di Gabriele Niola (ilpost.it, 12 giugno 2023)
Da quando nel febbraio del 2022 la Russia ha invaso l’Ucraina, i Paesi che aderiscono alla Nato hanno imposto un embargo insieme a varie sanzioni economiche. Questo include l’interruzione di buona parte dei rapporti commerciali e delle esportazioni, inclusa la vendita e la distribuzione di film sul territorio russo, secondo il principio che la tassazione sui proventi contribuirebbe al finanziamento della spesa militare.
Ma già nell’aprile del 2022 il New York Times spiegò che le sale russe non avevano smesso di proiettare i grandi film americani, nonostante non ne avessero il permesso, appoggiandosi a file piratati ad alta qualità. Nei quindici mesi che sono passati dall’inizio della guerra questo fenomeno, formalmente illegale, è cresciuto e ora sembra che una nuova legge regolamenterà la pratica. Prima della guerra, il cinema americano dei blockbuster era responsabile dell’80% dell’incasso annuale delle sale russe. Il blocco totale della distribuzione di quei film sarebbe stato quindi un danno molto grande per i cinema che, rimasti con i soli film nazionali e quelli provenienti da Paesi non coinvolti nel boicottaggio (principalmente Cina e India), non sarebbero riusciti di certo ad attirare la medesima quantità di pubblico e quindi a sostenersi. Per la natura dei contratti una parte dei film stranieri che vengono distribuiti ancora adesso in Russia è autorizzata da accordi che precedono l’inizio della guerra, ma parallelamente a questi le proiezioni illegali sono diventate un fenomeno sempre più strutturato e tollerato, visti i proventi.
Il sistema attraverso il quale le sale riescono a proiettare film piratati è tecnicamente semplice. I file vengono scaricati attraverso software peer to peer o torrent (un tipo di pirateria audiovisiva di cui la Russia già era grande veicolatore) quando diventano disponibili in alta qualità, similmente a come farebbe un privato. I file vengono poi trasferiti e convertiti su Dcp (Digital Cinema Package) attraverso software commerciali. Il Dcp è il formato di riproduzione che, copiato su dischi rigidi appositi, viene letto dai proiettori digitali. Si tratta dell’equivalente della pellicola per i proiettori analogici, il supporto che contiene il film. E così possono essere proiettati con i sottotitoli in un Paese in cui il doppiaggio è ancora molto radicato, anche se in forme diverse rispetto a quello che conosciamo noi (tradizionalmente in Russia una voce sola doppia tutti i personaggi mentre a un volume più basso è possibile sentire l’audio originale, come capita da noi per alcuni reality o documentari).
La pratica della pirateria è illegale per le norme russe, perché per proiettare un film in Russia occorre un’autorizzazione dal ministero della Cultura e dovrebbero essere società come Warner, Disney, Universal o le concessionarie della distribuzione locale a richiederlo. Di fatto però sembra che non ci siano controlli in materia, e comunque la multa si aggira intorno all’equivalente di 1.000-2.000 euro, poco se rapportato agli incassi che un grande film porta a un cinema. Per non correre rischi, queste proiezioni di film piratati sono chiamate “anteprime” e vengono annunciate in programmazione insieme a film russi. Quindi, formalmente, l’autorizzazione rilasciata dal ministero c’è ed è per il film russo che dovrebbe seguire l’anteprima. Di fatto, però, chi entra al cinema vede per intero i film americani. Questo sistema che aggira blandamente la legge è talmente accettato che queste “anteprime” sono anche pubblicizzate in televisione.
A un livello più formale in più di un’occasione rappresentanti dell’industria del cinema russa hanno sostenuto che la quota di incassi che spetterebbe agli aventi diritto viene messa da parte, in modo che quando queste aziende torneranno a fare affari con la Russia potranno riceverla. Non ci sono tuttavia prove che questo stia accadendo né c’è notizia di interventi, commenti o reazioni dei grandi studi americani. Film originariamente distribuiti nel mondo nella primavera del 2022 e subito bloccati per la Russia dai grandi studi, come The Batman, sono usciti in Russia nelle loro versioni pirata non appena disponibili in alta qualità, cioè all’incirca a novembre. Nella stessa maniera Avatar – La via dell’acqua, Top Gun: Maverick, Super Mario Bros. e tutti i maggiori successi della stagione sono stati visti nelle sale russe, aumentando considerevolmente gli incassi della stagione ma senza contribuire ai profitti degli studi che li hanno prodotti. La distribuzione illegale è lasciata alle singole sale o catene, quindi non ha la stessa capillarità delle distribuzioni legali, perciò molte persone non possono comunque vederli al cinema e li scaricano da sé. Stando ai dati rilevati dalla società specializzata nell’analisi del traffico pirata Muso, in Russia, tra gennaio e settembre 2022, la pirateria tramite circuiti torrent è aumentata del 39%.
La pratica è molto diffusa ma non avallata da tutti o almeno non in tutti i casi, per quello che è dato sapere vista la mancanza di dati chiari in merito. Ad agosto Cinema Park e Formula Kino, che insieme costituiscono una delle più grandi catene di multisala russe con 76 strutture e 585 schermi, avevano deciso che non avrebbero più proiettato film hollywoodiani sfruttando il sistema delle anteprime pirata. La decisione era stata comunicata prima dell’uscita del film di animazione con grandi aspettative d’incasso Minions 2. Il consiglio d’amministrazione della società aveva ritenuto inaccettabile la pratica e deciso di rimborsare i biglietti pre-venduti per Minions 2. La paura, nel loro caso, sembra essere stata quella di un ritorno al caos degli anni Novanta, quando, dopo la fine dell’Unione Sovietica, la circolazione incontrollata di proiezioni non autorizzate e i mancati controlli avevano rischiato di portare al collasso tutto il mercato cinematografico del Paese.
