di Gabriele Niola (wired.it, 12 maggio 2018)
Noi non ce la facciamo a essere seri con la politica, e le poche volte che lo facciamo non riesce troppo bene. Contrariamente agli americani, che invece quando mettono la vera politica e i veri politici in un film sanno anche essere molto seri, noi italiani dobbiamo deformarla per raccontarla bene, dobbiamo renderla grottesca.Esiste nel cinema italiano un evidente pudore di raccontare i politici con serietà, figuriamoci con anche solo un’ombra di stima o di rispetto. Questa settimana è uscita in sala la seconda parte di Loro, il film di Paolo Sorrentino in cui si racconta il tramonto berlusconiano negli anni del bunga bunga (e molto di più). Essendo Sorrentino al timone, ovviamente il registro scelto sono il grottesco, la commedia e una forma molto poco italiana di esaltazione da scalata al potere o di timore delle sue conseguenze. Di poche cose infatti Sorrentino ha rispetto e tra queste poche cose c’è il potere in mano a chi non ha timore di esercitarlo, anzi ci gode, lo desidera e brama poter mostrare di possederlo. Tra i 10 politici messi in scena dal cinema italiano che abbiamo scelto almeno la metà sono figure grottesche, non necessariamente realistiche e in certi casi si rivelano le migliori. L’ordine in cui ve li proponiamo non è quello dell’aderenza al vero, ma quello della vera capacità di dirci qualcosa su di loro, anche mentendo.
10. Alcide De Gasperi – De Gasperi l’uomo della speranza
Biografico classicismo di Liliana Cavani in cui Fabrizio Gifuni interpreta una delle poche figure politiche che possono essere ritratte tradendo della stima. De Gasperi attraversa il Novecento da protagonista anche quando non lo sarebbe (è il format dei film biografici classici) ed è interpretato con un’enfasi ingiusta da odor di santità da Gifuni.
9. Giacomo Matteotti – Il delitto Matteotti
Nel 1973 il meglio del cinema italiano si raduna per raccontare quello che viene indicato come l’atto di nascita vero del fascismo, cioè il delitto Matteotti e quel che ne è seguito. Ci sono in qualità di attori Vittorio De Sica, Damiano Damiani, Gastone Moschin e Mario Adorf. Franco Nero interpreta Matteotti, Florestano Vancini dirige. Il film non mette molto in luce il personaggio del titolo, perché l’obiettivo è il fascismo, di Matteotti sappiamo e capiamo molto poco.
8. Aldo Moro – Romanzo di una strage
Di nuovo Gifuni, stavolta però nei panni di Aldo Moro, il politico più rappresentato dal cinema italiano. Qui è il Moro dell’epoca dei fatti di Piazza Fontana, combattente per gli ideali più giusti, ministro degli Esteri del governo Saragat e a lui affiancato nella lotta per sedare il Paese e scongiurare il propagarsi della teoria della Strage di Stato. Agiograficissimo.
7. Francesco Crispi – Noi credevamo
Nella grande epopea risorgimentale di Martone c’è spazio per Crispi, interpretato da Luca Zingaretti. Martone ha un giudizio molto chiaro su Crispi, prima attivista del Risorgimento poi presidente del Consiglio, non lo tratta bene e gli dà dei toni da viscido villain. Di lui, davvero, non ci dice molto (il suo ruolo non è nemmeno centrale, va detto), preferisce usarlo per dirci cosa lui, cioè Martone, pensi di Crispi.
6. Aldo Moro – Buongiorno, notte
Di nuovo Moro stavolta al centro dei fatti più noti che lo riguardano, quelli del rapimento. Nel film di Bellocchio Moro è Roberto Herlitzka, e l’abilità sta tutta nel non dare un giudizio sulla sua figura politica ma lasciar passare (tra le righe) l’uomo, con l’obiettivo di raccontare il contesto, ovvero le Brigate Rosse, il resto della politica, la loro reazione, le loro azioni e come quell’evento senza precedenti avesse fatto emergere un sommerso.
5. Silvio Berlusconi – 1992
Nella serie tv che racconta la nascita di Forza Italia e tramite essa l’inizio della seconda repubblica italiana ci sono diversi personaggi reali ma il più importante rimane Berlusconi, interpretato da Vincenzo Schettini. Il padrone delle reti Fininvest e di Publitalia è l’astro cui tende il protagonista (un pubblicitario) con la sua idea di mettere proprio lui a capo del neonato partito. Il Berlusconi che vediamo qui è molto marginale, ma la maniera in cui la serie usa il contesto per raccontarlo è efficacissima.
4. Silvio Berlusconi – Il caimano
Secondo solo a Moro, Berlusconi in pochi anni è diventato il politico italiano più rappresentato (la palma del più discusso invece non gliela leva nessuno). Solo Nanni Moretti per riuscire a raccontarlo lo fa interpretare da tre attori diversi (Elio De Capitani, Michele Placido e lui stesso), per poter mostrare facce diverse di una figura che si è così insinuata nella cultura e nella testa degli italiani da suscitare in loro i propri peggiori difetti.
3. Benito Mussolini – Vincere
Ancora un film di Bellocchio, stavolta sull’amante che Mussolini ha rinnegato a tal punto da farla internare e disconoscere il loro figlio. Qui Mussolini (e il figlio) è interpretato benissimo di Filippo Timi tra realismo e caricatura, tra esagerazione e un senso di forza e rigore tangibile che fonde la realtà dei fatti con la sua propaganda, come se Mussolini fosse la sua immagine, fosse quello che l’ideologia sosteneva.
2. Aldo Moro – Todo modo
Nessuno ha il nome che dovrebbe avere, alcuni solo una lettera, ma sono tutti riconoscibili in questo paradossale film su un’impossibile riunione della Democrazia Cristiana in un albergo postmoderno durante un’epidemia, indetta per purificarsi della propria corruzione ma anche per ricostituirsi come partito. Solo così (forse) era possibile parlare della politica violenta di un partito non violento, solo trascendendo la realtà per raccontarla. In tutto questo avere un interprete esagerato e sopra le righe come Gian Maria Volonté a fare Moro era determinante.
1. Giulio Andreotti – Il divo
L’apice del racconto politico italiano. Totalmente trasfigurato, falsissimo eppure vero al tempo stesso. Ci sono moltissime figure politiche degli anni tra il 1991 al 1993, il termine di quella generazione politica, ma su tutte regna Andreotti, un potente silenzioso che vive come Dracula e trama con poche parole, che ha in mano il destino di tutti ed è raccontato come il capobanda di un circo. Semplicissimo e per nulla acuto come riportano le cronache, in realtà sempliciotto furbissimo e abile manipolatore, in Il divo tutti i fatti sono lontani da come sono andati eppure riconosciamo tutto come reale.