In tre mesi il presidente francese ha speso 26mila euro per make up e parrucchiere. Ci sono precedenti illustri
di Vittorio Zucconi («la Repubblica», 26 agosto 2017)
Emmanuel Macron non è certo il primo. Schiavi delle luci televisive da oltre mezzo secolo – dal disastro di un Richard Nixon sudaticcio e mal rasato contro il fresco e giovanile Kennedy nel 1960 – leader politici e aspiranti condottieri dipendono oggi più da truccatori e parrucchieri che da consiglieri strategici e sondaggisti. Così l’ultima notizia racconta dei 26mila euro spesi dall’Eliseo in tre mesi.Nella spietata crudeltà della telecamera, fondotinta, cipria, correttore di imperfezioni, lacche e gommine sono indispensabili protesi per la naturale bruttezza o per gli insulti dell’età. Se quella del trucco era stata per decenni la condanna delle donne, il caso Macron, come quelli di Silvio Berlusconi e di Donald Trump, ha fatto giustizia almeno di questa discriminazione estetica. L’immagine è tutto. Mentre politologi, opinionisti, strateghi elettorali setacciano e vivisezionano programmi e parole, il pubblico «vota per quello che vede» diceva Micheal Deaver, il mago che creò il Ronald Reagan Show: e con lui, ex attore di Hollywood, aveva vita facile. Ma anche i politici più apparentemente “acqua e sapone”, anche i bacchettoni come Jimmy Carter – che pretendeva i propri due parrucchieri di fiducia alla Casa Bianca a 25 dollari per taglio – cedevano alla vanità dell’apparenza. Si truccava anche Barack Obama per le apparizioni televisive, cercando di rendere più omogenea la propria carnagione che il tempo aveva intaccato. Ancora i maschi al potere non sono arrivati a mascara, ciglia finte ed estensioni per le chiome. Oggi la sfida per i loro truccatori è l’opposto di quella dei makeup-artist per le donne: gli uni devono rendere più femminili le loro clienti, gli altri si sforzano di mascolinizzare gli uomini, soprattutto quelli con la sindrome del Narciso Alfa, come Donald il Macho. Per i più anziani, i settantenni come Reagan o come Trump, la battaglia per mimetizzare le rughe obbliga ad acrobazie che nel caso di Donald si estendono dal collo da tacchino alla articolata pettinatura. A Ronald, benedetto da una capigliatura rigogliosa e naturale, bastava la lucentezza del classico Brylcreem. Per Donald, come ha spiegato la parrucchiera personale Amy Lasch, la coiffure di gusto pompadouriano richiede una complessa impalcatura di creme, colle, gomme che la ancorino nella innaturale collocazione. Un volto disfatto, come sempre appare sotto le luci autoptiche delle tv, è vissuto come un segnale, appunto, di disfatta. Il viso struccato di Hillary Clinton quando apparve per ammettere la sconfitta era più di un segnale di fatica e di lacrime. Voleva essere la manifestazione pubblica dei suoi sentimenti privati. Il colorito arancione di Donald, che apparirebbe mostruoso come quello di un tenore lirico fuori dal palcoscenico, vuole invece comunicare ottimismo, salute, freschezza. E deve resistere ai suoi esagitati comizi. Naturalmente, nell’America dove alla fine si devono seguire i soldi, i costi dell’immagine devono essere contenuti, per non scandalizzare un elettorato che si preoccupa di quanto spenda un politico per pettinarsi più di quanto il Tesoro sprechi in avventure belliche senza fondo. Clinton fu crocefisso per avere bloccato il traffico all’aeroporto di Los Angeles nel 1993, quando fece salire a bordo dell’Air Force One un coiffeur dei divi per acconciargli la soffice capigliatura pepe e sale al prezzo di 200 dollari, che dovette pagare lui. George W. Bush fu sospettato di utilizzare un filo di rossetto, per dare colorito alle sue labbra un po’ esangui, ma la voce fu smentita. Sorprende naturalmente che un ragazzo, in termini di età dei leader politici, come Emmanuel Macron debba ricorrere alle arti dei truccatori. Il costo, quei 26mila euro, appare più da diva del cinema che da capo dello Stato, ma la tirannide del riflettore non risparmia nazionalità, ideologie, forme di governo. È impossibile immaginare un De Gasperi col fondotinta, un Berlinguer con la gommina o un Nenni con la cipria sulla calvizie. Ma se anche gli autocrati ed ex colonnelli del KGB come VIadimir Putin si fanno sistemare dai truccatori per ostentare la propria virilità, nessun politico è al riparo. Tutto ciò che è politico, oggi deve essere truccato.