«Immagina tutta la gente che vive la vita in pace» è un’idea che pare incompatibile con l’atmosfera rabbiosa, sanguinante e piena di spavento che fa ora da sfondo al mondo
di Marinella Venegoni (lastampa.it, 11 ottobre 2016)
Imagine, la canzone pacifista che più colpì al cuore le persone semplici di tutto il mondo, compie 45 anni. La si canta molto meno: la furia dei tempi rende anacronistici i concetti elementari che ne furono alla base. «Immagina tutta la gente che vive la vita in pace» è un’idea che pare incompatibile con l’atmosfera rabbiosa, sanguinante e piena di spavento che fa ora da sfondo al mondo. Eppure, un bel sogno. Il brano uscì l’11 ottobre 1971, siglando il capolavoro assoluto di John Lennon, dopo tanti successoni con i Beatles. Egli fu imbarazzato dal clamore, e forse per questo se ne fece un poco burla: spiegò che non era una canzone pacifista ma piuttosto ispirata al Manifesto di Marx, disse di aver fatto di meglio, e di aver voluto qui condire con lo zucchero concetti che altrimenti sarebbero passati nella noia o diffidenza generale. Ma il testo diretto e immediatamente condivisibile, la magia della musica, generarono con il tempo un fenomeno per il quale, come si trovò a dire anni dopo l’ex presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter, «la canzone cominciò a godere dello stesso rispetto generato dagli inni nazionali». Eppure l’idea di base non era di Lennon: l’aveva mutuata da una poesia del libro di Yoko Ono Grapefruits, i versi della quale iniziavano sempre con «Immagina». Eppure in Italia fu apprezzata solo con il tempo: le classifiche dell’epoca la riportano al massimo al terzo posto, superata dal Tuca Tuca di Raffaella Carrà o da Montagne verdi di Marcella Bella. Però Imagine volò in cime alle altre classifiche dovunque, sopra le miserie e le distrazioni di tutto il mondo, ben oltre la fine della guerra in Vietnam nel 1975. Fu suonata dai Queen il giorno dopo l’assassinio dell’artista, avvenuto la sera dell’8 dicembre 1980 per mano di un suo fan ossessionato, Mark Chapman. Nel 2001, George Michael acquistò ad un’asta per due milioni di dollari il pianoforte bianco immortalato nel film Imagine uscito nel 1972, sul quale Lennon aveva composto il brano, e lo regalò al Beatles Museum di Liverpool. Non solo Imagine ma anche l’altro album Plastic Ono Band usciti fra il ’70 e il ’71, rivelarono un momento artisticamente e umanamente cruciale nella breve vita di John Lennon. Egli iniziò a liberarsi di fantasmi, rabbie e dolori irrisolti accumulati durante l’infanzia e nell’epoca beatlesiana appena conclusa. Dell’album Imagine va ricordata How Do You Sleep, feroce satira contro Paul McCartney con il quale il rapporto si era irrimediabilmente rovinato: quando Lennon aveva annunciato che avrebbe lasciato i Beatles, nel settembre del ’69, l’accordo collettivo era stato di non rivelare nulla fino alla fine di una contesa legale all’interno dell’etichetta Apple. Ma McCartney lo aveva violato, annunciando nell’aprile successivo il proprio abbandono della band. Infine, va ricordato l’urlo che accompagna Mother, in Plastic Ono Band: dove canta finalmente quella mamma che dopo la separazione lo aveva lasciato ancora piccolissimo in custodia alla zia Mimì, e che morì poi sotto un autobus quando John aveva 17 anni. Un distacco che ne segnò la vita e il carattere.