Il 75% dei cestisti americani è nero: e, a partire da stelle come LeBron o Durant, si trovano a disagio con le idee del Presidente
di Giuseppe Sarcina (corriere.it, 13 giugno 2017)
I neo campioni di basket avrebbero deciso di rifiutare il tradizionale invito di Donald Trump alla Casa Bianca. Lunedì sera i Golden State Warriors, di Oakland California, hanno battuto di misura i Cavaliers di Cleveland, detentori del «ring», il massimo trofeo del torneo Nba. Oggi, mentre la città californiana sta allestendo una grande parata e festeggiamenti, il network Nbc rivela che la squadra boicotterà la visita nello Studio Ovale.Una tradizione cominciata nel 1963, quando John Kennedy accolse i Celtics Boston, del suo Massachusetts. Negli Stati Uniti spesso lo sport incrocia la politica. La pallacanestro è disciplina praticata e molto seguita dalla comunità black. Il 75% dei giocatori dell’Nba è afroamericano, a cominciare dalle stelle indiscusse: il numero uno, James LeBron, dei Cavaliers, che lo scorso anno si è fatto vedere in qualche comizio di Hillary Clinton; Kevin Durant, originario di Washington Dc, asso del Golden State, protagonista assoluto dei play-off e decisivo anche ieri sera; Isaiah Thomas dei Celtics Boston; John Wall dei Wizard di Washington e tanti altri. Fino a questo momento Trump, almeno qui, era rimasto nei binari. Certo, prima del Super Bowl, la finalissima del football americano, lo scorso febbraio, si era schierato con i New England Patriot, accendendo il tifo delle opposte fazioni politiche in rete. Ma, poi, era rientrato nella normalità, festeggiando i primatisti di tutte le specialità. In realtà gli umori del mondo del basket verso il nuovo leader americano sono stati pessimi fin da subito. Già l’11 gennaio 2017, con Trump non ancora insediato alla Casa Bianca, il Commissario dell’Nba, Adam Silver, aveva lanciato un appello «preventivo»: «Penso che la squadra vincitrice dovrebbe andare dal Presidente, esattamente come è accaduto in questi anni con Trump». Ma, all’epoca, LeBron e tanti altri giocatori e allenatori dissero che non si sarebbero trovati a loro agio a scherzare e festeggiare con un presidente con idee simili in tema di immigrazione e inclusione sociale. Il giorno è arrivato e, a quanto pare, andrà così: i Warriors rimarranno in California e Trump, molto probabilmente, dedicherà loro qualche tweet.