di Giuseppe Pastore (esquire.com, 28 giugno 2021)
Parafrasando il capitano della Nazionale italiana di Calcio, venerdì sera ci vorrebbero certamente coraggio e sangue freddo per andare a combattere il Nazismo in Germania. Per fortuna è il luglio del 2021 e il Nazismo, almeno nella sua versione originale, è venuto a mancare 76 estati fa, così possiamo dedicarci a questioni più impellenti. Almeno, possiamo dedicarcene noi: perché la Nazionale italiana di Calcio – com’è del resto suo diritto – non ne ha alcuna voglia. Innanzitutto una precisazione formale a proposito di alcune notizie che stanno facendo il giro dei social: al momento in cui scriviamo, la Federcalcio non ha diramato alcuna nota ufficiale riguardo al comportamento da tenere al fischio d’inizio di Italia-Belgio.
La sostanza, però, non cambia: quelle frasi – «La squadra si inginocchierà per solidarietà con gli avversari e non per la campagna in sé, che non condividiamo» –, riportate anche da diversi quotidiani nella mattinata di lunedì, sono comunque espressione del sentire comune della Nazionale, hanno un soggetto ben preciso (“la squadra”) che fa capo a Chiellini, Bonucci e tutti gli altri giocatori che in questi giorni hanno esternato più o meno liberamente sull’argomento. Abbiamo, dunque, un fatto: l’Italia del Calcio non condivide (come tante altre Nazionali) un gesto anti-razzista del tutto innocuo, tranquillamente accettato sia dall’Uefa sia dai vari governi dei Paesi in cui si svolge l’Europeo. «Il razzismo si combatte in ben altri modi!», si dice in questi casi, facendo finta di ignorare che nessuno è così allocco da pensare che poggiare un ginocchio sull’erba risolva alla radice le istanze sollevate dal movimento del Black Lives Matter. Si tratta di un gesto simbolico che per definizione non ha pretese risolutive, esattamente come portare il lutto al braccio (come hanno fatto gli Azzurri durante Italia-Galles in ricordo di Giampiero Boniperti) o osservare un minuto di silenzio non riporta in vita persone recentemente scomparse.
Abbiamo, quindi, un secondo fatto: l’Italia dichiara di avere un’opinione in merito allo kneeling ma subito dopo dichiara che quell’opinione non ha alcun valore, visto che siamo pronti ad adeguarci all’avversaria di turno. L’Austria di Alaba non si è inginocchiata? Allora nemmeno noi. Il Belgio di Lukaku si inginocchierà? Allora pure noi. È l’Italia in purezza, il «Non ce ne frega una mazza» elevato a saggio di diplomazia internazionale, un colpo di spugna su una questione talmente complessa e ramificata che alle nostre menti eccelse, pagate solo per restare concentrate sull’obiettivo sportivo, risulta terribilmente noiosa. Oltretutto gran parte dei giocatori belgi eseguirà lo kneeling caricandolo di ulteriori significati politici, sollevando contemporaneamente il pugno chiuso della mano destra come già hanno fatto per esempio Lukaku e Witsel contro il Portogallo, richiamando così la celebre protesta di Tommie Smith e John Carlos sul podio di Città del Messico nel 1968.
L’Italia invece proclama di non voler nemmeno interessarsi alle sfumature ulteriori, trattando il Belgio e l’Austria come la fidanzata che vuole trascinarci a fare shopping il sabato pomeriggio: «Va bene, decidi tu, basta che facciamo in fretta». «Non mischiamo il Calcio con la politica!» è il tartufesco grido di battaglia più ridicolo che mai nell’Europeo più politico che si ricordi, disputato in 11 Paesi diversi con governi di ogni colore, socialisti, conservatori, di centro-sinistra e di estrema destra, con questioni politiche che spuntano – dalle misure anti-Covid ai diritti Lgbt – a ogni angolo della strada. La singolare posizione della Nazionale italiana di Calcio ha il pregio di fare un passo oltre una questione universalmente spinosa e dibattuta: il nostro non è certo l’unico Paese in cui è divampata la polemica, anche giustamente visto che vige il principio della libertà di pensiero. Per esempio, il Cio ha espressamente diffidato gli atleti dall’inginocchiarsi durante i prossimi Giochi di Tokyo, rifacendosi al controverso articolo 50 della Carta Olimpica che proibisce ogni atto di propaganda politica, religiosa o razziale (naturalmente, molti atleti hanno già dichiarato di non essere d’accordo, e altri hanno anche chiesto da tempo l’abolizione dell’articolo 50).
Ma noi non vogliamo nemmeno affrontare l’argomento: non ce ne frega niente! Cosa ci guadagniamo a prendere posizione? Non lo sapete forse che «La Nazionale è di tutti», e dunque anche di tanti razzisti consapevoli o inconsapevoli, dal momento che il 40% degli elettori italiani esprime simpatie politiche per due partiti che sostengono idee di estrema destra? E poi l’Uefa: avete seguito la storia dello stadio arcobaleno di Monaco di Baviera, no? Questi strizzano l’occhio a Orbán, hai visto mai… È solo che – oh insomma, facciamoci i cazzi nostri. Oppure, se proprio insistete, confezioniamo un bel video emozionale su qualche calciatore di quelli contro le dittature, tipo quel cileno che non volle giocare per Pinochet, come si chiamava – insomma, gente che evidentemente non aveva mai riflettuto abbastanza su quanto sia importante NON MISCHIARE LA POLITICA CON LO SPORT. L’importante è che siano vicende accadute in posti lontanissimi da noi, capitate a personaggi oggi preferibilmente morti: perché su questo siamo imbattibili, nel culto dei morti, più sono freddi più ci piacciono, il Paese ideale sarebbe quello in cui tira le cuoia un vip al giorno, possibilmente di mattina presto, così palinsesti e giornali sono a posto fino alla sera.
Siamo al cospetto di una delle massime espressioni politiche di un Paese – la propria Nazionale di Calcio – che candidamente esclama «Famo ’sta sceneggiata», per usare una dotta citazione del 2017 di Claudio Lotito, quando, in qualità di presidente della Lazio, gli fu richiesta la cortesia di una visita alla Sinagoga di Roma come gesto riparatorio dopo alcuni adesivi antisemiti comparsi in Curva Nord. Qualcuno magari dirà: «Ma se quindi non condividete, perché a questo punto non fate una bella dichiarazione ufficiale in cui vi dichiarate contrari agli inginocchiamenti senza se e senza ma?». Ancora! Ma stai scherzando? Noi non siamo razzisti! Siamo solamente italiani. Anzi, visto che siamo in Germania, citiamo direttamente Marx: «Questi sono i miei princìpi. Ma se non vi piacciono, ne ho degli altri». Solo che non era Karl, ma Groucho.