(wired.it, 17 febbraio 2018)
La storia degli afroamericani nel cinema statunitense è la perfetta dimostrazione di come non basti affrontare un argomento in un film, bisogna anche vedere con che sguardo è osservato, come è ripreso, come funziona la storia e che ruolo hanno certi personaggi. Questa settimana è uscito nelle sale Black Panther.Non è il primo personaggio nero che vediamo nel cinema di supereroi, non è nemmeno il primo supereroe di colore (già solo nell’ultima ondata di supereroismo al cinema c’è stata Halle Berry nei panni di Catwoman), eppure è il primo film di supereroi a prendere una posizione politica chiara, ad usare un personaggio nero per una storia di neri, di Africa, di radici, di aiuti e senso di responsabilità di un popolo verso altri popoli, verso gli immigrati e, cosa che la rende davvero una storia di potere nero, verso i propri simili. Quali sono quindi i film che, come Black Panther, non solo hanno raccontato una storia con al centro personaggi di origine africana, ma anche attraverso una trama che li guarda con ammirazione, potere e infinita dignità? Abbiamo provato a radunare i migliori 10, in rigoroso ordine di black power.
10) 12 anni schiavo
Il solito film di schiavitù, ma con un altro passo. Solitamente le storie di schiavi e padroni nell’America pre-Lincoln non sono propriamente il terreno del black power, anzi, sono storie di vittime, di sofferenza e di grande impotenza. Storie buone per bianchi che si lavano la coscienza. Qui invece Steve McQueen trova un’altra chiave e dà al suo schiavo (che poi non a caso è un uomo libero) una forza e una capacità di resistere fuori dal comune. C’è una manifesta superiorità che gli altri bianchi sembrano quasi temere.
9) The Wiz
In un’epoca in cui la musica nera da discoteca regnava, viene prodotto questo incredibile remake de Il mago di Oz con Michael Jackson nei panni dello spaventapasseri e Diana Ross in quelli di Dorothy. Tutto condito con musiche Motown, il simbolo stesso della rinascita della cultura nera negli anni Settanta.
8) Soul Man
Criticato tanto quanto lodato, Soul Man nasce come una commedia romantica molto disimpegnata, ma è subito evidente che affronta un tema spinoso. Un ragazzo bianco e ricco non avrà dal padre i fondi per andare all’università, tutti gli negano un prestito e allora, vista l’opportunità di una borsa di studio per studenti afroamericani, si finge nero per ottenerla. Fingersi nero vorrà però anche dire andare in giro come un nero, comportarsi da nero, imitare i neri. I bianchi che vampirizzano la black culture, che ne sfruttano le risorse ma anche che, una volta nei loro panni, ne riconoscono l’attrattiva.
7) Round Midnight
Uno dei migliori film mai girati sul jazz, che affronta il periodo della diaspora, in cui i più grandi musicisti ancora in vita si sono sparpagliati per il mondo. Con veri musicisti nelle parti principali e sessioni di musica suonata realmente, quello di Tavernier è un film che non parla mai di cultura afroamericana, ma nella sua essenza ne mostra l’espressione più elevata, con la dignità dell’arte più sublime.
6) Foxy Brown
Prima di Coffy e di tutte le altre eroine nere, c’era Foxy Brown, il primo personaggio di donna afroamericana protagonista di un film. Era Pam Grier l’attrice (la stessa che vent’anni dopo ha interpretato Jackie Brown per Tarantino) e la trama la vede in mezzo a papponi e spacciatori alla ricerca e al salvataggio di fratelli e fidanzati. Moltissima azione e tantissima exploitation all’interno di un inno allo specifico nero.
5) Malcom X
Un film su Malcom X è un atto politico di militanza, ma girato come lo ha fatto Spike Lee, non puntando sull’ingiustizia del suo omicidio, quanto sulla potenza dei suoi gesti, sulla forza intrinseca delle parole, della lotta e della dignità, diventa anche altro. Ne esce un film granitico che non consola gli afroamericani per la perdita, per la parità di diritti non ancora raggiunta o per le difficoltà e le umiliazioni subite, ma li riempie d’orgoglio per la propria provenienza e le potenzialità della protesta.
4) Quando eravamo re
Doveva essere un documentario sull’incontro tra Muhammad Ali e George Foreman tenutosi a Kinshasa, è diventata una celebrazione della cultura nera in un determinato momento storico, uno scontro tra un nero che non aveva preso parte alla lotta politica e un altro che era sempre stato tanto incline a parlare quanto a menare. Tutto il film affianca alla preparazione dei due i concerti organizzati dall’organizzazione (“Kings of sports, kings of music” diceva l’organizzatore), i background, le famiglie, le poesie, la situazione in Africa e il conflitto razziale, per raccontare di uno degli apici e delle massime concentrazioni di cultura afroamericana.
3) Shaft
Partito in sordina e nel cinema indipendente, il genere che poi è stato definito blaxploitation (cioè fare film con neri protagonisti per incassare i soldi del pubblico nero) ha avuto in Shaft la sua esaltazione e contemporaneamente il suo benvenuto nel sistema. Richard Roundtree è un detective nero che indaga, risolve e salva “fratelli” dalle possibili ingiustizie bianche. Ma non si tratta di un film rivoluzionario e arrabbiato, anzi è uno da studio system, pensato con la compiacenza dei bianchi. Può essere visto come il compromesso che silenzia la spinta nera, ma anche come il momento in cui il sistema bianco ha iniziato ad accettare un cinema di pari dignità – anche commerciale – tutto afroamericano.
2) Get Out
Trionfo recente, il primo film dell’era Obama che retrospettivamente racconta cosa è cambiato con il primo presidente nero riguardo la percezione comune della posizione afroamericana. Un ragazzo nero va a trovare i genitori della fidanzata bianca nella loro casa di campagna. Loro sono democratici ed obamiani, tendono a rassicurarlo, ma lì in realtà trova una specie di setta che idolatra la potenza fisica afroamericana e ne attira di giovani per ipnotizzarli e trasferire menti di anziani bianchi nei loro corpi. Il primo film che prende atto del desiderio verso il corpo nero che esiste in ogni forma di razzismo bianco, l’ammirazione che scatena l’odio.
1) Sweet Sweetback’s Baadassssss Song
Prodotto rigorosamente in maniera indipendente, al di fuori del sistema e delle regole, per conto proprio e senza chiedere il permesso a nessuno. Melvin Van Peebles scrive, dirige e interpreta questa storia che sembra l’Odissea, ma che racconta qualcosa che non si era mai vista prima al cinema: un nero accusato dalla polizia ingiustamente scappa per Harlem fuggendo a guardie, spari e cani come se scappasse dagli schiavisti, e alla fine non morirà né verrà preso. Non era mai capitato. Fu un delirio, riempì le sale senza passare per distribuzioni convenzionali, fondò un genere e dimostrò a tutti che il pubblico nero aveva desiderio di film che raccontassero le loro storie dal loro punto di vista, con loro come eroi.