I calzini di Justin Trudeau

Ph. Beata Zawrzel / NurPhoto – Ipa

di Federico Rocca (vanityfair.it, 28 gennaio 2025)

La passione – o vogliamo dire l’eccentrico vezzo? – del Primo Ministro canadese Justin Trudeau per i calzini a fantasie colorate è nota, arcinota, quasi proverbiale. Non c’è occasione pubblica che l’apprezzato politico non riservi alle sue caviglie tutta l’attenzione che meritano, vestendole di colori sgargianti e di fantasie fanciullesche, a controbilanciare outfit sempre formali e sartorialmente impeccabili.

Che – va pur detto – Trudeau sa indossare con grande classe, aiutato da un physique du rôle che gioca tutto dalla sua. Così, nel corso degli anni, ai suoi piedi ne abbiamo viste letteralmente di tutti i colori: paperelle e Chewbecca, pois e righe, guardie forestali canadesi e nuvolette. Un vezzo, una mania, un pallino dal sapore cartoonesco che ha contribuito a rendere certamente riconoscibile e (anche) simpatico il suo personaggio pubblico, sdrammatizzando – come suol dirsi – con la giusta dose, se non di autoironia, certamente di leggerezza, la sua figura istituzionale, lontana anni luce da quella di tutti i suoi colleghi impettiti in un eterno, uniforme grigiore.

Bloomberg / Getty Images

L’ultimo esemplare in technicolor di calzini esibiti dal premier è su fondo grigio, arricchito dalla sagoma grafica di quelli che sembrano cervi o alci, in fucsia e turchese. Nulla di particolarmente variopinto, per i suoi standard. Ma, comunque, abbastanza fuori dagli schemi per catturare lo sguardo e l’attenzione. Fatto, in sé, decisamente non riprovevole. Non c’è proprio nulla di male – lo scriviamo a chiare lettere, a scanso di equivoci – nel cercare un’alternativa fantasiosa al classico filo di scozia blu.
Però c’è un però. Ed è l’occasione: Trudeau ha indossato i suoi calzini per così dire anticonvenzionali durante la cerimonia di commemorazione per l’ottantesimo anniversario della liberazione di Auschwitz, al Museo di Auschwitz-Birkenau. Una cerimonia, come è facile capire, emozionante, intensa, commovente. Nella quale, forse, di spazio per una leggerezza così innocente forse non ce n’era.
Possiamo definire le allegre e scanzonate calze di Trudeau sbagliate? Forse no. Irrispettose? Nemmeno. Provocatorie? Neanche per sogno. Però possiamo definirle non opportune e non convenienti, questo sì. In quel contesto, in quell’atmosfera, in quella circostanza forse sarebbe stato più prudente, semplicemente, evitare qualsiasi dettaglio che potesse spostare il focus dell’attenzione, qualsiasi particolare che stridesse, in qualche modo, con l’area di raccoglimento e di ricordo doloroso.
Trudeau non avrebbe tradito il proprio Io più autentico, non sarebbe stato “meno Trudeau” di quanto legittimamente desideri sempre essere con un paio di calze più low profile. Non gli sarebbe costato nulla fermarsi a riflettere mezzo minuto di più nello scegliere se infilarsi quelle calze, o calze del tutto anonime delle quali non staremmo nemmeno qui a scrivere.
Quando ci vestiamo dovremmo sempre ricordare che quel che indossiamo viene inevitabilmente intercettato e interpretato dagli altri, quelli che incrociamo e che ci guardano. E che ogni messaggio può renderci facilmente fraintesi: basta un nulla, sta a noi metterci nelle condizioni di esserlo il meno possibile. Un paio di calzini con i cervi rosa, probabilmente, in queste condizioni non mettono nessuno. Tanto meno un Primo Ministro?

Spread the love