di Roberto Giardina (quotidiano.net, 21 dicembre 2021)
I cani dei potenti, o si dovrebbe dire meglio: ogni cane ha il suo politico. Un compagno importante per conquistare voti e simpatia, e un rapporto non facile per entrambi. Vedremo come se la caverà Commander, il nuovo pastore tedesco di Joe Biden, un cucciolone di quattro mesi. Il presidente americano ama i cani lupo, il fedele Champ è morto il giugno scorso a tredici anni. Il successore, Major, è stato sfrattato in fretta dalla Casa Bianca, troppo aggressivo contro i giornalisti. Ma il capo della più grande potenza al mondo non potrebbe avere un cagnolino, come i corgi della Regina Elisabetta.
Vladimir Putin di cani ne ha sette, tutti giganteschi, e se li porta dietro negli impegni ufficiali. Nell’incontro con Angela Merkel nel 2007 si fece accompagnare dal labrador Koni per mettere a disagio la Cancelliera, che ha paura dei cani. Se pensiamo all’Italia il cane più celebre è Dudù, il barboncino bianco di Silvio Berlusconi, che si comporta da grande attore, come il suo padrone, davanti alle telecamere. “Più intelligente di molti politici”, assicura il Cavaliere. Dudù è una star, sempre elegante, come appena uscito da un salone di bellezza. Berlusconi conosce il suo pubblico, e Dudù, senza offesa, è un cane da signora. Fa tenerezza e non incute timore.
I cani assomigliano ai padroni, si sa. Beppe Grillo ha un bulldog, come Winston Churchill. L’amato presidente Sandro Pertini aveva un barboncino di piccola taglia. Il vanesio Gabriele D’Annunzio preferiva levrieri e alani. Ma non basta avere un cane, bisogna dimostrare che esiste un rapporto autentico con lui. Gli amanti dei cani non si fanno ingannare, hanno un sesto senso per sgamare le messe in scena. Come forse fu quella del professor Mario Monti che, sceso in politica nel lontano 2013, apparve in una foto su Twitter con un delizioso cagnolino maltese in grembo: “Si chiama Empatia, per gli amici Empy”. Poi si presentò con Empy in tv, ospite di Daria Bignardi. Agli spettatori non piacque, a quanto pare anche Frau Merkel si stupì quando vide il professore sbaciucchiare il cagnolino. Monti sostenne che fu vittima di una trappola, Empy gli venne messo in braccia a tradimento. Non importa che sia vero o no, ma quel che credono spettatori ed elettori.
Aiace è il cane di Massimo D´Alema, una bestia nera di settanta chili, il compagno adatto a un signore di campagna, il ruolo che piace al suo padrone. È un rapporto serio, che D’Alema non sfrutta e si arrabbia se i fotografi lo sorprendono nelle passeggiate mattutine con Aiace al guinzaglio. Sincero anche il rapporto di Mario Draghi con Barsuk, uno splendido bracco ungherese comprato cinque anni fa in un allevamento per esemplari con pedigree. Lo conduce a spasso la domenica per Roma, e quando può lo lascia senza guinzaglio. Barsuk non è mai stato strumentalizzato per conquistare popolarità. Il rapporto tra i politici e i compagni a quattro zampe non è privo d’insidie per i padroni. Può avvenire come nei Peanuts, le strisce di Charles Schulz, dove Snoopy, il bracchetto saggio, finisce per rubare la scena a Charlie Brown.