Con il passare dei mesi dall’inizio del conflitto e la crescente consapevolezza che non ci sarebbe stata una risoluzione breve, alcuni venditori internazionali non americani hanno ripreso a vendere i loro film alla Russia. Formalmente questo è possibile perché sono nate società intermediarie con sede al di fuori della nazione, in Paesi verso i quali non c’è alcun tipo di boicottaggio, e che concludono l’affare per conto dei distributori russi, incassando i soldi in banche del Paese amico e poi passando il film alla distribuzione in sala sul territorio russo. È un modo di aggirare il blocco di cui i venditori sono consci e, al di là della convenienza economica (la Russia, vista la grandezza del suo territorio e il conseguente alto numero di sale, è un ottimo compratore di film), molti sostengono l’importanza di continuare a mostrare film occidentali. Non solo per non lasciare alla popolazione russa il solo punto di vista del governo, ma anche per non distruggere del tutto il giro d’affari delle sale cinematografiche. Continuare a distribuire, sostengono, è un modo per mantenere vivo l’interesse per i film stranieri e per ritrovare delle possibilità di affari quando la guerra sarà finita.
Tra i più noti a continuare a portare i loro film in Russia ci sono diversi venditori francesi. Prima della guerra, per il cinema francese la Russia era tra i mercati d’esportazione più importanti. Tuttavia anche diverse società americane indipendenti, cioè non affiliate alle maggiori (Netflix, Prime Video, Universal, Paramount, Sony/Columbia, Warner, Disney), da qualche tempo hanno iniziato a vendere film agli intermediari che poi li portano in Russia. Sono film medi e piccoli che, se si considerano gli incassi, complessivamente contano meno dei film che aderiscono al boicottaggio.
Secondo il Russian Cinema Fund (l’ente statale che finanzia e promuove il cinema russo) dall’inizio della guerra sono stati 140 i film americani usciti in Russia, tra accordi antecedenti al conflitto e nuove vendite. Tra questi ne esistono tuttavia alcuni indipendenti di dimensioni rilevanti e che per genere e tipologia tendono ad andare bene nel mercato russo, come John Wick 4 o Un matrimonio esplosivo (con Jennifer Lopez) o ancora The Plane (film d’azione catastrofico con Gerard Butler). Gli altri film venduti alla Russia sono stati ad esempio opere europee, come il vincitore della Palma d’Oro nel 2022 a Cannes Triangle of Sadness (prodotto dalla società di Dan Friedkin, anche proprietario della società di calcio AS Roma) oppure il grande film d’azione francese di quest’anno: I tre moschettieri – D’Artagnan.
Questo, unito probabilmente ai nuovi grandi film visti in sala con modalità al confine con la legalità, ha contribuito a segnare uno dei migliori inizi d’annata di sempre per i cinema russi, in un periodo in cui si è stabilito anche il record di cinema chiusi, anche più che durante la pandemia. L’apparente contraddizione tra i due dati è stata spiegata con il fatto che a chiudere sono i cinema più piccoli, quelli che non proiettano blockbuster, mentre i maggiori prosperano. Sotto la spinta delle associazioni degli esercenti il governo russo sta lavorando a una bozza di legge in fase avanzata di approvazione che renda legale la pratica di proiettare film piratati. Già il vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa Dmitri Medvedev si era rivolto alle sale a marzo del 2022, all’interno di un più ampio discorso sull’esigenza di combattere il boicottaggio, invitandole a scaricare i film piratati. «Se tutti questi Netflix ci hanno lasciato allora scaricheremo tutto e ne fruiremo gratuitamente. E vorrei che li diffondessimo per tutto l’Internet, in modo da causare loro la perdita massima possibile e mandarli in bancarotta», aveva aggiunto.
La motivazione dietro questa proposta è la convinzione che le decisioni dei grandi studios americani violino norme internazionali, oltre a ledere i diritti dei cittadini russi. Il parlamentare Andreij Kutepov ha spiegato all’agenzia Tass come, secondo il punto di vista russo, il fatto che alcune società americane abbiano cessato di concedere la licenza per la proiezione di film in Russia sia un abuso dei diritti dei detentori del copyright, perché questi film vengono invece dati in licenza ad altri Paesi al di fuori della Russia. Quello che quindi verrebbe consentito dalla nuova legge sarebbe la possibilità, in assenza di accordi di licenza con i detentori di diritti d’autore, di trarre un profitto dalle loro proprietà senza il loro consenso, ma prevedendo per loro una remunerazione. La proposta di legge dovrebbe infatti allocare il 10% dei proventi da queste proiezioni a una “organizzazione autorizzata” (questa la definizione) stabilita dalla Federazione Russa, incaricata di tenere conto e conservare il denaro nell’attesa di poterlo assegnare agli aventi diritto, cioè gli studi di produzione.
È un sistema di remunerazione già applicato in Russia in virtù di un più ampio e generale decreto presidenziale del maggio del 2022 che restringe i pagamenti di debiti, multe o proventi dai diritti d’autore ai Paesi che ne hanno diritto solo nel caso questi siano tra quelli considerati amici dal governo, ovvero quelli che non aderiscono alle sanzioni economiche, non le appoggiano o non diffondono quelle che il governo considera false informazioni. La norma avrebbe un impatto sui cinema, ma non riguarderebbe solo le sale. Secondo il giornale di finanza russo Vedemosti sarebbe una maniera per fare in modo che i tribunali russi possano riassegnare le licenze di distribuzione di qualsiasi proprietà intellettuale (televisiva, musicale, letteraria) a società russe.