La definizione era della Bacall per suo marito Bogart e i suoi amici: branco di ratti. Poi passò a Sinatra e Dean Martin. Ora il NYT lo rispolvera per Affleck, Damon, Pitt, Clooney, ma capovolto: i nuovi padroni del cinema Usa sono colti, buoni e generosi
di Massimo Vincenzi (repubblica.it, 18 marzo 2013)
NEW YORK — Belli, impegnati, intelligenti, soprattutto buoni e generosi. E con la barba, che non è indispensabile ma aiuta, a giudicare dall’affollamento di barbuti che hanno sfilato sul red carpet agli ultimi Oscar. Sono loro i nuovi padroni di Hollywood: in testa Ben Affleck che quella sera si è portato a casa i premi più prestigiosi sbaragliando la concorrenza. E che pochi giorni dopo parlava sul palco del Ted – la grande conferenza dove le migliori intelligenze dell’era Internet si scambiano le conoscenze – per promuovere la causa del Congo orientale: «L’altro mio vero scopo nella vita», come lui stesso la definisce. E ora il New York Times battezza la tendenza con un marchio di qualità caro al cinema americano: Ben e i suoi amici sono il nuovo «rat pack», che è come aver vinto un’altra statuetta e sedersi accanto ai mostri sacri della Hollywood in bianco e nero. La definizione è di Lauren Bacall. Una mattina, all’alba, vide rientrare il marito Humphrey Bogart e i suoi amici barcollanti, reduci da una notte di festeggiamenti: whisky, sigarette e belle donne. Lei, splendida, si limitò a sibilare: «Sembrate un branco di ratti». Rat Pack, appunto. Il testimone poi è passato a Frank Sinatra e alla sua banda di «topi swing», Dean Martin, Sammy Davis junior, Joe Bishop e Peter Lawford. Poi furono gli Anni Ottanta con i «brat pack»: Emilio Estevez e Demi Moore, Rob Lowe, i ragazzi viziati che però sfumarono in fretta come il loro decennio. Oggi invece si torna a respirare l’aria del mito. Ma rovesciato: dai vizi alle virtù. Dai night club ai campi profughi. La nuova banda non beve, fuma poco, niente droghe e la notte, invece che sballarsi sui divani dello Chateau Marmont, culla la numerosa prole. Ben Affleck ne è il testimonial principe: felicemente sposato (con l’altrettanto seria Jennifer Garner), tre figli, l’impegno sociale come missione, e, smentita ma non troppo, la voglia di correre per il Senato (con i Democratici, ovvio). Con lui ci sono Matt Damon, Angelina Jolie, Brad Pitt, Leonardo Di Caprio, Don Cheadle e George Clooney. Che in realtà è il nuovo Frank Sinatra, il capo del gruppo. Tutto parte da lui. La barba, ok. Poi il sostegno entusiasta per Obama, con tanto di partite insieme a pallacanestro e cene per la raccolta fondi. La lotta per il Darfur, con arresto incluso. I film d’autore che gli portano due Oscar: la pellicola sugli intrighi della Cia e dell’industria del petrolio Syriana e Argo, di cui è produttore. Decisivo il set del primo Ocean, il remake di un famoso – guarda caso – film di Sinatra e soci. È in quei giorni di lavoro assieme che si stringono le prime amicizie, che nasce l’idea di finanziare con i dollari del cinema da botteghino quello d’autore. Sembra anni luce fa quando Ben Affleck girava video musicali hot con l’allora fidanzata Jennifer Lopez: adesso, per tutti loro, il glamour non fa più rima con Rolls Royce ma con Africa. E qualcuno – sui blog – storce il naso, pensa ad una gigantesca operazione decisa a tavolino: «Usano le cause umane come calze sopra l’obiettivo». Ma sembra un eccesso di cinismo. Come sembra inutile lo sforzo di cercare un nuovo aggettivo di fronte al nome Pack: «Give Back, The Hack»… Forse, come conclude il New York Times, Clooney, Affleck e gli altri sono solo banalmente diventati adulti. Ed è questa forse la vera rivoluzione che sconvolge Hollywood, il regno degli eterni Peter Pan.