove dei presunti brogli e «quando abbiamo insistito si è arrabbiata e ci ha detto di non contattarla più». Sempre ieri una prima senatrice trumpianissima si è dissociata dalle contestazioni di Trump. Joni Ernst dell’Iowa ha dichiarato, su Fox Radio, che le accuse di Powell sono «offensive. Insinuare che candidati abbiano pagato per cambiare l’elezione è oltraggioso». Anche due dei quattro senatori repubblicani che si sono congratulati con Joe Biden, Mitt Romney e Ben Sasse, hanno criticato Trump. Gli altri 49 sono quieti, e questo spaventa un po’ (nella Casa Bianca di Obama, Biden era soprannominato l’uomo che sussurra a Mitch McConnell, ma il leader repubblicano non lo ha ancora chiamato).
Mitch ammette l’esistenza del Covid-19
McConnell, se non altro, ieri si è allontanato dal negazionismo trumpiano sulla pandemia. Si è molto raccomandato coi colleghi di prendere precauzioni (finora molti repubblicani in Senato giravano senza mascherina). Altrimenti la “lame duck agenda” di cose da approvare al volo prima dell’insediamento di Biden potrebbe saltare causa malattia (intanto, anonimamente, gli staffers repubblicani dicono ai media che lavorare al Senato è rischiosissimo).
Uno spot per i parrucchieri
E i barbieri. E i coloristi professionisti. Il rivolo di tinta per capelli sulle guance di Rudy Giuliani «è la perfetta combinazione di male e di ridicolo per mettere fine all’era Trump», ha detto ieri sera Trevor Noah al Late Show. Giuliani, l’uomo che non sbaglia una conferenza stampa, dopo i trionfi del Four Season Total Landscaping di Philadelphia ci ha regalato ieri questo disastro tricologico. E varie dichiarazioni dubbie. Come «se togli i voti della Wayne County cambia il risultato del Michigan» (la Contea ha il 20 per cento dei voti dello Stato e pare difficile far senza). Dopo la conferenza stampa Chris Krebs, direttore della cybersecurity federale appena licenziato da Trump per aver detto che le elezioni sono state regolari, l’ha definita «l’ora e tre quarti di tv più pericolosa della storia americana. E forse la più pazza».
Due indagini a Manhattan
C’è un’indagine penale, a cura del procuratore Cyrus Vance Jr., e una civile, dell’ufficio dell’attorney general di New York Letitia James. Tutte e due hanno trovato deduzioni fiscali, ricche e discutibili, andate a Ivanka Trump (le brutte persone pensavano sarebbero finiti in galera i fratelli, che si occupano delle aziende di famiglia o presunte tali; ma a New York stanno lavorando sulla figlia prediletta, forse per far saltare i nervi a Trump o per farlo trattare).
Vendesi albergo
Il Trump International Hotel di Washington – dove repubblicani in cerca di un Trump pascolavano al bar, e corporation e Stati esteri prenotavano stanze ed eventi per far piacere al presidente – è in vendita. La Trump Organization è indebitata, l’albergo non va bene e con la Casa Bianca di Biden vicina andrà peggio. La richiesta era di 500 milioni di dollari, non gliene hanno offerti più di 250 (e Trump, a suo tempo, aveva ammesso di averlo pagato troppo).
Miracolo ad Atlanta
Dopo sei giorni di riconta il segretario di Stato della Georgia, Brad Raffensperger (quello a cui Lindsey Graham aveva chiesto di buttare un po’ di schede), ha confermato la vittoria di Joe Biden in Georgia. La campagna di Trump ha fatto sapere che è una notizia falsa, che Biden ha vinto solo perché «sono state contate le schede illegali» (cioè quelle postali, che ora i repubblicani in Georgia dicono son di nuovo legali, perché ne hanno bisogno al ballottaggio dei due senatori, a gennaio).