(ilpost.it, 16 settembre 2021)
Il 21 settembre uscirà negli Stati Uniti Peril, un libro scritto dai giornalisti del Washington Post Bob Woodward e Robert Costa che racconta molti retroscena sugli ultimi mesi della presidenza di Donald Trump. I giornali ne hanno già pubblicato diversi estratti e stanno facendo molto discutere alcune rivelazioni sul conto di Mark Milley, capo di stato maggiore delle forze armate statunitensi, e sul suo rapporto con Trump. Nel libro, il cui titolo in Italiano significa “Pericolo” e che si basa sulle informazioni fornite da più di duecento fonti anonime all’interno della Casa Bianca, si dice che secondo Milley sia prima sia dopo le elezioni presidenziali del novembre del 2020, vinte da Joe Biden, Donald Trump avrebbe mostrato segni di un «grave declino psichico».
Milley, che è stato nominato capo di stato maggiore proprio da Trump nell’ottobre del 2019, sarebbe stato molto preoccupato per l’eventualità che, a causa di questa instabilità mentale, il presidente ordinasse un attacco militare nei confronti della Cina e per questo motivo avrebbe per due volte parlato con il suo omologo cinese, il generale Li Zuocheng, all’insaputa del presidente. Secondo Woodward e Costa, Milley avrebbe avuto il concreto timore che Trump potesse fare guerra alla Cina per distogliere l’attenzione degli americani dal risultato elettorale. La prima conversazione tra Milley e Li sarebbe avvenuta il 30 ottobre 2020, quattro giorni prima delle elezioni. La Cina, in quel periodo, sarebbe stata convinta di un imminente attacco militare da parte degli Stati Uniti. Milley avrebbe quindi telefonato a Li per rassicurarlo che gli Stati Uniti non avevano alcuna intenzione di attaccare la Cina.
La seconda telefonata tra i due risalirebbe invece all’8 gennaio, due giorni dopo l’attacco al Congresso di Washington D.C.: in questo caso, Milley avrebbe cercato di rassicurare Li che i recenti eventi non avrebbero avuto ripercussioni sulla politica estera degli Stati Uniti e che non ci sarebbero stati pericoli per la Cina. Lo stesso giorno Milley avrebbe avuto una conversazione con la speaker della Camera, la Democratica Nancy Pelosi (agguerrita avversaria di Trump), in cui avrebbe parlato esplicitamente dell’instabilità psichica di Trump. Pelosi avrebbe detto che Trump «è pazzo, e quello che ha fatto ieri è un’altra prova della sua pazzia», e che Milley avrebbe risposto «concordo con te su tutto». L’8 gennaio Milley avrebbe, inoltre, convocato un incontro segreto nel suo ufficio al ministero della Difesa (il Pentagono) con gli ufficiali del centro di comando che si occupa di dare gli ordini in caso di guerra (e che controlla quindi anche l’utilizzo di armi nucleari). Milley avrebbe detto agli ufficiali di non accettare ordini da Trump, a meno che non fossero stati convalidati da Milley stesso. «Non importa quello che vi viene detto, voi dovete seguire la procedura. E io faccio parte della procedura», avrebbe detto nella riunione.
Secondo Woodward e Costa «qualcuno potrebbe sostenere che Milley avesse oltrepassato la sua autorità» e assunto un potere che non gli spettava, ma i due autori sottolineano come Milley credesse che le sue azioni fossero «una precauzione presa in buona fede» per garantire che non vi fosse una guerra con la Cina o un uso delle armi nucleari in possesso degli Stati Uniti. Nel libro si dice anche che dopo che Trump aveva rifiutato l’esito delle elezioni e accusato Biden di brogli, Gina Haspel, direttrice della Cia, l’agenzia di intelligence per l’estero degli Stati Uniti, avrebbe detto a Milley: «Siamo sulla strada per un colpo di stato di destra. Tutta questa faccenda è una follia. Si comporta come un bambino di sei anni che fa i capricci». Haspel si sarebbe detta anche preoccupata di un possibile attacco degli Stati Uniti all’Iran, in quel periodo.
Dopo la pubblicazione degli estratti del libro, martedì Trump ha accusato Milley di «tradimento» e ha detto di non aver mai pensato di attaccare la Cina, mentre il senatore Repubblicano Marco Rubio ha scritto una lettera al presidente Biden chiedendo il licenziamento di Milley, accusato di aver diffuso informazioni riservate nelle sue telefonate con l’omologo cinese. Mercoledì Biden ha detto di avere «grande fiducia» in Milley, e un portavoce delle forze armate statunitensi ha detto che nelle conversazioni al centro del libro non ci sarebbe stato nulla di inappropriato e che le telefonate con Li Zuocheng sarebbero state in linea con le responsabilità imposte dal suo ruolo.