di Lucia Licciardi (agi.it, 31 dicembre 2022)
In principio fu l’elefante. Veniva dall’India, ed era arrivato a Napoli come dono del sultano turco al re Carlo di Borbone nel 1738. Il presepe, all’epoca, non era già più un simbolo solo religioso che si materializzava nelle chiese cittadine in coincidenza con il Natale, ma era approdato nelle case di nobili e ricchi mercanti, diventando passatempo laico e riproduzione di quotidianità vissuta.
Così anche l’elefante prese posto nel corteo dei re Magi. Le statuette di politici da presepe nella tradizione degli artigiani di Via San Gregorio Armeno, dunque, non sono un ammiccamento moderno di marketing. Ed è possibile così all’Agi, e non solo, una sorta di viaggio tra prima e seconda Repubblica nella strada dei pastori napoletana. Le statuette “moderne”, in realtà, tornano ad avere successo all’epoca di Mani Pulite. Il primo tentativo di “svecchiare” il presepe, cristallizzato dalla tradizione, lo compie nel 1987 Giuseppe Ferrigno, padre di Marco, uno degli autorevoli esponenti delle 27 famiglie storiche di presepiai della strada più conosciuta al mondo.
Lo scudetto del Napoli l’ispira a realizzare il primo pastore-Maradona, corpo in filo di ferro e corda, testa, mani e piedi di terracotta. Lo mette in vendita a 10mila lire, ma il pastore non ha successo. Sei anni dopo, nel 1993, per un Antonio Di Pietro c’è la fila. «La terracotta, come dice il nome, va cotta e poi dipinta» ricorda per l’Agi Marco Ferrigno, «ma la richiesta e la fretta di averlo erano tali che alcuni clienti se lo portavano via anche appena modellato. Mio padre Giuseppe diceva “guardate che si rompe”, ma era un avvertimento inutile». Anche l’allora magistrato se ne procurò una. Eppure costava dalle 50 alle 150mila lire, secondo la grandezza, più di qualunque altro pastore; ma era il boom di quel Natale come originale idea-regalo per gli amici.
«Il presepe è atemporale e la sua attualizzazione non è recente» conferma l’artigiano, «già nel celebre Presepe Cucciniello [monumentale lascito ottocentesco esposto nella Certosa di San Martino – N.d.R.] c’era la statuetta del mecenate, senza contare le figure anacronistiche del cacciatore in un’epoca in cui non c’era la polvere da sparo». E dopo Di Pietro e il pool milanese di Mani Pulite, arrivano dunque Umberto Bossi e la sua Lega, pure con la celebre canottiera o con l’ampolla dell’acqua del Po, anche se, spiega Ferrigno, la sua statuetta più fortunata è quella con il cartello “Mi dimetto” del 2012, dopo che ad aprile di quell’anno il leader del Carroccio aveva lasciato la poltrona di segretario del partito 20 anni dopo averlo fondato. Ma sono graditi molto anche i pastorelli Achille Occhetto e Bossi che litigano sotto una quercia.
«Silvio Berlusconi è la statuetta più venduta in assoluto in tutta la strada» aggiunge Ferrigno, «specie gli esemplari con l’occhio tumefatto e la bocca ferita nel 2016. È anche la più amata come pastore/premier. Berlusconi stesso venne qui in bottega e scherzò con mio padre. “Maestro potevate farmi più alto”, gli disse. Francesca Pascale, allora sua compagna, ne acquistò una che lo ritraeva con Dudù, ma anche la figlia Barbara ne prese una». Ma ci sono anche pastori dei presidenti della Repubblica, da Ciampi a Scalfaro e Napolitano, fino a Mattarella. Napolitano, del resto, di pastori è un collezionista e anche esigente, rivela Ferrigno; e Scalfaro una puntata a San Gregorio Armeno l’ha compiuta almeno due volte nel suo settennato. È un altro maestro artigiano, però, Genny Di Virgilio, a realizzare Napolitano che si congeda dal Quirinale con un cenno della mano nel 2015.
Il pastore di Matteo Renzi, nel 2014, batte quello di Papa Francesco, anche con la camicia bianca fuori dai pantaloni e le banconote da 50 euro in mano e nelle tasche posteriori del vestito. Enrico Letta premier non aveva avuto molta fortuna, ed era sparito presto dai banchetti. Mentre Giuseppe Conte fiorisce subito in diverse botteghe e ha molta vendita anche ora. Mario Draghi fa la sua fugace apparizione nel Natale del 2021, in piedi tra Putin e Biden.
«Tutti noi» rivela Marco Ferrigno, «più che leggere i giornali, ascoltiamo quello che dice la gente al bar o sul bus per scegliere il politico da riprodurre. Come un tempo, è la fama che condiziona le nostre scelte celebrative ma anche commerciali. Questo, ad esempio, è l’anno delle donne, e la compianta regina Elisabetta e Giorgia Meloni sono le più vendute». La prima premier donna è comparsa come statuetta in tempi non sospetti, quando ancora le urne non l’avevano portata a Palazzo Chigi. Ed è ritratta rigorosamente in tailleur, nero o bianco, ma sempre sorridente.