(ilpost.it, 15 giugno 2023)
A Hong Kong, la regione amministrativa cinese in cui il governo centrale ha progressivamente eroso libertà e diritti civili e politici, è scomparsa da diverse piattaforme audio la canzone Glory to Hong Kong: era stata l’inno non ufficiale delle estese proteste per la democrazia del 2019, represse dal governo cinese, che l’anno successivo aveva approvato una controversa legge sulla sicurezza nazionale che gli ha permesso di annullare gran parte dei diritti e delle istituzioni democratiche di Hong Kong.
Mercoledì numerose versioni della canzone sono di fatto scomparse da Spotify, iTunes, Facebook, dai reel di Instagram e da Kkbox, ma non da YouTube, su cui svariati video musicali sono ancora accessibili. Sembra che a rimuovere la canzone dalle piattaforme siano stati i distributori della canzone, e non le piattaforme stesse: è stato questo il caso di Spotify, secondo quanto verificato dal Guardian. Altre piattaforme, come Kkbox e Meta, che possiede Facebook e Instagram, non hanno invece dato spiegazioni sull’accaduto.
La rimozione di diverse versioni di Glory to Hong Kong è probabilmente collegata, anche se non si sa ancora in che modo, alla richiesta fatta lo scorso 5 giugno dal governo regionale di Hong Kong alle autorità giudiziarie locali di vietare in ogni forma la distribuzione e la circolazione della canzone, compresa la sola melodia e qualsiasi adattamento. Nella richiesta il governo aveva definito la canzone un inno alla «secessione» dalla Cina e un «grave danno nazionale». Nei giorni immediatamente successivi, il tentativo di vietare la canzone l’aveva spinta in cima alle classifiche dell’iTunes Store di Apple a Hong Kong, rendendola di fatto ancora più popolare.
Le autorità giudiziarie locali devono ancora rispondere alla richiesta del governo, che è l’ultima di una serie di altri tentativi di interrompere la circolazione della canzone, già vietata nelle scuole dal 2020. Interpellato sulla scomparsa di molte versioni di Glory to Hong Kong dalla Rete, il governatore di Hong Kong John Lee, eletto nel 2022 e fedele sostenitore del governo cinese, ha detto che la canzone è «incompatibile con l’interesse nazionale» e che è compito del suo governo salvaguardare la sicurezza nazionale «produttivamente e preventivamente».